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Una battuta fulminante
BARBERINO DI MUGELLO – Sabato pomeriggio viene presentato in Palazzo Pretorio, a Barberino, il nuovo libro di Gian Piero Luchi, “Barberino di Mugello. Oggi e Ieri” (qui un articolo). Questa la presentazione di Riccardo Nencini. “Sai cos’è la storia?” chiede un capo mafia ad un picciotto. “Boh… cosa successe nel passato” risponde lui, perplesso. “No, è quello che la gente dice sia successo” chiosa il capo.
Lo scambio di battute è in Città in fiamme di Don Winslow. Un fraseggio che nasconde una doppia verità: quanto sia importante il racconto per tenere viva una comunità, come il racconto della storia non sia mai oggettivo, imparziale, ma figlio dei tempi, figlio delle idee di chi scrive o di chi narra, e infine figlio di certe condizioni.
Lo confesso: Gian Piero è un partigiano. Qui è nato, di Barberino è stato sindaco (un buon sindaco), qui ha cresciuto i figli, qui ha sposato la causa di Giuliano Vangi, uno dei ‘grandi’ della scultura contemporanea. Insomma, è di parte. Tuttavia non ostenta il sorriso dei fanatici. Il suo ritratto di Barberino è pacato, un passo nella storia antica mescolato alla contemporaneità, uno sguardo a cavallo tra la guida storico-turistica e la proiezione nel futuro. Barberino non vanta le vestigia di Scarperia la granduchessa, l’unico borgo murato del Mugello, ma un fatto è sicuro: qui il passato non è soltanto nostalgia. Sarà per la posizione geografica, strategica anche nella notte dei tempi, sarà per le scelte fatte da amministratori di diverso rango, il futuro sulla Sieve è balenato prima e più che altrove. Gian Piero lo ricorda evocando il triangolo delle grandi opere infrastrutturali realizzate dentro e appena fuori i confini del comune. Variante di valico, oggi Direttissima, Centro commerciale (outlet), Lago di Bilancino.
Oggi come ieri, Barberino rimane una terra di passaggio. Ieri verso il passo della Futa, in direzione Val di Bisenzio, sulla rotta che da San Giovanni in Petroio ti conduceva a Fiesole e a Firenze, oggi sulla direttrice nord/sud e viceversa. Non per caso le future spose dei Medici, almeno quelle provenienti da Vienna, facevano sosta a Cafaggiolo per prepararsi alle nozze. Non per caso il Grand tour si snoda sulle strade dell’Appennino e si riposa nelle locande del comune, da Santa Lucia a Montecarelli, giù giù fino all’osteria de Le Maschere. Non per caso Goethe si rifocilla nel fienile di Ghiereto (prima che il lago fosse costruito, una lapide in marmo ricordava il passaggio del venerabile tedesco).
Con i Medici, dunque, che da quassù provengono e sostituiscono nella piramide del potere gli Alberti di Manzona, gettati da Dante nell’Inferno, i filo conduttore della storia è la strada. Del resto, la Badia a Vigesimo porta
nel nome l’evidenza, e così Trebbio, dal latino trivium, crocicchio.
Poi c’è il lago, non un moncone paesaggistico ma un compleanno di rinascita. Sembra stia li dal Pliocene, incassato nella valle dalla mano di Dio con un gesto creativo senza pari. Il proverbio che i Baschi portano con sé ovunque vadano recita che per essere felici bisogna aver scritto un libro, piantato un albero, avere avuto un figlio. Giudica tu se non si tratta di infilare le radici nel futuro. È proprio quello che Gian Piero ha fatto. Con la penna. E soprattutto con un gesto d’amore.
Riccardo Nencini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 25 febbraio 2023
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