MUGELLO – I sacerdoti del Vicariato del Mugello, a turno, propongono una riflessione tratta dalle letture della Messa domenicale. Oggi, per la seconda domenica dopo Natale e la prima del 2022, è la volta del parroco di Borgo San Lorenzo don Luciano Marchetti.
Giovanni scrive: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio… E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. E i pastori? La mangiatoia? Maria? Giuseppe? La stella cometa? Che fine hanno fatto? Neanche una riga di questi personaggi. Come mai? La risposta che gli esegeti danno è questa: mentre Luca e Matteo descrivono un Natale dal basso con i personaggi, Giovanni descrive un Natale dall’alto, si butta dentro il mondo di Dio, dentro il cuore di Dio, dentro la vita di Dio per farci capire che cosa di clamoroso, di straordinario, di inimmaginabile è capitato.
Matteo e Luca dal basso, Giovanni dall’alto, vogliono farci capire soltanto una cosa, che è capitata una cosa incredibile: Dio si è fatto uomo. Dio è disceso in mezzo a noi. E questo discorso si colora di un particolare molto importante: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Ma il verbo greco allude alla tenda: “Mise la tenda in mezzo a noi“, si attendò. Il Verbo si attendò, mise la tenda in mezzo a noi. E per ciascuno di noi la tenda è sinonimo di fragilità perché subito ricordiamo le tende dei pastori, le tende dei terremotati, le tende dei profughi.
Quindi tante fragilità, precarietà. Ecco, il Signore Gesù dentro la sua tenda, si mette accanto alle nostre tende per dirci che vuole accompagnare le nostre fragilità. L’Incarnazione: Dio si è fatto uomo, Dio scommette sull’uomo.
E’ la morte di ogni mentalità dualistica che vede il cielo di là e la terra di qua, l’anima di là e il corpo di qua, l’aldilà di là e l’al di qua di qua. Tutto salta. Ogni separazione salta, tutto è finito, tutto deve cambiare; veramente cambia tutto, cambia il linguaggio. Basta dire che finalmente noi cristiani non diciamo più: “Io ho un corpo”, dove l’anima conta e il corpo non conta ma, invece, “Io sono il mio corpo”; e addirittura quando facciamo la Comunione si dice “Il Corpo di Cristo” non “La Divinità di Cristo” per dire la concretezza, la potenza dell’Incarnazione. E meno male che il Concilio Vaticano II che, continuo a ripetere, è stato una primavera per la Chiesa Cattolica, ci ha fatto capire in maniera bella, stupenda questa unità, questa armonia tra il cielo e la terra, tra il corpo e l’anima, tra il Sacramento dell’altare e il Sacramento dei fratelli, di modo che venga fuori una figura di cristiano globale, integrale, bella, a tutto tondo.
Don Luigi Ciotti, una persona che tutti conosciamo perché è più di quarant’anni che è sul campo: “Sono felice di spendere la mia vita a saldare la terra e il cielo“. E’ un prete. “Sono felice di spendere la mia vita a saldare – a mettere insieme – cielo e terra” – l’amore a Dio e l’amore al prossimo.
Però mi pare che sia giusto in questo momento storico un’attenzione al cielo, a Dio, un po’ di più. Dobbiamo prenderci cura di Dio. Nel mondo di oggi, la vita che facciamo, il modo di vivere, attaccati qui al presente, ci ha un po’ appiattito, una vita diciamo mondana, materiale e così via. Dobbiamo assolutamente difendere il cielo, abbiamo bisogno del cielo, dobbiamo difendere Dio, tornare a parlare di Dio, dire che Dio è importante partendo appunto dal Natale di Gesù, dalla sua presenza.
Prenderci cura di Dio. Dare importanza a Dio. Dirlo ai bambini, dire a tutti appunto che il nostro compito è saldare il cielo e la terra, che Dio è importante oggi più di prima, come prima e più di prima. Perché magari negli anni scorsi abbiamo detto così in maniera poetica una frase legata al mondo francescano che diceva: “Non è la terra che sorregge il cielo. E’ il cielo che sorregge la terra!“. Ma la dicevamo in maniera estetica. Oggi ci accorgiamo: se non è così, è un disastro! Il cielo deve sorreggere la terra. Il cielo deve sorreggere ciascuno di noi, specialmente in certi momenti.
Un secondo punto sul quale vorrei ragionare con voi. “Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto“. La libertà. Abbiamo questo dono bellissimo, potentissimo: la libertà. Possiamo dire di no a Dio. Ciascuno di noi può dire di no a Dio. E questi versetti, “Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto”, non vanno letti in maniera archeologica come una cosa legata soltanto agli Ebrei a quei tempi; vanno letti in maniera contemporanea: oggi capita così anche a noi.
Andiamo a Messa con le nostre idee, i nostri sentimenti e usciamo di chiesa senza cambiarli pur avendo ascoltato la Parola del Signore. Entriamo in chiesa non capaci di perdonare e, poi, usciamo di chiesa e non vogliamo perdonare. E la Messa è passata. Invece la Messa è, come dice San Paolo ai Filippesi, cercare di avere in noi i sentimenti che furono di Cristo Gesù. Ogni Messa è una scommessa, qualcosa di grande che deve capitare dentro di noi ma occorre che la Parola di Dio, la sua Presenza – il Pane che mangiamo – possano cambiare la nostra vita, come diceva Paolo VI, “illuminare la stanza della nostra libertà e dei nostri sentimenti”.
Venne in casa sua e non l’hanno accolto. Può capitare questo ad ogni Messa. E, allora, che fare? Occorre lasciarci abitare da Dio, lasciarci abitare dallo Spirito di Gesù, dallo stile di Gesù per diventare veramente un punto interrogativo per chi ci incontra. Collegato al discorso di prima, dobbiamo difendere Dio, prenderci cura di Dio, dire che c’è e abita in noi. E come si fa? Diventando noi punto interrogativo. Chi ci vede deve capire questa cosa: “Come? Questo va a Messa la Domenica, ma perché non va a correre lungo la Sieve? Si ferma alla Domenica un’ora e va in chiesa, perché? Ma perché? Perché questo fa volontariato, è generoso, ha un bel rapporto cogli anziani, coi bambini, non è egoista, non è individualista ma si apre alla città, in parrocchia, si impegna, dona tempo, saluta per strada, perché si comporta così?”. Perché, appunto, è abitato da Dio, è cristiano e vive a tutto tondo questo rapporto tra il cielo e la terra. Chi vede me, don Luciano, chi vede voi, si fa queste domande? Capisce che la nostra vita è abitata da Dio, dal Vangelo? Poi la vita è quella che è, sbagliamo ma almeno uno tenta.
“Dammi, Signore, la forza di mettermi in ginocchio solo davanti a Te. Fammi discepolo della Verità. Dammi, Signore, la forza di non rinnegare mai il Bene e la Verità. Fammi portatore di speranza e di amore nel quotidiano certo che l’opera di una persona buona – una frase che mi ha molto colpito – è come la sorgente di acqua nascosta nel sottosuolo che in segreto rende l’erba più verde”. Bellissima questa immagine. “L’opera di una persona buona è come l’acqua, nascosta nel sottosuolo, che rende l’erba più verde”. Auguro a me e a ciascuno di voi che attorno alla nostra vita quotidiana il prato sia verdissimo, sempre!
Don Luciano Marchetti
Pievano di Borgo San Lorenzo
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 2 gennaio 2022