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Una vita per la Missione, da Firenzuola alla Bolivia. Suor Annalisa racconta la propria scelta

Posted On 04 Feb 2023
By : Nicola Di Renzone
Comment: 0
Tag: Bolivia, Chiesa di Firenzuola, Firenzuola, Istituto delle Missionarie dell'Immacolata Padre Kolb

FIRENZUOLA – Donare tutta la propria vita per gli altri. Annalisa lo ha fatto: ha lasciato la sua casa di Firenzuola, la famiglia, il lavoro in Comune a Scarperia per abbracciare la scelta missionaria e partire poi per la Bolivia. Annalisa, nata il primo maggio del 1968, ha vissuto a Firenzuola fino al 2004, quando è entrata nell’Istituto delle Missionarie dell’Immacolata Padre Kolbe. Al Filo del Mugello racconta la sua vita prima della chiamata: l’infanzia e l’adolescenza trascorse serenamente, e la Fede ricevuta dalla mamma e dalla nonna. Poi le esperienze tipiche dei giovani, i viaggi, i concorsi e finalmente il lavoro in Comune a Scarperia. Fino all’avvicinamento all’azione cattolica, anche come educatrice ai campi scuola. Un percorso iniziato fin dal 1994 anche grazie a brevi esperienze missionarie in Brasile e in India (e in Costa d’Avorio da Don Poggiali). Poi i viaggi in Terra Santa, con il Cardinale Piovanelli. Il volontariato con i Cappuccini Laici di Borgo San Lorenzo, fino al 2004 quando ha deciso di lasciare il lavoro per dedicare la sua vita alla Missione. In questa intervista racconta il suo percorso di fede.

Puoi raccontare la tua storia di missione? Io sono consacrata a Dio con i voti di povertà, castità e di obbedienza in un istituto secolare che si chiama Missionarie dell’Immacolata Padre Kolbe, con sede a Borgonuovo (Sasso Marconi). Ho fatto la prima professione dei voti il 24 maggio 2009, e il 6 dicembre sono partita per la Bolivia. Non è stata una mia scelta, mi è stato chiesto dalla Direttrice generale di quel tempo se ero disponibile a venire qui in Bolivia, e io ho accettato subito con grande gioia, perché fin dal mio discernimento vocazionale avevo il desiderio della missione oltre oceano. Cioè volevo dare il mio tempo e le mie forze per uno dei paesi più poveri. Tutte nell’istituto sapevano che ero entrata con questo sogno e quindi la direttrice generale è stata uno strumento perché il sogno si facesse realtà. Sono convinta che è un desiderio che mi ha messo nel cuore il Signore.

Quando sono arrivata qui, dopo circa un anno, mi sono occupata delle adozioni a distanza. Perché abbiamo un centro di aiuto ai bambini di famiglie umili. Sono circa 300 bambini e a quell’epoca io stavo nel centro, ma andavo anche a visitare le famiglie e facevo da tramite con i padrini e le madrine dall’Italia e dal Lussemburgo e da altri paesi. Lo Mandando foto e notizie dei bambini e coordinando la distribuzione dei viveri una volta al mese e dei vestiti e dell’uniforme scolastica. Anche adesso lo stiamo facendo, però adesso abbiamo un’associazione nata dalle due realtà che avevamo: il servizio sociale ed il centro medico. Poi facciamo servizio in un centro pastorale: abbiamo una Chiesa, facciamo il catechismo. Facciamo, insomma, le veci del parroco, anche se ovviamente non celebriamo la Messa, ma ci sono tante cose.

Da cinque anni anni sto svolgendo il servizio di responsabile della comunità. Sono direttrice locale, a disposizione delle missionarie. In tutto siamo sei, poi c’è un’altra missionaria che vive in famiglia ma che viene qui e ci aiuta.

La città dove viviamo si chiama Montero. E’ una grande città vicino a Santa Cruz de la Sierra. In un quartiere in periferia ma non molto distante dal centro. Apparteniamo a una parrocchia dei padri francescani conventuali, con i quali collaboriamo e che vengono a celebrare la messa nella nostra chiesa il mercoledì mattina e la domenica mattina

Immagine dalla missione in Bolivia

Qual è la molla che ti ha indirizzato su questa scelta di vita? La molla che mi ha spinto a percorrere questo cammino e a fare questa scelta di vita è stata il Signore. E’ lui che mi ha chiamata. E’ lui che mi ha fatto capire che dovevo lasciare tutto: il mio lavoro (lavoravo in comune a Scarperia), i miei amici, la famiglia, i miei genitori, mio fratello e mia sorella. Poi il volontariato e il servizio che stavo facendo in parrocchia a Firenzuola. Ma sentivo che mi mancava qualcosa. Ero stata in Kenya per un viaggio turistico, e lì è cambiata la mia vita. Frequentavo già la chiesa; ma ho capito che essere cattolico vuol dire dare tutte le energie e il tempo. Amare Gesù e le persone 24 ore su 24. Non è solo andare a messa la domenica o per le feste e fare qualche volta un po’ di beneficienza. In un primo momento pensavo di fare volontariato internazionale per qualche mese. Poi grazie all’aiuto di don Aldo, che è il mio padre spirituale, ho capito che dovevo dare la mia vita per il Signore. E’ cresciuto in me il desiderio di pregare, stare con il signore, dell’adorazione eucaristica e di partecipare alla messa tutti i giorni. E poi la passione di stare con le persone più umili e povere.

