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Renzi se ne va, ma non c’è neppure un sindaco mugellano (e renziano) che lo segua

Posted On 19 Set 2019
By : Redaz
Comment: 0
Tag: Borgo San Lorenzo, Matteo Renzi, Pd, scissione

MUGELLO – Era piuttosto prevedibile. Lasciare il partito di maggioranza che ininterrottamente amministra la gran parte dei Comuni mugellani, quel partito che ti ha candidato e fatto votare solo pochi mesi fa, sarebbe stata scelta difficile da fare e da spiegare. Così nessuno tra i sindaci mugellani del Pd sceglie di salire sul nuovo autobus di “Italia Viva” e di lasciare il partito di provenienza. Neppure i sindaci “renzianissimi”, come Triberti di Marradi e Passiatore di Dicomano, e nemmeno Ignesti, Omoboni e Mongatti che erano comunque di area renziana.

Così il sindaco Tommaso Triberti si limita a dire: “Sono candidato nella lista del PD per le elezioni della città metropolitana e sabato sera sarò alla festa democratica di Marradi a intervenire e servire pizze come ogni anno. Certamente più triste del solito”. Anche Stefano Passiatore non fa salti di gioia, ma esprime un giudizio netto: “Sono un dirigente del PD ed ho delle responsabilità dei confronti della comunità del PD. Rimango quindi nel PD con la speranza che si confermi un partito riformista e non nostalgico. Che Renzi stesse meditando questa scelta -nota Passiatore- lo si sapeva, certo che i tempi ci colgono impreparati. Se farà un partito che occupa lo spazio che sia il Pd che il centrodestra non riescono a coprire, alleato con il Pd, avrà fatto un’operazione intelligente. Di sicuro vanno scongiurate la modalità che abbiamo già visto all’interno del centrosinistra. Più soggetti che parlano allo stesso elettorato”.

Giampiero Mongatti di Barberino di Mugello esprime rammarico: “Mi dispiace che abbia fatto questa scelta. Le voci erano insistenti da tempo, e io avevo sempre sperato che questa intenzione non si concretizzasse, e che magari la formazione del nuovo governo favorisse un ripensamento in merito alla decisione di andarsene. Evidentemente non è stato così, e mi dispiace. E’ sempre comunque una scissione, e una scissione in un partito non è mai cosa positiva.”

Fa un’analisi della scelta di Renzi il sindaco di Vicchio Filippo Carlà Campa: “Secondo me Renzi ha fatto una mossa molto coraggiosa importante e forse anche, mi si passi il termine, “di utilità” per tutto il centro sinistra. Può fungere da catalizzatore per quel serbatoio di indecisi che stanno in un’ area di assoluta incertezza e che hanno bisogno di un appartenenza che non sia la destra di Salvini e Meloni. Certo è che se questa scelta fosse avvenuta dopo il referendum, oggi avremmo una situazione di un centrosinistra forse non legato in un unico schieramento, ma sicuramente più forte. Credo anche che la lealtà al governo Conte non sia da mettere in dubbio; sono certo in un appoggio dunque totale e costruttivo. Con la nascita di questo nuovo partito Renzi può ripensare di ampliare il consenso per la nuova maggioranza appena formata a livello nazionale perché, come dicevo prima, può effettivamente diventare un attrattore nei confronti di chi sta al centro come i delusi di Forza Italia o altri”. Ma Carlà Campa non sarà della partita: “Personalmente io rimarrò nel Pd, non cambio casacca, sono stato eletto con i voti del mio partito e qui rimarrò. Credo che il PD saprà esprimersi nei prossimi anni con idee innovative per l’Italia e nei rapporti con l’Europa. Spero che, partendo proprio dal livello locale, si possano ricreare le condizioni perchè la politica torni a fare il proprio compito cioè, saper ascoltare per poi decidere con cognizione di causa ed essere in grado di affrontare le criticità che oggi caratterizzano il nostro tempo”.

