MUGELLO – Settantacinque anni fa l’Italia celebrava la libertà ritrovata. Il 25 aprile, con il 2 giugno, è la festa laica per eccellenza, un punto di unione tra gli italiani, quello che per i francesi è il 14 luglio. Quest’anno non potremo celebrarla come si deve. E però qualcosa si deve fare, tanto più se vuoi ricostruire quello spirito civico, quell’etica pubblica indispensabile alla rinascita post virus.
Lo slogan del 25 aprile 2020 è quello dei nostri nonni settant’anni fa: ‘Rimbocchiamoci le maniche. Tutti!’ proprio perché la libertà devi innaffiarla ogni giorno e devi aggiogarla alla dignità del lavoro, se no è una libertà dimezzata. Forza, allora, al balcone o alla finestra in camicia bianca e con un fiore all’occhiello, in omaggio alla storia che fu, alle donne che diedero pane e rifugio a un partigiano ferito, ai preti che nascosero un fuggitivo in parrocchia, alle brigate che combatterono su Monte Giovi e a Monte Morello, agli alleati che morirono quassù, sulla pietraia appenninica tra il Giogo e la Gotica.
E i sindaci, nella solennità della solitudine, scelgano luoghi simbolo per ricordare chi eravamo e chi siamo diventati.
E poi le campane. La Toscana ha scandito la vita, per secoli, con i rintocchi: all’alba, a mezzogiorno, i vespri e via dicendo. È un suono che conosci, che fa stare bene. È l’aria di casa.
Cerimonie semplici, al bando la retorica, il sindaco parli per tutti.
Le comunità stanno assieme grazie al ‘comune sentire’ scriveva lo storico
Renan. Ecco, il 25 aprile è parte di un sentimento di appartenenza alla stessa nazione.
Va detto e urlato.
Riccardo Nencini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 25 Aprile 2020