Diacci addio. Intervista all’ex-gestore del rifugio, Francesco Ricci
MUGELLO – Ha investito molto, la Regione Toscana – per il tramite della Comunità Montana Mugello prima, e dell’Unione dei Comuni poi – su alcune strutture rurali demaniali, nell’area Giogo Casaglia, nel cuore dei boschi dell’Appennino. Edifici sperduti, altrimenti destinati a diventare ruderi, in luoghi ambientalmente bellissimi, I Diacci, Valdiccioli, Cannova, La Serra.
Dopo una prima esperienza di gestione non andata buon fine, l’ente mugellano aveva affidato le strutture, dieci anni fa, alla cooperativa Ischetus, nella persona di Francesco Ricci. E ora, dopo l’epilogo negativo del mancato rinnovo del contratto (articolo qui) , lo abbiamo intervistato, interrompendo per un attimo il suo lavoro di inventariazione, proprio nel rifugio dei Diacci.
Cominciamo con un po’ di storia.
C’era stato un grosso investimento da parte dell’ente pubblico, ma i precedenti gestori avevano rinunciato e c’era un momento di difficoltà. La nostra cooperativa, che era nata per la valorizzazione del territorio e che già aveva dimostrato serietà e professionalità nella gestione di alcuni musei della zona, quello di Rufina, il museo della pietra serena a Firenzuola, il museo di Moscheta, fu incoraggiata dall’Unione dei Comuni a subentrare, in accordo col vecchio gestione. E così siamo arrivati quassù. Non era un’impresa facile, gestire rifugi in luoghi come questi, ci arrivi solo a piedi, mezz’ora di cammino, il cellulare non prende, l’acqua potabile scarseggia…Ma ce l’abbiamo messa tutta, e ci abbiamo messo del nostro, la nostra sensibilità, le nostre relazioni, la nostra capacità di fare rete, abbiamo gestito questo posto come fosse casa nostra, con molta passione, amore e tanto sacrificio, e senza guardare troppo ai bilanci.
I risultati non sono mancati…
Negli ultimi tempi, nelle domeniche di tempo buono, 50 persone a tavola non mancavano mai, e tanti in più si fermavano, per un caffè, per un’indicazione… Centinaia e centinaia di persone, i Diacci fungeva da presidio, a servizio degli escursionisti.
Come avete iniziato?
Intanto ripulendo gli spazi verdi, pieni di rovi perché in abbandono da anni, tagliando l’erba manutenendo le strutture, e dopo aver sistemato le strutture abbiamo iniziato a offrire un’accoglienza, semplice, alla mano, e con un tipo di cucina molto familiare, della tradizione tosco-romagnolo. Questo è piaciuto moltissimo: la gente si sentiva accolta, era soddisfatta di mangiare cose buone e genuine, e trovare il sorriso e la semplicità nell’accoglienza. Questo modo di fare, senza troppa pubblicità, ma con il passaparola, ha allargato il giro, e i Diacci sono diventati più conosciuti. Tante famiglie con bambini venivano qui per stare tranquilli nella natura, senza auto. Arrivavano dalla Romagna e dalla Toscana, Livorno, Pisa, Ferrara. La gente veniva perché si trovava bene.
E Cannova e Valdiccioli?
Queste strutture sono state utilizzate soprattutto per i campi scout. Io stesso sono stato scout, e quindi conosco bene le esigenze di quel mondo, e abbiamo potuto offrire alle attività un servizio adeguato.
Un’altra caratteristica dei Diacci, ormai da diversi anni, è che esso, pur luogo sperduto in mezzo all’Appennino, riusciva a proporre nei mesi estivi una serie incredibile di eventi culturali…
Beh, questa cosa ci ha dato molte soddisfazioni. Dai Diacci sono passati anche personaggi di livello nazionale, da Massimo Cirri e Ginevra De Marco, gli Whisky Trail, Arianna Porcelli Safanov, Giannozzo Pucci, Riccardo Nencini e tanti altri. Concerti, incontri, corsi, proiezioni, presentazioni di libri, mostre. Abbiamo creato un modello che invece di essere valorizzato ora viene demolito. Una delle cose più belle e significative sono state le interviste fatte agli anziani, che un tempo vivevano qui: ci hanno raccontato come si viveva ai Diacci nel primo dopoguerra, e la gente che veniva era affascinata dai racconti, dagli aneddoti. Mentre i vecchi abitanti erano commossi nel ritornare nei luoghi che li avevano visti bambini e giovani, tornavano qui, e ci hanno regalato tante informazioni fondamentali per una corretta gestione dei luoghi. Aver sollecitato e registrato le loro esperienze concretizzava la volontà di valorizzare il passato e di non dimenticarlo, ma in un’ottica di futuro.
