#Siriparte, per ben due volte. Il “caso” di Leonardo, parrucchiere di Vicchio
VICCHIO – Dopo “ben 70 giorni di chiusura” causa lockdown, Leonardo (che rimarca questo fatidico numero più volte) vicchiese, parrucchiere per uomo da trent’anni, ha finalmente avuto l’autorizzazione a riprendere la sua attività. Come molti sanno, ironia della sorte, una seconda imprevista ed improvvisa telefonata lo ha costretto ad abbassare di nuovo la saracinesca di quella che lui definisce “la mia seconda casa”. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare la sua storia.
Quali sono state le difficoltà che hai incontrato durante il periodo di interruzione forzata dell’attività? Naturalmente la prima cosa che viene da rispondere è una grossa perdita economica; come tutti coloro che hanno situazioni lavorative simili alla mia; i rimborsi che ho avuto hanno coperto soltanto una piccola parte di tutte le perdite. Agevolazioni non ce ne sono state. Il negozio è in affitto, l’ho ristrutturato con tanto entusiasmo molto tempo fa e in questo periodo ho continuato a pagare il canone comunque, regolarmente.
Quando ti è arrivata la notizia della prima chiusura, poi parleremo della seconda, che cosa hai provato? Ci tengo a specificare che io sono un artigiano che chiude soltanto un settimana all’anno e quando ho appreso la notizia che io, come molte altre categorie, dovevo chiudere per molto più tempo, ben 70 giorni, mi è crollato il mondo addosso. Anche perché c’è sempre stata una totale insicurezza sulla riapertura. E meno male che io sono da solo in negozio, paradossalmente mi ritengo fortunato per questo; se avessi avuto dei dipendenti, come è successo in altri casi a miei colleghi, sarebbe stato un disastro.
(Intanto risponde al telefono a un cliente, dicendogli di avere l’agenda piena e di non poterlo inserire nel giorno richiesto.)
Quando hai avuto la notizia che potevi riaprire, cosa hai provato? Guarda, ti dico sinceramente: il giorno in cui dovrò andare in pensione e lasciare questo negozio non so come farò. Io questo negozio lo amo talmente tanto che per me è una seconda casa, sono in questo negozio da trent’anni. Ho proseguito la tradizione di mio padre che mi ha insegnato il mestiere, ma questo negozio è tutto mio in tutti i sensi. Durante la chiusura, passavo qui davanti e vederlo chiuso mi faceva davvero male. Sentivo la voglia, la necessità di entrare e non potevo farlo. Avere un’attività come questa vuol dire avere un rapporto umano con tante persone; scambiare le proprie esperienze e opinioni con i clienti, parlarci, sorridere, condividere tutto dalle esperienze più divertenti a quelle meno allegre è una fortuna irrinunciabile. Per me è la vita. La mia vita. Questo mi mancava da morire. Il mio lavoro mi piace tanto e mi ha aiutato molto nella vita. Anche quando ho passato periodi di preoccupazione o difficoltà venivo nel mio negozio, nel mio mondo e tutto passava. Immaginate la felicità quando ho potuto riaprire con tutte le precauzioni del caso, sanificando ogni millimetro con tanto zelo per la salute dei miei clienti, in primis, e mia e della mia famiglia.
Poi, Leonardo, cosa è successo? Com’è avvenuta la seconda chiusura? E’ davvero difficile ricordare quella terribile giornata, ma ci provo: dopo aver fatto il massimo con tanta coscienza e tante spese per disinfettare il mio negozio. Dopo aver rivisto i miei clienti affezionati dopo tanto tempo, mercoledì 3 giugno alle 11.00 precise ho ricevuto una telefonata dalla ASL che mi chiedeva di controllare la lista dei clienti, che va conservata per almeno 14 giorni, per verificare se il soggetto risultato positivo al tampone covid fosse stato nel mio negozio. La mia risposta è stata affermativa. Mi è stato detto di chiudere immediatamente il negozio e di andare a casa subito, in attesa di tampone. Io ho richiamato l’ASL per sapere come doveva comportarsi la mia famiglia (ho un figlio di 20 anni ed una moglie che lavora). Mi è stato risposto che il tampone riguardava soltanto me e che loro potevano condurre vita normale.
