“Accademici mugellani” – Intervista a Giuseppe Marrani, direttore Dipartimento Studi Umanistici Università per Stranieri di Siena
MUGELLO – Il Mugello ha ben quattro direttori di dipartimento universitari, i professori Giuseppe Marrani di Scarperia e San Piero, Marco Bontempi di Vicchio, Luigi Barletti di Borgo San Lorenzo e David Caramelli di Dicomano. Abbiamo rivolto loro alcune domande sulla situazione dell’Università. Ecco cosa ci ha risposto il prof. Giuseppe Marrani, Direttore del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università per Stranieri di Siena, ordinario di Filologia della Letteratura italiana.
Quali sono le principali opportunità e le principali difficoltà nella direzione oggi di un Dipartimento universitario in Italia?
Il sottofinanziamento dell’Università italiana e la precarizzazione delle fasce giovani e più dinamiche del personale amministrativo, docente e ricercatore costituiscono le principali difficoltà per un Dipartimento che aspiri a progredire nella ricerca e ad essere virtuoso con continuità nella didattica che offre ai propri studenti. Esistono in effetti possibilità di ottenere dallo Stato premialità sul finanziamento ma, se non si sta a guardare il proprio pezzettino di cielo, ci si accorge che molte risorse vengono così concentrate in pochi Dipartimenti, a danno del sistema universitario nel suo complesso, che ne risulta diviso e impoverito. Questa constatazione niente toglie al merito di chi beneficia di tali premialità (e anche il mio Dipartimento ne ha ottenute di prestigiose nel recente passato), ma non si può non essere preoccupati per le sorti di un sistema che viene gestito con contenimento delle spese, precarizzazioni e benefit per pochi. Si aggiunga a quanto detto l’introduzione di franche logiche aziendalistiche nella gestione amministrativa dei Dipartimenti: una tendenza soffocante che sovraccarica di oneri burocratici i docenti e rischia di snaturare la missione di servizio delle istituzioni pubbliche. Per quanto comunque sia critico il quadro, resta appassionante organizzare da Direttore corsi di laurea (cinque nel caso del mio Dipartimento) e contribuire così all’istruzione, alla cultura e alla futura professionalità di tanti giovani, italiani e stranieri. Ed è ugualmente fonte di grande soddisfazione liberare risorse perché le ricerche scientifiche dei colleghi abbiano mezzi per progredire. E questo non solo in casi formidabili come la scoperta recentissima di reperti etrusco-romani di eccezionale importanza presso gli scavi di San Casciano dei Bagni, diretti dal mio collega prof. Jacopo Tabolli; ma anche in tutti quei casi in cui il ruolo del Dipartimento riesce a rendersi centrale rispetto al progredire delle conoscenze e alla loro divulgazione. Bene coltivare le eccellenze (altro ormai logoro mito aziendalista), purché si ricordi che la vera qualità della didattica e della ricerca sta nel valore complessivo e diffuso che un Dipartimento sa esprimere.
I vostri Dipartimenti sono coinvolti dai finanziamenti del PNRR? Riscontrate criticità nel gestirli?
Sì. Il Dipartimento che dirigo è coinvolto in un importante progetto PNRR, denominato Tuscany Health Ecosystem, che coinvolge le Università toscane e altri soggetti pubblici e privati attivi nel settore delle scienze della vita. È un progetto che non si basa sulle scienze umanistiche. Siamo riusciti però a ricavarci un ruolo entro il progetto in forza delle nostre competenze nel campo della mediazione linguistica e culturale applicata alla medicina. L’idea è quella di accompagnare i progressi nelle scienze mediche nella loro applicazione a pazienti di una società multietnica e multiculturale come quella odierna e futura. È per noi un’opportunità molto importante. Le criticità che emergono sono legate per lo più al fatto che i finanziamenti PNRR arrivano a tranche secondo modalità che costringono spesso i Dipartimenti ad anticipare parte delle spese. E anche spiace che tutto sommato ai saperi umanistici sia stata destinata, nel complesso, una porzione minoritaria dei finanziamenti complessivi per la ricerca. Soprattutto appare poco lungimirante che i programmi PNRR per la ricerca vincolino l’erogazione dei fondi a un’idea di innovazione che risulta prevalentemente legata allo sviluppo tecnologico: per quanto questo sia importante, non è saggio che costituisca l’unica chiave con cui concepiamo il progresso e il futuro.
Vista rispettivamente da Firenze e da Siena, come appare l’offerta universitaria toscana nel suo complesso?
Si tratta di un’offerta molto variegata e di alto livello. Le sette Università pubbliche della Toscana offrono molto agli aspiranti futuri studenti, da qualunque parte dell’Italia o del mondo essi vengano. Ai tre grandi Atenei generalisti di Firenze, Siena e Pisa si affiancano infatti istituti a ordinamento speciale come la Stranieri di Siena e la Scuola di Alti studi IMT di Lucca, e anche le Scuole superiori pisane, cioè la Normale e il Sant’Anna. Vasta e estremamente specializzata è dunque l’offerta di percorsi universitari e di percorsi post lauream e numerosi i campi in cui si svolgono le attività di ricerca. Lo vediamo bene da vari anni, a fine settembre, quando, in occasione della Notte dei Ricercatori, tutte queste realtà universitarie toscane portano i propri studiosi nelle piazze, nelle strade e nei palazzi pubblici per incontrare la cittadinanza e spiegare il proprio lavoro e l’importanza degli studi e della scienza. A Siena l’interazione fra l’Università degli Studi, più grande e più antica, e la più piccola e giovanissima Università per Stranieri, direi che è al momento piuttosto buona. La collaborazione fra i due Atenei in alcune attività istituzionali e nel campo delle scienze umanistiche consente di arricchire l’interesse degli studenti e degli studiosi per la città e di potenziare anche i servizi culturali per tutta la cittadinanza. È virtuosa spesso anche l’interazione col sistema scolastico locale. La collaborazione premia assai più della competizione.
