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La Via Crucis con le riflessioni di alcuni parrocchiani di Vicchio
Deposizione, di Rutilio Muti. Pieve di San Giovanni Battista a Vicchio
VICCHIO – E’ una Via Crucis particolare. Molto locale. Le riflessioni per ogni stazione della Via Crucis sono state preparate da diversi parrocchiani dell’Unità Pastorale di Vicchio. Ci sono giovani, e meno giovani, uomini e donne, coppie di sposi recenti e di lunga data, mamme, studenti e insegnanti, infermieri, pensionati, commercianti e operai. “Grazie a tutti -dice don Francesco-, perché con il vostro contributo avete reso più preziosa la preghiera di tutta la comunità facendoci sentire uniti, anche se solo in modo virtuale, sotto la croce del Signore. Gesù ci raccomanda di rimanere uniti, e per questo prega il Padre nell’ultima cena, dicendo: “Padre custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi”(Gv 17,11)”.
Qui pubblichiamo alcune “stazioni”, che abbiamo voluto illustrare con un altro, raro, contributo locale. Si tratta infatti di alcune formelle della “Via Crucis”, opera di due artisti barberinesi, Francesco Banchelli e Rolando Mensi, realizzate oltre trent’anni fa per la Misericordia di Barberino di Mugello (qui la Via Crucis completa).
I stazione
GESU’ E’ CONDANNATO A MORTE
Chiese loro Pilato: “Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?”. Tutti risposero: “Sia crocifisso!”. Ed egli disse: “Ma che male ha fatto?”. Essi allora gridavano più forte: “Sia crocifisso!”. Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso (Mt 27,22-23.26)
Pilato si trova davanti alle urla dei giudei e al silenzio di Gesù. Pilato che chiede “cosa devo farne di quest’uomo?” capisce che il Signore non ha fatto niente di male ma, come i giudei, si lascia trasportare dalle cose del mondo, molto più facili da capire e rispettare: l’interesse, il tornaconto … “il mio regno non è di questo mondo” dice il Signore, in quelle ore buie, in cui sembrano vincere le forze del male, si prepara la luce più grande, ciò per cui il Signore è venuto: la nostra salvezza. Perché questo accada dobbiamo vivere il momento più buio e doloroso della storia dell’uomo: la flagellazione, cattiveria gratuita portata all’esasperazione, che dà sfogo alla rabbia, alla paura, all’impotenza.
Signore, donaci la forza, il coraggio, di testimoniare il nostro credere in te davanti a tutto il mondo, di diffondere la tua parola e i tuoi insegnamenti, di vivere con cuore aperto, senza lasciarsi strappare nulla della luce che tu ci hai donato.
V stazione
GESÙ È AIUTATO DA SIMONE DI CIRENE
Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la sua croce. (Mt 27,32)
Simone rappresenta tutti noi.
Dio ci chiede di portare la croce attraverso occasioni e situazioni improvvise. La croce diventa un’occasione per incontrare Gesù che attraversa all’improvviso la strada della nostra vita, chiedendo il nostro aiuto e chiamandoci all’impegno per sostenerla.
Ci capitano croci che non comprendiamo e che non abbiamo cercato, ci mettono alla prova. Pensiamo all’attuale pandemia da coronavirus che ci ha colpito duramente e in poco tempo ha cambiato radicalmente la nostra vita, le nostre abitudini, tante persone ci hanno lasciato.
Gesù ci chiede di affrontare tutto con coraggio e con amore, quello stesso amore che lo ha mosso ad offrire la vita per l’umanità.
Signore Gesù facci tuoi “cirenei” perché non passiamo accanto a nessuno con volto indifferente. Donaci il coraggio di Simone che porta la croce e ti segue. Rendici capaci di amare e servire ogni nostro fratello, consapevoli che non ci farai mancare il tuo sostegno perché hai sperimentato la croce prima di noi.
VI stazione
GESU’ E’ ASCIUGATO IN VOLTO DA VERONICA
Di te ha detto il mio cuore: “Cercate il suo volto!”. Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto!
(salmo 27,8-9)
Veronica è il volto della compassione, di quel gesto muto che ha un grande eco: quello di una persona semplice che si dona ad un’altra. Gesù è allo stremo, la salita si fa più dura, il peso della croce si fa sempre più sentire… Nessuno ha pietà di quest’uomo? Una persona umile, una donna, vede la sua sofferenza e con un impulso generoso, compassionevole, sfida la folla e compie un vero gesto d’amore, asciuga il suo volto intriso di sangue e sudore, cerca di consolarlo, di non lasciarlo solo. Non le è concesso nient’altro perché i soldati la allontanano.
Anche nei momenti in cui il male acceca le menti l’amore vince.
Veronica ha ascoltato il suo cuore e si è lasciata condurre al volto del Signore.
(Alice)
VII stazione
GESÙ CADE LA SECONDA VOLTA
Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. (Eb 4,15)
Dopo aver torturato con il flagello il nostro Signore Gesù, senza limiti di colpi, quando ebbero finito, il nostro Signore Gesù, grondava di sangue e di dolore. Quando il nostro Signore Gesù cadde per la seconda volta, vittima innocente di atti crudeli e brutali, si rialzò e non aprì bocca, e volle continuare il suo cammino per essere crocifisso, accettando la sua crocifissione, con amore e per amore. Ti ringrazio con tutto il cuore o mio Signore Gesù.