Come ti sei sentito in quel momento? Non lo so descrivere. C’è stato un attimo di incredulità, poi però non so dire come mi sono sentito. Per rendere l’idea posso dire di essere entrato in trance, ecco forse è cosi che mi trovavo, proprio fuori dal mondo. Ho lasciato tutto com’era, capelli in terra, oggetti sparsi e sono letteralmente “scappato” a casa. Un altro scoglio grosso che ho dovuto superare è stato dover chiamare i clienti che avevano appuntamenti nei giorni successivi per annullarli dovendo, giustamente, spiegare le motivazioni. E’ stato un gesto che ho fatto con tanto rispetto per i miei clienti, ma doloroso in modo indescrivibile.
La reazione dei clienti qual è stata? I clienti che ho non sono semplici avventori casuali, ma sono per me come una seconda famiglia, cari amici e quindi, come immaginavo hanno reagito con estrema comprensione e tanta solidarietà. Ma un altro trauma forte che ho incontrato è stato dover telefonare a coloro che erano in negozio contemporaneamente al cliente risultato positivo al covid. Forse quello è stato il momento peggiore. Mi sentivo in colpa per il fatto che sarei potuto risultare positivo. Ad un certo punto ho pensato a tutto il lavoro che ho fatto per sanificare il negozio e pur avendo la quasi totale sicurezza che sarei risultato negativo, il timore del risultato e il senso di colpa che provavo verso i miei clienti mi impediva perfino di dormire. Per tre giorni ho dormito forse due ore. E’ una sensazione che non augurerei mai a nessuno.
Ma veniamo ora alla bella notizia. Quando hai saputo che potevi riprendere l’attività? Intanto come prima buona notizia ho ricevuto la telefonata dell’ASL che mi avvisava che il mio tampone era negativo, e già qui ero contentissimo. Nello stesso tempo il medico dell’ASL mi ha avvisato che il cliente risultato prima positivo, sarebbe stato sottoposto ad un secondo tampone a Prato risultato poi negativo. In un primo momento non ho dato molto peso a questa seconda notizia. Ero troppo felice e focalizzato sul risultato del mio tampone. Se il tampone fatto al cliente fosse risultato negativo mi hanno detto che io sarei stato “sdoganato”, termine che ha usato il medico per dirmi che potevo riprendere la mia vita normale. Infatti fino a quel momento le previsioni erano che io avrei dovuto rimanere in casa fino al giorno 9 giugno (pur avendo il tampone negativo). La mattina di domenica 7 giugno mi è arrivata una nuova telefonata dalla ASL, e poi una mail che mi comunicava che un nuovo tampone fatto al cliente in questione risultava negativo; così io ero “sdoganato” definitivamente e potevo non solo tornare alla mia vita normale ma anche riaprire il negozio.
E la mail cosa diceva esattamente? La mail dichiarava questo sul mio cliente (Leonardo legge direttamente la mail) : ” si può considerare falso positivo o non caso”. Questa frase è stata una doccia fredda. In quel momento ho sentito salire tanta di quella rabbia che non riesco a descriverla. So cosa ho passato in quei giorni di lunga attesa delle risposte dei tamponi (mio e del cliente) e non parlo del lato economico. In quel momento era il fattore psicologico a dominare. La rabbia, la frustrazione, il dispiacere per i miei clienti e per la mia famiglia con tutte le inutili preoccupazioni che la vicenda aveva causato. Fortunatamente ho avuto molto vicino il Sindaco Filippo Carlà Campa e tutti i miei clienti. E’ a loro che va il mio infinito ringraziamento: Grazie Sindaco e grazie clienti, anzi amici, che avete riempito il negozio con la vostra allegria.
Come pensi sarà lavorare d’ora in poi? Tengo a precisare che in un momento di così grande difficoltà, non ho avuto appoggio da nessuno, non certo dalla mia categoria. Ripeto che solo il Sindaco mi ha aiutato a velocizzare la risoluzione del problema. Credo che d’ora in poi lavorerò con ancora più amore di prima verso i miei clienti, che lo meritano davvero; solo pochi clienti si sono allontanati per paura, ma io non giudico affatto, (anzi l’atteggiamento è più che comprensibile), spero solo che possano tornare a far parte di questa grande famiglia dove igiene sanitaria e precauzioni non mancheranno di essere fatte sistematicamente. E comunque il lavoro è ricominciato davvero alla grande, con tanto entusiasmo, come si può vedere gli appuntamenti si susseguono l’uno dopo l’altro e questo è sinonimo di quanto i miei clienti mi siano affezionati nonostante tutto.
Monica Benvenuti
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 11 giugno 2020