Quali sono le aspettative che le studentesse e gli studenti dimostrano quando si iscrivono ai corsi di laurea dei vostri Dipartimenti? Se oggi si accede a percorsi formativi universitari a cosa veramente si viene preparati?
L’Università per stranieri di Siena, e di conseguenza l’unico suo Dipartimento, ha al centro della sua attenzione l’insegnamento e la diffusione della lingua e della cultura italiana nel mondo e l’insegnamento delle lingue e delle culture straniere, con specifico interesse per tutti i fenomeni di contatto, contaminazione, comunicazione e ibridazione fra culture e lingue diverse. Gli studenti che si iscrivono ai nostri corsi di laurea si aspettano quindi di lavorare in contesti internazionali o comunque in ambiti lavorativi che li mettano a contatto con persone di più lingue e culture diverse, e questo sia che si immaginino futuri insegnanti, docenti di italiano all’estero o traduttori, mediatori, operatori nel turismo o nel campo dei beni e servizi culturali, o nel mercato internazionale dell’editoria o di altre aziende. Queste sono le aspettative a cui cerchiamo di andare incontro. Credo inoltre che ci sia consapevolezza diffusa che per muoversi lavorativamente in scenari internazionali complessi non basti più la semplice conoscenza delle lingue ma servano anche conoscenze sufficientemente ampie della storia e della cultura dei paesi con cui ci si relaziona. Più in generale, l’Università di oggi è più attenta agli sbocchi lavorativi degli studenti e prepara anche la transizione verso il mondo del lavoro. Questa giusta e maggiore attenzione al futuro impiego va però tenuta insieme alla preoccupazione e alla cura di dare ai giovani anche un’adeguata formazione culturale, che sia decisiva per la loro crescita come persone e che li aiuti a sviluppare autonomia di giudizio e senso critico. La formazione in Italia non può ridursi al soddisfacimento delle esigenze del mercato del lavoro.
Esperienze internazionali di studio (es. Erasmus o lauree a doppio titolo) sono ricercate dagli studenti che incontrate? E come vengono gestite adesso fra pandemia e crisi internazionale fra Russia e Ucraina?
Per l’indirizzo di studi del mio Dipartimento le esperienze internazionali sono decisive. Non solo dunque periodi di studio all’estero con i collaudati programmi Erasmus ma anche tirocini internazionali e lauree a doppio titolo, valide cioè in Italia e in alcuni paesi esteri, sia europei che extraeuropei: il corso di studio in questi casi si svolge in parte presso l’Università di provenienza e in parte presso l’Ateneo partner all’estero. La pandemia ha sferrato un duro colpo a queste attività così importanti. Durante i confinamenti e le interruzioni dei viaggi internazionali abbiamo supplito con i collegamenti a distanza, e solo da un anno circa abbiamo potuto gradualmente ripristinare i nostri percorsi di studio e scambio di studenti con l’estero. Li stiamo pazientemente ricostituendo e già notiamo decisi miglioramenti. Aiuta anche molto aver riportato in presenza tutte le lezioni: rivediamo vivere negli spazi comuni quella comunità universitaria multiculturale a cui da sempre teniamo molto. Naturalmente il conflitto che si è aperto dopo l’aggressione della Russia in Ucraina ha aggiunto ulteriori elementi di forte crisi, nonostante ci stiamo sforzando di non interrompere i progetti comuni che avevamo proprio con gli Atenei russi. In questo caso non stiamo però solo cercando di preservare le opportunità di studio per i nostri studenti ma anche di mantenere vivo, pur nel nostro piccolo, il dialogo. Stiamo per questo ospitando cinque docenti provenienti da Russia e Ucraina, offrendo loro rifugio dai pericoli e dalle criticità della guerra. Allo stesso tempo grazie alla loro presenza abbiamo rafforzato i nostri corsi di lingua, introducendo la lingua ucraina, e potenziato anche la varietà dei nostri corsi e seminari su lingua e cultura russa. Tentiamo di coltivare la conoscenza reciproca: che le scelte criminali dei governanti non portino alla criminalizzazione di popoli interi e al rifiuto ingiustificato della cultura e della tradizione che essi esprimono.
Qual è lo stato in Toscana dei servizi agli studenti? Per chi vive in zone di provincia metropolitana, come il Mugello, quanto è difficile affrontare la vita da studente pendolare o sostenere i costi di un trasferimento?
Non ottimale, per lo meno a Siena. L’offerta pubblica di alloggi, servizi mensa e borse di studio è al momento inferiore alle necessità effettive degli studenti. La mia Università tiene il più possibile basse le tasse universitarie e introduce tutte le facilitazioni che può, ma per garantire il diritto allo studio soprattutto per gli studenti fuori sede c’è molto ancora da fare. Per famiglie a basso reddito e anche per studenti che provengano da zone di provincia, lontane dagli Atenei e spesso mal servite dai trasporti gli ostacoli alla prosecuzione degli studi sono ancora troppi, e troppi gli studenti che non riescono a far fronte ai costi elevati degli affitti in città. Il censo delle famiglie conta ancora troppo nell’accesso all’istruzione terziaria.
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 26 marzo 2023
Il professore Giuseppe Marrani è il preside che è stato anche a San Piero? Complimenti a questi docenti del Mugello!!