(Franco)
VIII stazione
GESÙ INCONTRA LE DONNE DI GERUSALEMME
Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: “Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”. Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?”. (Lc 23,27-29.31)
Gesù avanza, già sfinito, lungo la via che lo conduce al Calvario. Nella folla incuriosita, come sempre, delle sventure altrui l’ evangelista Luca ci presenta un gruppo di donne che piangono e fanno gesti di sofferenza e compatimento per Gesù ferito e maltrattato. Gesù risponde con un messaggio forte, per certi versi minaccioso: “più che compatire me, dovreste preoccuparvi di voi stesse e del vostro popolo”, e subito dopo calca la sua affermazione con una serie di frasi cariche di simboli e di colori apocalittici.
Gesù, sei nella più profonda sofferenza corporale, sei offeso e denigrato dagli stessi tuoi fratelli, eppure tu hai la forza di insegnare a noi (quelle donne siamo tutti noi!) di non guardare solo alla sofferenza tua, ma a quella di chi ci è accanto. Anzi, ci fai capire che se soccorriamo chi è nella sofferenza, nel disagio, nel pessimismo, se cerchiamo la forza dentro di noi per accudire chi ha bisogno, ecco, in quel momento soccorriamo anche te nella salita al Calvario, accudiamo anche le tue ferite, raccogliamo il tuo pianto con il nostro.
Oggi come non mai questo insegnamento di Gesù risuoni nei nostri cuori, nelle nostre menti, ma soprattutto nelle azioni vive che giorno dopo giorno siamo chiamati a compiere per aiutare, rispettare, consolare chi tragicamente vive questa esperienza unica di epidemia mondiale.
(Rossella)
X stazione
GESU’ E’ SPOGLIATO DELLE SUE VESTI
I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato -, e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: “Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca”. Così si compiva la Scrittura, che dice: Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte.
(Gv 19,23-24)
Cristo è morto, crocefisso. Come consuetudine i vivi si spartiscono i beni, solitamente sono le persone più vicine al morto ad appropriarsi di questi beni.
La nostra cultura ci conduce ad una vita tutta tesa ad accumulare denari, beni e ricchezze ben al di sopra delle proprie necessità materiali e di vita terrena. Questo ci serve sicuramente per affermare il nostro prestigio, il nostro potere secondo il principio “più posseggo più importante sono”. Ma esiste anche un’altra spinta protesa ad assicurare la sopravvivenza ai propri figli.
I sodati rappresentano il livello culturale e spirituale più basso dell’umanità, sono persone fragili nel loro essere rozzi, dediti ad ubbidire rinunciando al proprio libero arbitrio per un tozzo di pane e compiono il gesto più naturale che accomuna tutti i poveri di questo mondo, indipendentemente dalle loro ricchezze, ossia si spartiscono i beni. I soldati rappresentano l’ignoranza nel senso che ignorano ciò che hanno appena commesso e sono tutti compressi nel loro bisogno di spartirsi le vesti di Gesù: anche dopo morto Gesù ha qualcosa da donare ai poveri di Spirito.
La Tunica rappresenta la Parola, che, come tutte le cose importanti come la vita e l’amore, non possono essere spezzate, lacerate, divise, fatte a brandelli per meschini compromessi o biechi interessi, pena lo smarrimento del senso dell’esistere come esseri umani.
La Vita, l’amore e la fede sono fatti di un solo pezzo, o ci sono o non ci sono, e se ci sono non puoi che viverli fino in fondo altrimenti sono solo stacci.
Questi sono i doni veri che ognuno è in grado di ricevere, sono doni di grazia che ci possono toccare in sorte se solo siamo aperti e disposti ad accoglierli. Certo che sono doni ingombranti ma i soli che possono dare un senso a vivere pienamente questa vita.
La buona notizia è che ognuno di noi può ricevere la propria tunica: Cristo è sulla croce in attesa di Resurrezione.
(Paolo)
XIV stazione
GESU’ E’ SEPOLTO
Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò. Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l’altra Maria (Mt, 27, 59-61.)
Questo passo del Vangelo di Matteo si rivela di estrema attualità in giorni per tutti noi così di dolore, sofferenza e paura. L’episodio della sepoltura di Gesù, infatti,induce a riflettere sul momento dell’estremo saluto di una persona cara. Un rito, quello delle esequie, davvero molto triste, ma che può avereuna dimensione, se possibile, ancora più triste e dolorosa; e ciò accade quando siamo di fronte ad una sua negazione, ad una sua mancata celebrazione.
E’ con questa consapevolezza e con questo stato d’animo che dobbiamo pensare a tutte quelle famiglie che, in queste settimane, hanno perso un loro congiunto e non hanno neppure avuto il parziale conforto di accompagnarlo nel suo ultimo viaggio. Ma pur nella tristezza del presente, pur nella sensazione di essere in mezzo a “fitte tenebre” nel pieno della “tempesta”, per usare le parole di papa Francesco, il credente è chiamato ad un ulteriore sforzo di fede, a nutrire la speranza che la vita trionferà sulla morte, così come vuol dirci quel sepolcro, di fronte al quale stanno Giuseppe di Arimatea, Maria di Magdala e l’altra Maria, che ben presto rimarrà vuoto.
Proprio nell’abbandono del sepolcro da parte di Gesù e nella sua resurrezione è il significato più autentico della Pasqua che è il momento del passaggio, dopo la sofferenza, il dolore e il senso di perdita, dalla morte alla vita.
(Bruno)
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 10 Aprile 2020
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