Chiude il commercio, chiude la vita dei paesi
di Massimo Biagioni
BORGO SAN LORENZO – Ancora non ci abbiamo fatto l’occhio, ma quel vuoto così visibile sul Viale Kennedy ci cattura lo sguardo, e senza pensarci su, ti trovi a scrutare più a destra e a sinistra per individuare l’edicola che, paziente, carezzava silenziosa il viavai di auto, parecchie, e passanti, pochi e quasi tutti con il cane.
L’Edicola Ferrini ha abbandonato il campo, con grande tristezza di tutti noi, da Giovanni Mei, che l’aveva tirata su fino al Topo, il quale aveva animato teatrini e scenette gustose: un riferimento importante per tanta gente che oltre al giornale acquistava simpatia, il commento sulla Fiorentina, la notizia del figlio laureato, la rivista esaurita, i tagliandi, i libri sul Teen Club (solo lì oltre duecento, scusate se è poco) e le battute di Nando che ha dovuto alzare le mani.
E l’esperienza ha avuto termine repentinamente, senza poter passare la mano a un successore: una edicola è difficile da gestire, la carta stampata è in crisi, lì poi è ancora tutto più critico per una ciclabile, dalla quale non passa nessuno da mesi e mesi, che ha precluso la possibilità di fermarsi, incoraggiando gli acquirenti a tirare di lungo per andare dove la fermata si può ancora fare.
Il fenomeno è diffuso, ampio e articolato ed è una variante di una trasformazione delle città e dei paesi. Già a Firenze le edicole hanno pagato un tributo pesante, con chiusure o trasformazione in rivendite di gadget e in altre merceologie; parallelamente si espande il mangificio, una città piegata al turismo che non compra giornali o giocattoli o mutande o articoli di ferramenta, ma capi firmati e cibo. Fino a che il fenomeno sarà sostenuto da milioni di pernottamenti l’assetto è destinato perfino ad aumentare.
Qualche segno di crisi anche in Mugello lo vediamo da anni, con i centri storici deserti e non più attrattivi, dove i fondi sfitti segnalano un malessere preoccupante. Non sono da escludere richieste esose di affitti, ma non credo sia la causa maggiore. La rete commerciale è stata massacrata ed esposta a una parcellizzazione che ha trasformato l’assetto raggiunto. Borgo San Lorenzo in primo luogo, che era il centro commerciale per eccellenza dell’intera vallata. Noi non possiamo contare su milioni di turisti all’anno e la desertificazione del paese deve, deve, essere scongiurata pena una serie di contraddizioni importanti su cui ci siamo soffermati altre volte: impoverimento imprese, riduzione servizi forniti, penalizzazione residenti giovani e anziani, minor gettito e altro.
A partire dai negozi, che senza consumatori sarebbero destinati a chiudere e i flussi potrebbero dirigersi ancora di più nella periferia in un intasamento perenne di auto in coda ai semafori. La concorrenza e la presenza di una offerta articolata fa bene al commercio, attira gente e rilancia i consumi, chi pensasse a un beneficio nel caso di cessazione di un concorrente, sarebbe miope e sciocco. L’esperienza dice il contrario, dai Gigli in giù, come proprio il centro di Borgo San Lorenzo dimostra, con la crescita di chiusure in aumento negli ultimi anni, non bilanciate certo dall’espansione della ristorazione, che risponde a un cambiamento dei comportamenti sociali presente ormai ovunque.
Rilanciare il centro è dura; gli spazi di manovra sono scarsi, il Comune non ha potere, bisognava aver fatto una politica diversa già da molti anni riducendo i metri quadrati previsti, ma è inutile recriminare, se non garantire piccoli interventi di sostegno a chi apre; anche le associazioni e il volontariato possono inventarsi eventi e iniziative ma devono trovare più convinzione.
Certo che la carenza di un importante negozio di vicinato si sente, un elemento che possa fare da base su cui poggiare il rilancio del centro. Non a caso ci sono state polemiche e proteste per la trasformazione della “San Lorenzo”, che è stata per anni un punto di eccellenza. I seniores si ricorderanno che la bottega di pesce surgelato del Barletti dovette chiudere non per concorrenza ma perché la zona non era più frequentata. Certo se si continua a portare fuori tutti i servizi – anche la Biblioteca comunale andrà via? – la sorte del paese è segnata. Potrebbe non essere perduta la partita ma i soggetti interessati pubblici e privati, dovrebbero ritrovarsi in conclave e uscire con una fumata bianca: una strategia coordinata e condivisa per rimettere in piedi questo bene prezioso che è la vita dei nostri centri urbani.
Massimo Biagioni
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 2 marzo 2023
Queste argomentazioni mi ricordano molto i discorsi che sento fare da anni da mio cognato.E proprio lui mi ha detto cento volte che il Barletti chiuse il suo negozio perché alla Coop avevano aperto il banco del pesce. Così. Praticamente per ripicca.
Poi vorrei dire che tutti i ragionamenti sullo spopolamento dei negozi di prossimità, come si usa dire, a causa di Gigli, Outlet ed e-commerce sono tutti veri. Però mi permetto di dire che i commercianti non dovrebbero continuare a pensare che la gente, come negli anni sessanta, quando cerca un articolo non si muove da Borgo e che quindi è disposta a farsi strangolare per tenere in vita il tessuto commerciale del paese.
Perché se, come è capitato a me, in un negozio borghigiano paghi un tubo al neon OTTO volte 8 il prezzo a cui era in vendita online, allora si può anche capire che sul negozio borghigiano ci metti un doppio crocione.
E da ultimo vorrei suggerire di non confondere il dispiacere per il centro commerciale naturale che si svuota con la nostalgia per il tempo che fu.
Sono due cose diverse.
Il mondo cambia, e quindi cambia anche il commercio.