“Per Palazzuolo nessuna fusione” dice il sindaco Menghetti. “E nel 2019 non mi ricandido”
PALAZZUOLO SUL SENIO – Cristian Menghetti non è un sindaco che parla politichese. E davanti a due domande di rilievo non si tira indietro e risponde diretto. Le domande riguardano il prossimo sindaco di Palazzuolo e la sua ricandidatura da una parte, e la possibilità che Palazzuolo si fonda con qualche comune vicino. Sentiamo le risposte di Menghetti.
Menghetti, fra qualche mese c’è la ricandidatura nel suo futuro? Riguardo la possibilità di ricorrere al terzo mandato per i sindaci nei comuni al di sotto dei 3.000 abitanti, questo è stato introdotto dalla legge DelRio nel 2014 ma allo stesso tempo contestato da più parti per timore di creare dei “comuni monarchia” dove la figura del primo cittadino nel corso degli anni diventa preponderante, quindi a mio parere sarebbe preferibile evitare. Inoltre dopo 10 anni di servizio continuativo reso alla comunità, emerge il bisogno di dedicare tempo ed attenzione alla sfera personale che inevitabilmente viene trascurata durante l’impegno pubblico, ovvero la famiglia, il proprio lavoro, gli interessi personali. Nel mio caso quindi, nonostante il successo elettorale che al secondo mandato ci consentì di essere confermati con una percentuale dell’86%, il terzo mandato non è fra le opzioni, anche se resterò sicuramente a disposizione del territorio mettendo a disposizione l’esperienza maturata in questi anni.
Per un comune così piccolo e isolato come Palazzuolo la prospettiva della fusione con altri comuni vicini -Borgo San Lorenzo ad esempio l’aveva sottotraccia auspicata- potrebbe essere un’opportunità? Qual è la sua scelta e il suo giudizio? Riguardo le fusioni dei comuni, politicamente la Regione Toscana ha spinto molto e non nascondo che inizialmente l’argomento mi aveva appassionato, sia per l’innovazione della proposta e sia sotto il profilo degli incentivi finanziari che il territorio andrebbe ad intercettare. In termini di impegno civico ho però valutato che proporre una riforma amministrativa di questa portata senza averla prevista nel programma elettorale, sarebbe scorretto nei confronti di chi mi aveva sostenuto, poiché ci siamo ricandidati per amministrare al meglio il nostro comune, e non per fonderlo.
Analizzando la proposta, gli incentivi che vengono riconosciuti ai comuni che si fondono sono accattivanti, ma nessuno ti dà niente per niente. I soldi vengono erogati una tantum, mentre il comune non potrebbe essere mai più riaperto in caso di problemi o necessità.
Ho fatto anche degli approfondimenti finanziari, ed è emerso che nel corso del mio primo mandato abbiamo intercettato ed ottenuto contributi pubblici per 2.733.000 euro ed anche nel secondo mandato andremo a superare i 2 milioni. Queste risorse sono il frutto di un grande lavoro fatto dalla singola amministrazione che si impegna per lo sviluppo del proprio territorio, un impegno che difficilmente si potrebbe ricreare in qualità di “frazione”, inoltre molti bandi hanno un massimale limitato e permettono la presentazione di un solo progetto per ogni comune, quindi venendo meno la municipalità, la potenzialità di attrarre contributi diminuisce drasticamente. Quando si deve amministrare un territorio ampio e problematico come il nostro, il benessere “finanziario” del nuovo comune sarebbe sicuramente effettivo negli anni successivi alla fusione grazie al doping temporaneamente esercitato dagli incentivi, ma nel medio lungo periodo all’esaurimento di questi fondi la sostenibilità finanziaria del nuovo comune è tutta da dimostrare.
Un altro aspetto critico dell’attuale modalità delle fusioni è rappresentato dalla mancanza di rappresentanza dei residenti che vivono nei comuni più piccoli, ad oggi infatti nessuna legge garantisce alle comunità che rinunciano al proprio municipio di essere presenti all’interno degli organi politico-amministrativi del nuovo comune. Una volta effettuata la fusione infatti, la legge elettorale di riferimento è basata sul numero di preferenze, senza nessuna norma di salvaguardia per le piccole comunità le quali rischiano concretamente di perdere ogni rappresentanza all’interno del nuovo municipio. Nelle fusioni dei comuni che sono state portate avanti in questi anni, la politica ha cercato di mitigare l’assenza di norme di salvaguardia per la rappresentanza dei comuni che si vanno a chiudere, attraverso accordi politici che integrano amministratori delle diverse realtà. Sinceramente, non ritengo che il quadro politico attuale sia affidabile, a distanza di 10 anni dalla sua nascita sento infatti che il progetto politico del PD sia fallito, insieme alla rottamazione della classe dirigente tanto apprezzata negli anni d’oro dall’elettorato democratico, ma che non ha mai trovato dirigenti di partito coraggiosi in grado di attuarla realmente. In questo periodo di grande confusione istituzionale, sarebbe stato molto utile poter beneficiare di una politica regionale forte e coesa, ma prevale la logica del battitore libero ed il dibattito è pressoché nullo.
Durante questa “vacatio istituzionale”, i comuni nelle aree periferiche sono diventati il riferimento per ogni cosa e rappresentano l’unica certezza per le comunità che hanno deciso di viverci, e senza un progetto politico robusto credo che rinunciare al proprio municipio sia un salto nel vuoto. Con l’attuale incertezza politica e di governo che contraddistingue la nazione, risulta decisamente più azzeccata la scelta dell’Emilia Romagna che sta stimolando la crescita di Unioni dei Comuni molto avanzate. Per esempio i nostri vicini di Faenza hanno trasferito integralmente tutto il personale ed i servizi dei comuni di vallata (piccoli e grandi) all’interno dell’unione, ottimizzando ed omogeneizzando l’intera struttura ma lasciando inalterato il ruolo di rappresentanza, prossimità istituzionale e titolarità dei singoli municipi. Dopo diversi tentativi andati a vuoto, l’Emilia Romagna ha decretato come problematica e poco risolutiva la politica delle fusioni nelle aree rurali e sta infatti destinando maggiori risorse alle unioni dei comuni più coraggiose ed impegnate. Anche la Regione Toscana potrebbe seguire questa direzione.
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 2 agosto 2018