Cavallico, luogo dell’infinito e dell’amicizia nella fede
SCARPERIA E SAN PIERO – Cavallico non è una “casa per ferie”. E neppure un luogo dove si fanno soggiorni e campi-scuola. E’ molto di più. E lo ha dimostrato anche la giornata di festa che si è tenuta domenica 13 agosto, in occasione dei cinquanta anni dall’inizio delle attività in questo casolare, acquistato quando era un rudere disabitato dall’allora pievano di Borgo San Lorenzo Don Rodolfo Cinelli.
Un bellissimo clima di condivisione e di amicizia, per oltre 300 persone che hanno trascorso una giornata insieme, in molti casi riabbracciandosi dopo molti anni (QUI tante foto della giornata).
La giornata ha avuto un programma semplice ma molto intenso. Prima un incontro durante il quale si sono condivisi ricordi, pensieri, progetti, unendo il passato con il presente e il futuro. Poi un pranzo davvero ben fatto e che è piaciuto a tutti, consumato sotto l’ombra degli alberi del piazzale davanti a casa, poi chiacchiere, canti, una partita di calcio – per chi era in grado -, e alle 18 la Santa Messa con il Card. Betori.
Partiamo da qui. In questi cinquanta anni è stato costante il legame e la presenza dei Vescovi fiorentini, da mons. Bianchi, Vescovo ausiliare, al card. Florit, dal card. Benelli ai card. Piovanelli e Antonelli. E domenica è arrivato anche il Card. Giuseppe Betori, visibilmente contento del luogo e dell’accoglienza. Circondato da sacerdoti che hanno condiviso l’esperienza di Cavallico: dallo stesso don Marchetti, che frequentò Cavallico quando era giovane cappellano a Borgo San Lorenzo, e poi don Domenico Naldoni, che fu alle origini di Cavallico fin dal 1973-74, don Leonardo De Angelis, don Vittorio Menestrina, don Francesco Chilleri e don Leonardo Tarchi, borghigiano, che ha trascorso a Cavallico molti anni della sua giovinezza prima di diventare prete. Senza dimenticare don Francesco Alpi, attuale viceparroco borghigiano, e che segue in particolare la pastorale giovanile e quindi anche Cavallico. E non poteva mancare don Antonio Lari, anche lui per diversi anni prete di riferimento per tanti giovani borghigiani.
La Messa è stato il momento finale di ringraziamento, ma la parola “grazie”, il senso di gratitudine, è emerso forte già dal mattino, durante l’incontro. Gratitudine, ma anche commozione.
Così si è ricordato don Rodolfo Cinelli, fondatore dell’esperienza di Cavallico, e si è anche ringraziato con un lungo applauso grato Graziella Tagliaferri, fin dagli inizi presente a Cavallico, in cucina e non solo. E così anche il “cinquantesimo” della Lella a Cavallico è stato festeggiato.
Molti sono stati gli interventi. Ha iniziato don Luciano, che ha parlato di Cavallico come luogo della cura e della custodia del creato, dell’anima e delle relazioni. “Non appena il motore dell’auto che mi ha portato qui si spenge e attraverso il cancello – ha detto -, sento allargarsi attorno a me il silenzio, anche più ampio e più profondo del luogo qui attorno. Laggiù le case, le auto, i paesi, il rumore, qui il silenzio, e quanto denso. Tutti quanti dobbiamo ammettere che se amiamo Cavallico è perché qui ciascuno di noi è stato sfiorato da Dio.” E ha aggiunto: “Cavallico ci regala la possibilità di riconquistare e dilatare lo spazio per l’incontro, per l’ascolto, la possibilità di ritrovarsi comunicando, la possibilità di essere più spontanei, più disponibili, più teneri … e la tenerezza è il linguaggio segreto dell’anima, ciò di cui abbiamo infinitamente bisogno. Cavallico ha favorito relazioni tra le persone in uno stile fraterno. Insomma, Cavallico è un luogo dell’Infinito”.
E le parole del pievano sono state confermate dai tanti interventi che sono seguiti. Il Gibe, alias Giampiero Giampieri, ha sottolineato lo spirito d’avventura da cui tutto ebbe inizio, e l’impegno a fare comunità. Una comunità capace di mettere insieme generazioni diverse. Un altro ingrediente, che il Gibe ha sottolineato, del primo Cavallico, era “la passione. L’augurio che oggi si possa rivivere il nostro stare insieme il nostro cristianesimo, sempre con passione, ovvero che la gente veda che siamo gente che magari litiga e ha idee diverse ma sono persone legate da una grande comune passione, la passione per Dio e per l’uomo”.
Poi Antonietta Parigi, che ha ricordato come “Don Rodolfo non ha fatto tanta teologia ma ha cercato di insegnarci ad amare l’altro come Gesù”, e Gabriella Vallini, che ha ricordato tre frasi care a don Cinelli: “Non bisogna mai avere paura di chi ci ama”, “Quando il Signore ti fa nascere l’amore dentro di te, si aspetta che tu dia qualcosa di più”, e infine “Abbiamo Dio per padre, non dobbiamo aver paura di sedere sulle sue ginocchia”. E ha aggiunto come l’esperienza di Cavallico abbia creato in lei una “stanza spirituale” importante, dalla quale attingere quando è necessario.
