VAGLIA – I sacerdoti del Vicariato del Mugello, a turno, propongono una riflessione tratta dalle letture della Messa domenicale. Oggi è la volta di padre Maurizio Gabellini, del Convento di Monte Senario.
Siamo giunti al termine dell’anno liturgico che si chiude celebrando la regalità di Cristo, Signore del tempo e della storia, inizio e fine di tutte le cose e al quale tutti gli uomini e le altre creature sono soggetti; festa istituita da papa Pio XI nel dicembre 1925 a conclusione dell’anno giubilare.
La liturgia che ci presenta il Figlio dell’Uomo (citato da Daniele, I lettura), il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra, Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre (Apocalisse), nei tre cicli liturgici proponendoci tre aspetti diversi della regalità di Cristo Signore:
A. Il Pastore dell’umanità e giudice supremo dei vìvi e dei morti; che separa le pecore dai capri, il risorto che viene a riprendersi gli eletti suoi dopo il Giudizio.
B. Nell’umiltà estrema dell’abbassamento causato dalla Passione volontaria, il Re testimonia al mondo il Regno-Salvezza per il popolo di Dio: prima davanti al tribunale religioso giudaico, egli si era identificato col personaggio annunziato da Daniele; davanti a Pilato con la dichiarazione «Tu lo dici: io sono re»; al mondo, perché Gesù è risuscitato, il «primogenito dei morti, il principe dei re della terra».
C. La sua investitura regale avviene proprio sulla croce. Ma Gesù non è solo Re dei giudei, come dichiara il titolo posto sulla croce, ma è capo del corpo della Chiesa e Signore di tutte le cose, redente e riconciliate nel suo sangue.
Nel vangelo di Giovanni che leggiamo questa domenica, Gesù non compare nello splendore della sua Gloria, ma legato di fronte a Pilato che istruisce contro di lui un processo dopo essere stato condannato dal Sinedrio. Il racconto della passione sembra svolgersi su due piani, e quindi permette due letture: quella secondo le apparenze e quella secondo la fede. Questo è particolarmente vero per il processo.
La narrazione si sviluppa attorno al tema della regalità di Gesù. Al centro del racconto troviamo la parodia dell’incoronazione regale di Cristo, con la corona di spine e il mantello di porpora, messa in scena dai soldati. La regalità è rivendicata da Gesù, usata sarcasticamente da Pilato e dai soldati romani, e rifiutata dai Giudei.
Questa raffinatezza letteraria giovannea presenta l’episodio come una vera e propria “epifania”, ovvero una rivelazione della regalità di Cristo. Va sottolineato, inoltre, il senso di libertà che Gesù comunica nell’intero racconto, contrapposto all’incertezza e alla paura di Pilato. Alla fine, il giudicato si rivela essere il vero Giudice. Ma la regalità di Cristo pur già presente (“il Regno di Dio è vicino”) è diversa da quella dei regni di questo mondo, e Gesù tiene a sottolinearlo per ben tre volte: «Il mio regno non è di questo mondo… se il mio regno fosse di questo mondo… il mio regno non è di quaggiù». Il suo è regno eterno e universale: regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace (Cf. prefazio).
Gesù dice di essere Re: “Io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”.
Gesù si presenta davanti a Pilato come il Testimone della verità; Pilato reagisce a questa affermazione di Gesù domandando: “Che cos’è la verità?”, ma non gli interessa la risposta, vive nel mondo dell’apparenza e del potere, e quindi esce nuovamente.
Gesù è testimone della verità, anzi è la Verità stessa, ci rivela la verità su Dio, è venuto per rivelarci il volto del Padre, l’Amore del Padre per l’umanità e per ciascuno di noi, Amore che ci dimostra con il dono della sua vita.
Ci rivela la verità sull’uomo, in quanto Lui è vero uomo, il vero Uomo, e più ci avviciniamo a lui più ascoltiamo la sua voce più ritroviamo l’essenza della nostra umanità sfigurata dal peccato e dal principe di questo mondo.
Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce. Se i profeti di questo mondo ci dicono che “Dio è morto”, noi siamo chiamati non solo a non ascoltarli, ma a testimoniare che Dio è risorto e vive in mezzo a noi attraverso la nostra vita, attraverso le nostre azioni.
I frutti dello Spirito che sono: amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé, se li coltiviamo e questo può succedere solo con l’aiuto e la forza di Dio, sono prova dell’azione e della presenza di Dio nella nostra vita.
La nostra società sta condannando Dio a morte volendo sostituirsi a Lui. Il pensiero unico, Wok, pretende di creare un nuovo mondo e un uomo nuovo, privo di radici storiche, privo di identità, di pensiero, di verità. Ma non ha fatto i calcoli con il Dio che è risorto e che chiede anche a noi di seguirlo sulla via del martirio. L’anno che viene sarà l’anno del Giubileo, dedicato alla Speranza, che è la virtù più piccola ma che trascina le altre.
Santa Maria, la Regina di Misericordia lei che è vita salvezza e Speranza nostra non solo ci mostri Gesù, il Frutto benedetto del ventre suo, ma ci insegni a seguirlo e ci accompagni dietro a Lui.
P. Maurizio M Gabellini osm
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 24 novembre 2024





