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C’è agricoltura e agricoltura…
MUGELLO – L’altro volto di questo periodo di grande cambiamento indotto dall’emergenza Covid, somiglia ad una rivendicazione del “fatto in casa”. Abbiamo riscoperto l’importanza di sostenere le produzioni intorno a noi perché si sono rivelate le uniche ad essere in grado di darci delle risposte concrete e all’avanguardia, anche nei momenti peggiori.
Produzioni e professionalità che ci hanno fatto diventare uno dei paesi più ricchi e solidi al mondo. Almeno fino a qualche decennio fa, fino a quando queste professionalità e queste produzioni non sono state discriminate e penalizzate dalla loro incapacità di essere competitive, o almeno così si dice.
La verità però non è questa. Se ci soffermiamo ad osservare la situazione, sarà facile comprendere che le nostre aziende non hanno assolutamente perso la competitività, bensì si sono fatte carico del nostro benessere e della nostra occupazione, resistendo di fronte alla sleale concorrenza di Paesi dove spesso non vi è traccia né di diritti umani né di rispetto e tutela ambientale. Ma di tutto questo fino ad oggi i mercati se ne sono altamente fregati e sapete perché? Perché i mercati li decidiamo noi, con le nostre scelte.
L’agricoltura, categoria produttiva che rappresento, oggi è divenuta l’emblema di questa situazione.
Da un lato vi sono il fallimento dei sistemi intensivi e la corresponsabilità del problema sanitario.
Dall’altro la responsabilità e l’onore di dover difendere sistemi produttivi sostenibili, per garantire la salute nostra, dei nostri figli e del nostro pianeta.
La scienza dice che l’agricoltura è uno dei comparti che stanno incidendo di più nello sconvolgimento climatico.
Ci spiega che stiamo deforestando a ritmi non sostenibili, consumando risorse che la terra non è in grado di rinnovare, inquinando falde e immettendo in aria quantità di CO2 enormi. Ma la scienza nel descrivere i risultati dell’impatto ambientale, non scinde l’agricoltura intensiva attuata in aree del pianeta dove non vi sono regole, dall’agricoltura sostenibile regolamentata, tipica del nostro Paese.
Due modi di produrre appartenenti al medesimo comparto, ma totalmente differenti.
Il primo distruttivo per l’ambiente, per la salute dell’uomo e degli animali; il secondo essenziale per la salute dell’uomo per la manutenzione e la cura dell’ambiente, rispettoso degli animali allevati.
Condizioni e costi produttivi totalmente differenti che il mercato mette in concorrenza non curandosi delle conseguenze devastanti.
Questo comportamento del mercato infatti crea confusione nei consumatori, che spesso non comprendono la natura delle differenze tra i due sistemi produttivi, e sono talvolta indotti ad accusare di speculazione quelle filiere, che sono il riferimento reale del costo di produrre sostenibile.
Per non parlare del rispetto delle condizioni dei lavoratori. Chi si scandalizza del ricorso di manodopera proveniente da paesi extracomunitari, è forse la stessa persona che fa scelte di mercato indotte dal prezzo, senza domandarsi il perché esista un prezzo così diverso?
La verità è che la mano d’opera costa troppo per poter resistere alla concorrenza che viene da altri Paesi. Se le nostre aziende vogliono stare sul mercato devono trovare alternative alla manodopera Italiana.
Molti giovani sarebbero entusiasti nel mettersi in gioco, anche accontentandosi di salari minimi. Ma il minimo per noi è sempre troppo elevato per competere con il sistematico sfruttamento che viene messo in pratica dove purtroppo non esistono diritti.
Quindi?
Quindi se quando compriamo, scegliamo quali prodotti acquistare, e lo facciamo pensando alle conseguenze di quello che significa scegliere made in italy e la filiera piuttosto che guardare solo il prezzo, allora potremmo garantire il rispetto per l’ambiente, la salute e i diritti umani e magari vedere (come oggi sta accadendo a causa della chiusura delle frontiere per emergenza Covid-19) i nostri campi riempirsi di concittadini che trovano occupazione in agricoltura. Potremmo dire basta ai tristi episodi di sfruttamento di cui abbiamo sentito parlare. Potremmo dire basta al cibo spazzatura e alla distruzione del nostro pianeta.
Fondamentale quindi l’informazione e le scelte effettuate dalla Grande Distribuzione, la quale traendo il maggior vantaggio da questo sistema, dovrebbe investire concretamente sostenendo le filiere, spiegando al consumatore il valore vero di ciò che stanno acquistando e le reali conseguenze delle scelte che si ripercuotono sulla propria salute, su quella dell’ambiente e su quella dell’economia territoriale.
Infine i governi dovrebbero tener conto di questi aspetti, dal più alto livello al più microscopico e capillare, ovvero al livello dei nostri comuni.
Salvaguardare la vita è dovere di ognuno di noi.
Giacomo Tatti
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 23 Maggio 2020
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