Anche Emilio Sbarzagli “Nanni” ha parlato della figura del vecchio pievano, legandola a Cavallico: “Ricordo che ci ha sempre dato molta fiducia, ci ha sempre responsabilizzato, delegando tutto, e noi ragazzi giovani eravamo investiti da questo impegno, da questa responsabilità, da questa fiducia. Ti sentivi preso da un impegno che dovevi portare a termine. E se sbagliavi non ha mai rimproverato, ma ti faceva capire l’errore e ti invitava a ripartire e a rialzarsi. Grazie don Rodolfo, ci hai fatto diventare uomini e donne a servizio della comunità.”
Non pochi interventi sono stati commoventi e commossi. Come quelli di Ilaria Crescioli, di Francesco Tarchi, di Maria Rosa Santelli: “Quando si sono presentate difficoltà grosse nella mia vita – ha detto Maria Rosa – e ho avuto paura di affogare, ho cercato nel profondo del “cassetto Cavallico”, mi son ricordato cosa ci eravao detti, che eravamo qui per far crescere la nostra fede, e questo mi ha aiutato molto. Sono riconoscente per questo bagaglio che mi è stato dato e che mi son portata dietro. Sì, quegli anni mi son serviti: Cavallico è stato il mio caricabatteria quando la mia barchetta stava affondando.” E Ilaria ha ricordato vari episodi, ricordando anche “le tante persone che ci hanno accompagnato: qui non era uno stare tanto per stare, ma tutto aveva un senso, e tante persone sono state un faro per noi, e le ringrazio”.
Un ricordo affettuoso di Don Cinelli ha voluto tributarlo anche Luigi Paoli: “Era un uomo innamorato del Signore, e questo amore ce l’ha trasmesso. Cavallico è soprattuto questo: cercare il Signore e cercarlo nelle persone che ci stanno attorno. I rapporti nati qui a Cavallico si sono protratti nella vita e le persone alle quali sono più legato sono persone che hanno fatto l’esperienza di Cavallico, più o meno consapevolemente nella ricerca del Signore.” E Massimo Biagioni ha raccontato e commentato, con diversi particolari, quella speciale esperienza degli inizi di Cavallico, caratterizzata “da tante idee diverse ma anche da una consonanza di fondo”. Mentre Stefano Tagliaferri si è dichiarato “commosso fino all’osso”, e commosso lo era davvero, definendo Cavallico un luogo di permanenza e di presenza; e sono intervenuti, con un messaggio di gratitudine, anche Damiano Cocchi e Lorenzo Abbarchi.
Don Francesco Alpi ha aperto la pagina dell’oggi: “Cavallico è vivo, non è un forziere chiuso a chiave ma un tesoro che si arricchisce di anno in anno. Voglio solo ringraziare i tanti giovani della nostra comunità che sono qui a servire e si sono messi a disposizione, appena tornati da Lisbona. Là il Papa, tra le tante cose, ci ha invitati ad essere custodi delle nostre radici ed anche di essere radici di gioia per gli altri. I nostri ragazzi questa cosa la sentono, sentono Cavallico come luogo di radici, un luogo dove hanno fatto incontri speciali, con il Signore e con gli altri, e c’è tanta voglia di continuare questa storia”. E Sofia Paoli, Anna Bruschi e Anna Pieri hanno raccontato le attività dei campi scuola, come proposta educativa rivolti a ragazzi e ragazze dagli 11 ai 14 anni, e il loro rapporto con Cavallico. Mentre Giosuè Barletti, 14 anni ha parlato del proprio impegno futuro, come animatore qui a Cavallico: “mi sento investito di una responsabilità non indifferente”.
Poi ha preso la parola Romano Guidotti, una vita in parrocchia, 89 anni: “Voglio solo ricordare che Cavallico non ha avuto soltanto tanti giovani; ma ci sono stati anche i ‘vecchi’ come noi, Pietrino Chiocci, Severino Maiani, Giulio Paoli, Luigi Tagliaferri e tanti altri, un bel gruppo che la domenica veniva a ripulire Cavallico, a sistemarlo quando era un rudere e non era certo come lo è adesso. Vi prego, non dimenticate neppure queste persone, che oggi vi consentono di essere qui”.
Discorso che ha introdotto bene l’intervento successivo, di Giovanni Innocenti che con la moglie Michela si occupa della gestione di Cavallico e della sua manutenzione: “Ha detto bene don Francesco, Cavallico è vivo. Ci sono stati due anni di stop con il Covid, e quindi anche la manutenzione era meno necessaria. Ora però è ripartito tutto, i mesi estivi sono pieni, e di conseguenza anche la manutenzione della casa va curata. E vorrei dire una cosa – ha aggiunto Innocenti – : noi non siamo gelosi di Cavallico, più gente viene e più siamo contenti. Vedere oggi qua 300 persone dà molta soddisfazione e ricordo che questo non è un club, un posto chiuso: chi si sente di venire a dare una mano, a suggerire come fare qualcosa, chi ha voglia di partecipare a mantenere la struttura è bene accetto.”
Una struttura che si vorrebbe utilizzare di più, anche nel periodo invernale. Così l’ultimo intervento è stato di Riccardo Santi, che ha illustrato un progetto prossimo ad essere avviato, quello di riscaldare Cavallico d’inverno.
Cavallico se lo merita, visto che è cinquant’anni che riscalda i cuori…
Foto di Giampiero Giampieri, Marta Magherini e Paolo Guidotti
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 15 agosto 2023
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