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RIFLESSIONI SUL VANGELO DELLA DOMENICA – Ecco l’Agnello di Dio
VICCHIO – I sacerdoti del Vicariato del Mugello, a turno, propongono una riflessione tratta dalle letture della Messa domenicale. Oggi è la volta di don Francis N. Wam, vice Parroco di Vicchio.
Cari fratelli e sorelle, nel Vangelo di oggi Giovanni Battista indica che il suo motivo per battezzare con acqua è indicare colui che verrà dopo di lui e che battezzerà con lo Spirito Santo. Così, vedendo Gesù che gli viene incontro, il Battista grida: Non “ecco il Signore!” o il Salvatore!’ o il nostro Messia!’ o il Leone della Tribù di Giuda! Ecc. Invece usa un’espressione per niente maestosa: “Ecco l’Agnello di Dio!” Usiamo questa espressione, “Agnello di Dio”, diverse volte durante la Messa, eppure molti lo fanno senza sapere cosa significhi.
Perché Giovanni Battista si riferisce a Gesù come all’ “Agnello di Dio”? È perché l’agnello era l’unico animale tradizionalmente scelto per il sacrificio a Dio. Lo vediamo già ai tempi di Caino e Abele poiché il sacrificio accettabile di Abele era un agnello. Lo vediamo nel sacrificio di Abramo quando suo figlio Isacco chiese: “Dov’è l’agnello per l’olocausto?” e Abramo rispose profeticamente: “Dio lo provvederà”. E sebbene Dio abbia provveduto l’agnello, il vero Agnello, Gesù, doveva ancora venire.
Fu anche il sacrificio di un agnello che liberò Israele dall’Egitto, segnando l’inizio della celebrazione della festa della Pasqua. Gli ebrei usavano anche gli agnelli per il sacrificio nel tempio fondamentalmente in espiazione dei loro peccati. Così, quando i Giudei udirono il Battista dire: “Ecco l’Agnello di Dio”, non udirono che un chiaro riferimento al sacrificio; qualcuno che sarebbe stato sacrificato, adempiendo la profezia di Abramo a Isacco: “Dio stesso provvederà all’Agnello!” Quindi, il Battista diceva essenzialmente che Gesù è nato per morire per noi. Come ha sottolineato il profeta Isaia: il servo sofferente sarebbe stato condotto come un agnello al macello come sacrificio per il peccato (Is. 53:7, 10).
Perché l’Agnello deve morire? Il Battista, come gli ebrei, ha una sola ragione, cioè togliere il peccato del mondo diventando il capro espiatorio di tutti i peccati del mondo (cf. Lv 16).
Nel libro dell’Apocalisse 5, mentre San Giovanni attende di vedere il promesso Leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Iesse e il Figlio di Davide, venire ad aprire il rotolo e a spezzare i sette sigilli per la nostra salvezza, è piuttosto un Agnello, in piedi come se fosse ucciso, che Giovanni vede (Ap 5,6).
Questo agnello ha riscattato per Dio uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione con il suo sangue (Ap. 5:9). Così, la Bibbia termina con l’Agnello seduto sul trono. È l’Agnello in Gesù che vince. Di tutti i suoi aspetti potenti, vince come un debole Agnello. Siamo seguaci di questo Agnello.
Cari amici in Cristo, la chiave del nostro rapporto con Gesù è vederlo per come è veramente, l’Agnello di Dio che toglie i nostri peccati e quelli degli altri. Sebbene il Leone della Tribù di Giuda e l’Agnello siano la stessa persona, Cristo stesso, se desideriamo arrivare in paradiso, per gioire, dobbiamo relazionarci con Gesù come Agnello seduto sul trono nei cieli. Sebbene sia un leone, vince solo sotto forma di agnello. È l’Agnello immolato sulla croce del Calvario che viene riconosciuto come Re. Quindi, come re, governa solo sotto forma di agnello. È solo in questa forma che la potenza di Dio si manifesta attraverso di lui.
Come veri seguaci dell’Agnello, dobbiamo valorizzare il sacramento della confessione, dove incontriamo l’Agnello di Dio e lui toglie effettivamente i nostri peccati. Dobbiamo anche valorizzare il sacramento dell’Eucaristia, dove Gesù sostituisce il suo corpo come l’Agnello e il suo sangue come bevanda per la cena pasquale. Qui, proprio come gli antichi ebrei in Egitto, dovremmo mangiare degnamente l’Agnello.
Lo stesso Agnello dice: “Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita” (Gv 6). Infine, come seguaci dell’Agnello, anche noi dobbiamo diventare agnelli, cioè popolo sacrificale. Quando ci facciamo agnelli, la potenza di Dio si manifesta attraverso di noi amando e perdonando gli altri invitandoli alla conversione e facendoci evitare il peccato. Ma senza diventare agnelli, possiamo solo attaccarci, ucciderci e distruggerci a vicenda perché agiamo senza Dio. Ogni perdono toglie i peccati. Come l’agnello, ci sacrifichiamo per gli altri per amore, specialmente per i sofferenti e gli oppressi, e non aspettando che gli altri si sacrifichino per noi.
In questo modo, cammineremo con l’Agnello in quel luogo finale dove tutti gli angeli ei santi gli rendono lode, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Don Francis N. Wam
Parrocchia di Vicchio
©️ Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 15 gennaio 2023
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