Anche il sindaco di Palazzuolo Phil Moschetti analizza in modo ampio la scelta di Renzi: “Intanto -dice- sui territori dovrà trovare dei riferimenti e non sarà facile, così come non mancheranno difficoltà iniziali, in una compagine che comprende un gruppo abbastanza eterogenei di parlamentari. Ma l’operazione politicamente ha un senso, in quanto copre un’area di persone che hanno difficoltà a schierarsi con i populisti, ma che non trovano nel Pd il loro naturale riferimento. Del resto l’area politica coperta un tempo dalla vecchia DC o dalla Margherita non ha ancora un effettivo e preciso riferimento. Ciò che ha fatto Renzi non è altro che prendere atto di un errore compiuto anni fa, quello di un partito che ha voluto prescindere dalle proprie vocazioni naturali. E penso che ora la fuoriuscita di Renzi consentirà a Zingaretti di esprimere in modo piu completo la sua vocazione di sinistra moderata, cosa che permettera forse per la prima volta di orientare il Pd in maniera decisa verso le politiche del Partito Socialista europeo”.

Federico Ignesti è “renziano”, ma stavolta non condivide l’addio: “Premesso che ognuno fa le scelte che ritiene più opportune -dice il sindaco di Scarperia e San Piero-, credo che Renzi dovesse restare all’interno del PD: nei partiti, anche a me è capitato, si resta anche in posizioni di minoranza. E io tuttora lo sono. Semmai forse questa mossa se ce ne fossero state le condizioni Renzi doveva farla immediatamente dopo le Europee 2014, dopo aver conquistato il 40%, e così da segretario del Pd e premier avrebbe davvero cambiato la storia di questi 5 anni… Capisco che in molti, soprattutto ai massimi livelli istituzionali dello Stato lo abbiano frenato. Certo adesso, anche per la nuova esperienza governativa appena avviata, non mi sembrava il caso di dividersi”. Ignesti nota però che di qualche svolta politica c’è effettivamente bisogno: “Non sono affatto contento dell’attuale scenario politico, e questa estate, sul piano politico, è stata terribile, e spero davvero che l’autunno sarà diverso”. Ma non è convinto della mossa di Renzi: “Neppure il nome scelto mi piace, il termine Italia è già stato molto utilizzato, e poi restringe il campo, quando dovremmo guardare invece all’Europa. Certo Renzi ha grandi capacità politiche, ha un approccio differente. E da tempo c’è bisogno di dare una svolta. Ma farlo adesso mi è parso inappropriato.”. Il sindaco di Scarperia e San Piero nota un’altra cosa interessante: “Adesso Zingaretti ha un’occasione vera, quella di dimostrare di saper mantenere una direzione riformista. Se si tornasse al PDS sarebbe inaccettabile. E adesso sento troppe lacrime di coccodrillo: riconosciamolo Renzi nel PD è stato fortemente osteggiato. A questo punto, con la sua uscita, non ci sono più alibi, e il partito si riorganizzi per mantenere e rafforzare la sua visione riformista. Del resto chi è rimasto lo ha fatto proprio per portare avanti quei valori riformisti e di giustizia sociale, con una visione innovativa di questi valori che sono stati fondanti delle socialdemocrazia europea. Ma raccontarli nello stesso modo di venti anni fa non ha più senso soprattutto in una società molto trasformata e volatile nel pensiero come quella di oggi..”.
E Ignesti dice un’ultima cosa: “Comunque sia, a ottobre, io alla Leopolda, a sentir Renzi, ci andrò lo stesso, come ho fatto in passato”.

Infine Paolo Omoboni, sindaco di Borgo San Lorenzo, anche lui di area renziana, anche lui dissenziente riguardo all’operazione. Pur ponendo qualche interrogativo sugli approdi futuri del Pd: “Ognuno in politica è responsabile delle proprie scelte. Rispetto la decisione, per certi versi coraggiosa, di costruire un nuovo partito e confido nel fatto che possa avere un rapporto positivo con il Partito Democratico, con le giuste forme di collaborazione per il futuro. Mi permetto di non comprendere fino in fondo le tempistiche di questa operazione, visti gli importanti appuntamenti elettorali come le elezioni regionali in Toscana, su cui questa vicenda rischia di indebolirci”.

Ma Omoboni aggiunge: “Resta il tema della prospettiva del PD, perno essenziale del centro sinistra: quale impostazione il partito vuole darsi per le nuove sfide? Quali temi mette sul piatto per i prossimi anni? Non credo basti far rientrare D’Alema per rilanciare una proposta che è apparsa in questi anni lontana dai bisogni delle persone”.

© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 19 settembre 2019

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