Verso un unico comune del Mugello. Ma intanto l’Unione montana deve fare un salto di qualità: parla Mongatti, sindaco di Barberino
BARBERINO DI MUGELLO – Prosegue la nostra carrellata di interviste ai sindaci del Mugello sul cruciale argomento dei nuovi assetti istituzionali, con l’ipotesi di accorpamenti tra comuni, fusioni, nuove gestioni associate. E’ la volta di Giampiero Mongatti, sindaco di Barberino di Mugello.
Parliamo del tema della fusione dei comuni. Qual è il suo giudizio sullo stato della discussione? Meglio la fusione o la condivisione dei servizi? Questo è un tema molto attuale e decisamente da sviluppare, al di là di quale siano le modalità con le quali si scelga di condividere servizi o di avere strategie amministrative e politiche comuni in aree omogenee e comuni vicini, cosa che sta diventando sempre più necessaria.
Ed il tutto non può essere ridotto ad un discorso di “più o meno gestioni associate”, ma deve essere visto in un’ottica più ampia. Le fusioni dei comuni, ove fatte da un punto di vista territoriale e sociale omogenei, son processi che richiedono, anche una volta stabilita amministrativamente la fusione, tempi lunghi di assestamento e riorganizzazione gli enti interessati, ma credo debbano essere promosse e sviluppate.
Da un punto di vista politico, ci vuole una forte volontà per realizzare un processo importante come la fusione, processo che tuttavia, se seguito e governato, può dare dei risultati molto positivi.
Da un punto di vista strettamente amministrativo invece, occorre un forte lavoro di organizzazione amministrativa e del personale, che, se da una parte ha un suo lungo percorso, dall’altra, una volta trovato l’ambito ottimale dei parametri, darà sicuramente dei vantaggi anche economici e finanziari, boccate di ossigeno, considerando le difficoltà croniche dei comuni piccoli e grandi.
Occorre considerare inoltre l’aspetto sociale della faccenda: le conseguenze sociali, quali la perdita di identità, sono questioni molto delicate da affrontare e la politica deve farsi promotrice di una azione di ricerca dell’ambito, degli argomenti e dei tempi giusti, senza creare “mostri”. Solo così i cittadini possono accettare un tale tipo di svolta. La fusione fra i comuni di Scarperia e San Piero è, in tal senso, un esempio decisamente virtuoso: territori geograficamente omogenei, con una zona industriale già in comune, non grandissimi né come territorio, né come numero di abitanti, hanno fatto sì che anche dal punto di vista della percezione dei cittadini, non ci fosse una avversione.
Un ultimo aspetto al quale bisogna stare attenti è l’ottica con la quale è visto, ancora oggi, il sindaco di un comune. E’ percepito come il punto di riferimento della comunità e, ancor prima del ruolo amministrativo, è il primo cittadino, il rappresentate di essa, per questo ritengo importante il mantenimento delle municipalità: se si fanno fusioni importanti, è essenziale assicurare una rappresentanza a tutti.
Barberino è un po’ chiuso fra Scarperia e San Piero e i comuni della Piana. Pensa a qualche tipo di unione? E’ un ragionamento che mi interessa e che potrebbe svilupparsi col tempo e con la dovuta maturazione. Non chiudo le porte a nessuna possibilità e a nessun tipo di valutazione. Rimango aperto al futuro e non pongo limiti… alla Provvidenza!
Qual è il suo giudizio su un comune unico per il Mugello? Già dalla campagna elettorale per le ultime amministrative, noi candidati sindaci del centro-sinistra, abbiamo sottoscritto un documento comune in merito alle politiche mugellane, nel quale si diceva che “il Mugello deve pensare come un comune unico”. E’ assolutamente necessaria una coesione sia organizzativa che di scelte politiche, affinché il Mugello possa davvero avere un peso reale nelle scelte per il proprio futuro. Occorre essere aperti ad una evoluzione, magari anche per gradi, verso il comune unico.