Veniamo alle dolenti note. Perché la rottura, perché il mancato rinnovo dell’incarico di gestione?
Noi già lo scorso marzo scrivemmo per chiedere il rinnovo della convenzione. Non ci interessava una proroga breve, ma era necessario un tempo maggiore per rilanciare la gestione a lungo termine, coinvolgendo altri soci. La mancata risposta, peraltro, ci ha fatto perdere tutti i contratti legati ai campi scout. Andavano stabiliti da mesi, ma stante questa incertezza non potevamo far niente.
Una bozza di nuova convenzione alla fine, vi è stata sottoposta…
Mai formalmente, solo brevi manu, e c’erano molte cose che non andavano. Intanto si parlava di quasi un raddoppio del canone, da 12 mila a 20-22 mila euro l’anno. E soprattutto si mettevano sulle spalle del gestore nuovi obblighi estremamente onerosi. Prima si dovevano mantenere le caditoie, ora ci veniva chiesto di garantire la manutenzione delle strade di accesso. Con i danni causati dalle piogge torrenziali degli ultimi anni non è un costo banale. Ci è stato chiesto anche di mantenere pulito il sentiero della biodiversità, un percorso di 4-5 km, da anni lasciato a sé stesso. Nel complesso, con tutta la buona volontà, era una proposta insostenibile.
Poi hanno aggiunto l’obbligo di garantire l’acqua potabile durante tutto il periodo di apertura. In passato in parte interveniva l’Unione, in parte noi. Tieni conto che far venire una cisterna d’acqua quassù ci costa 4-500 euro a viaggio. Poi hanno inserito un’altra novità. Vogliono che dal 15 maggio al 15 ottobre, festivi e feriali, la struttura resti aperta. La nostra esperienza dice che in quel periodo, nei feriali, non passa un cane. Se avessimo visto che c’era gente, avremmo aperto ben volentieri. Un’apertura come da loro prevista è solo un costo, e pesante. E comunque già ora il rifugio era in funzione anche durante i periodi di chiusura, quando ciò le scuole prenotavano la loro presenza.
Dispiaciuti?
Francamente sì. L’ho detto prima, in questi dieci anni abbiamo gestito questi ambienti con il cuore, e con grande impegno. Penso poi alle persone che lavoravano qui, tre fissi, e una ventina nei periodi estivi. Io un lavoro ce l’ho, pur part-time, ma loro dovranno trovare un’altra collocazione.
Dall’Unione Montana dicono che comunque si dovevano chiudere i Diacci perché ci sono da fare lavori di consolidamento….
Visto che non si tratta di un edificio unico, magari si poteva tenere aperto qualcosa e fare i lavori in più fasi. Anche perché se chiudi una struttura ricettiva, e ancor più una struttura come quella dei Diacci, rischi di dover ripartire da zero.
E un altro rischio, in ultimo, potrebbe profilarsi all’orizzonte. Se la gara per l’affidamento delle strutture andasse deserta, Diacci e company resterebbero vuote, nonostante gli investimenti assai onerosi che saranno presto effettuati.
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 30 Marzo 2024
Prima si chiude e poi si vrdrà cosa cosa fare, è quenta la politica dell’Unione Montana dl Mugello? Una cosaè certa la gestione del vasto e prestigioso complesso demaniale dell’Appennono Mugellano è sconfortante, occasionale e trascurata. Sono visibili esempi di degrado e di abbandono diffusi. Adesso una delle poche cose che funzionava viene chiusa per lavori. Si potrebbe sapere che intenzioni ha l’Unine Montana?