Uno dei bambini aiutati dalla missione

Sei felice? Devo dire che sono molto contenta e che sono felice di questa vita e di quello che sto facendo. Dell’amore che il signore mi fa sentire ogni giorno. Nonostante le difficoltà, momenti di sofferenza o problemi. Poi la situazione delle persone non può lasciare indifferenti. A volte si piange con la gente per un momento difficile, per una tragedia, la morte di qualcuno. O per una mamma che abbandona i figli, se ne va all’estero e non si fa più sentire.

Però ci sono anche momenti di gioia come festeggiare, un compleanno, una nascita, un battesimo, un matrimonio. Condividiamo questi momenti con le persone, e questo da molta serenità e molta gioia. Devo dire che per me il Signore è l’unico che dà la vera felicità. Lo ho provato soprattutto il giorno della mia prima professione, il 24 maggio del 2009. In quel momento ho sentito una grande serenità e una grande pace interiore e ho avuto la conferma che era quello che il Signore voleva da me.

La felicità è uno stato interiore che uno ha. Non è un’allegria momentanea che uno può provare. E’ una serenità e una pace interiore che uno si porta dentro sempre, anche nei momenti più difficili, anche quando sembra che non ci sia via di uscita. Ad esempio quando c’è stato il Covid per noi sono stati momenti importanti. Ci siamo fatti sentire vicini alle persone anche se non si poteva uscire. E questo ti dà una pace interiore che può dare solamente il Signore. Poi la figura della Madonna per noi è un faro nel buio. Noi siamo missionarie dell’Immacolata padre Kolbe. Per noi Maria è un modello da seguire e la nostra guida; cerchiamo di trasmettere l’amore materno con le persone, i bambini, gli adolescenti, i giovani adulti in queste terra. Nonostante le sfide e le contraddizioni che ci sono, sentiamo che la Madonna ci accompagna sempre e che è sempre al nostro fianco.

Che difficoltà, che problemi devi fronteggiare oggi? C’è qualcosa che ti preoccupa particolarmente? Uno dei problemi grandi di questa terra è l’alcolismo. Spesso gli uomini si ubriacano, poi tornano a casa e picchiano i bambini o picchiano la moglie. Ho hanno rapporti sessuali con la moglie anche se lei non vuole. Questa è una piaga, si cerca di fare il possibile, ma a volte sembra di combattere contro i mulini a vento. Poi a volte c’è un po’ di rivalità tra l’occidente e l’oriente del paese. Noi siamo nella parte orientale, dove sono arrivati gli spagnoli. La gente è un po’ più aperta e solare, Mentre nella parte occidentale ci sono più indigeni. Lì le famiglie hanno continuato a unirsi tra loro e ci sono antiche tradizioni. Anche l’abbigliamento delle persone è diverso. Tra le due parti del paese c’è un po’ di razzismo e si sente questa rivalità. E’ un fatto culturale difficile da affrontare.

Cerchiamo di formare i ragazzi e i bambini anche per quanto riguarda il rischio di cadere nel vizio: alcol o droga che qui è diffusa insieme al problema del narcotraffico che è come una mafia. Possiamo solo cercare di aiutare i ragazzi a non cadere. La cosa che mi preoccupa è il fatto che non abbiamo vocazioni. Non ci sono molte ragazze che vogliono continuare la missione. Ma noi abbiamo più di cinquanta anni e la vita è più difficile anche solo per il clima ed il caldo umido. Cosa faremo dopo? Invito a pregare perché si possano trovare giovani che si possano innamorare del nostro carisma e della nostra missione.

E nel futuro? Pensi di tornare a Firenzuola? Il futuro è nelle mani di Dio. Non so come sarà. Io torno a Firenzuola ogni due o tre anni. Anche solo per visitare i miei genitori o avere un po’ di riposo. C’è la possibilità che quando avremo l’assemblea, il consiglio generale, nel 2024, ci saranno dei cambiamenti. Per ora non ho idea di come sarà il futuro. Cerco di accettare la volontà di Dio che si manifesta tramite i miei superiori.

Nicola Di Renzone
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 3 Febbraio 2023

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