Parliamo di gestioni associate. In esercizio da tempo, con l’Unione montana, le difficoltà non mancano. Cos’è che non funziona? Quali sono i limiti da superare? E c’è il rischio, alla fine, anche per la sottrazione di deleghe importanti da parte della Regione, di un’implosione dell’ente montano del Mugello? L’Unione dei comuni, cioè lo strumento che abbiamo a disposizione per le politiche mugellane, necessita di un salto di qualità, di dare più sostanza alla propria missione, seguendo la direzione dell’associare sempre più funzioni. Essa si deve caratterizzare come un livello istituzionale a servizio dei comuni, puntando in maniera sempre maggiore sulle funzione associate, soprattutto nell’ottica di non perdere peso specifico alla luce, ad esempio, della sottrazione di deleghe importanti da parte della Regione, come quella sull’agricoltura.
Alcune gestioni associate funzionano di più altre di meno: il passaggio da Comunità Montana ad Unione dei Comuni non è stato facile, avendo l’ente una vocazione di tipo diverso. L’esigenza comunque c’è e ci viene forte anche dalla legislazione. Occorre continuare a camminare su questa strada, puntando al rialzo, rilanciando e cercando di migliorarsi negli ambiti più deboli. Non credo ci sia rischio di implosione. Siamo piuttosto in mezzo al guado: c’è la necessità di fare un salto di qualità, che vada nella direzione di una Unione dal volto forte.
Perché i comuni frenano, di fatto, sulle gestioni associate strategiche? Dell’ufficio urbanistica si parla da anni, il corpo unico della polizia municipale non è ancora nato del tutto, con Vicchio e Firenzuola che non hanno aderito. All’ufficio personale partecipano pochissimo comuni. Ancor peggio l’ufficio gare che c’è ma che ma è bloccato. La centrale unica di committenza non ha personale, e nessun comune glielo mette a disposizione. Come pensate, voi sindaci, di sbloccare la situazione? Non ha senso che da anni nell’ufficio personale associato ci siano solo Barberino, Borgo, Marradi, e ad esempio non c’è Scarperia e San Piero, pur essendo il suo sindaco Ignesti, presidente dell’Unione: è auspicabile che partecipino tutti. E lo stesso discorso vale per la funzione associata della Polizia Municipale. Anche l’Ufficio gare deve andare avanti: c’è discussione in merito all’organico da conferire ad esso, dovuta al fatto che i comuni non hanno personale appositamente dedicato da spostare. Ci sono degli obblighi normativi da rispettare ed è necessario impegnarsi in tal senso, principalmente per dare un volto forte all’Unione, ma anche per non perdere i contributi spettanti ai comuni che hanno almeno cinque funzioni associate. Occorre investirci di più, occorrono proposte concrete da portare sul piatto, occorre che la giunta dei sindaci dell’Unione montana dia l’idea di forte unità. Il dialogo è molto franco ed i rapporti sono ottimi, ma è evidente che alcuni sindaci dovrebbero mettersi nell’ottica di entrare in alcune gestioni, per dare sostanza all’Unione.
Abbiamo comunque degli ambiti dove la collaborazione è già forte. Come quello del Piano Strutturale Intercomunale. Sono cinque le zone in tutta la Toscana -cinque zone all’avanguardia, fra cui la nostra- che si son per prime candidate per la realizzazione di un piano strutturale sovra-comunale, i cui incentivi sono previsti dalla nuova legge sull’urbanistica, approvata lo scorso anno. Il Piano Strutturale Intercomunale non diventerà funzione dell’Unione, ma è un argomento strategico nella partita della coesione territoriale, molto più di altre funzioni. In pratica si tratta del disegno del territorio fatto in maniera macro, del modo nel quale vengono definite le vocazioni, gli obbiettivi e le prospettive del territorio stesso. Dopodiché sarà ciascun comune che avrà il compito di realizzare il piano operativo, gestendo le proprie schede nel dettaglio. Una pianificazione strategica fatta a livello mugellano ha, senza dubbio, una valenza politica ed amministrativa molto forte, nella quale vedo una decisa volontà di coesione, un bel segnale che non sta prettamente dentro l’Unione, che non viene contabilizzato fra le funzioni associate, ma che a mio avviso rimane la vera scommessa.
Michela Aramini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 5 febbraio 2016