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Erano gli anni ’80, così nacque l’Ortofrutticola a Marradi. Per merito di due firenzuolini….

Posted On 06 Gen 2022
By : Andrea Pelosi
Comment: 0
Tag: ortofrutticola marradi, Renzo Mascherini

Ortofrutticola del Mugello 1986

MARRADI – Renzo Mascherini, che fu presidente della Comunità Montana Mugello – Val di Sieve, poi sindaco di Firenzuola, è stato senz’altro uno dei protagonisti della nascita dell’Ortofrutticola del Mugello. Sono passati quasi quaranta anni, ma il ricordo è ancora vivo. E Mascherini ha dedicato, in un libro autobiografico, uscito proprio in questi giorni, “Rammendi di vita”, un intero capitolo alla “Fabbrica dei marroni”.

Scrive dunque Mascherini:
“La Comunità Montana dell’Alto Mugello aveva portato in dote al nuovo ente un importante finanziamento dell’Unione Europea per la realizzazione nel Comune di Marradi di uno stabilimento per la lavorazione dei marroni. Nella zona industriale di Sant’Adriano era già stato costruito un edificio di 4 mila metri quadri ed erano disponibili ingenti finanziamenti per il suo completamento e per l’acquisto delle attrezzature e delle macchine per la lavorazione”.
“Alcuni anni prima la Comunità montana dell’Alto Mugello aveva promosso, in collaborazione con la Coldiretti, la costituzione di una cooperativa di produttori per la valorizzazione dei marroni e per la gestione dello stabilimento. La cooperativa, all’inizio della sua attività, ebbe un grande successo: riuscì a rompere il monopolio dei commercianti grossisti che tradizionalmente acquistavano i marroni del Mugello ed il prezzo dei marroni si alzò notevolmente. Ma nel secondo anno di attività i commercianti si organizzarono ed iniziarono un braccio di ferro con i produttori, che ritardò gli acquisti. Questo ritardo mise a rischio la conservazione dei marroni e per evitare che i marroni andassero a male, la cooperativa, data l’abbondante produzione di quell’anno, fu costretta a metterli a “marinare” nell’acqua della piscina di Palazzuolo sul Senio. Fu un disastro! Gran parte della produzione rimase invenduta e la cooperativa non riuscì a pagare i produttori e fallì”.

“Appena eletto alla presidenza della nuova Comunità montana –ricorda ancora Mascherini- questa fu la prima questione difficile che dovetti affrontare: la parte muraria dello stabilimento c’era, c’erano i soldi per attrezzarlo, ma la cooperativa che doveva gestirlo era fallita”.
Poi la svolta: “La situazione sembrava senza via di uscita, quando ebbi l’intuizione di chiedere aiuto a Sergio Batistini. Sergio era il mio amico del cuore, un amico d’infanzia con il quale avevo fatto le scuole medie dal maestro Ceccarelli e un anno di collegio dai Salesiani a Borgo San Lorenzo. Si era diplomato perito chimico a Milano e aveva fatto un’esperienza di lavoro importante in Francia in uno stabilimento agroindustriale della Motta. Attraverso di lui conobbi il dottor Giancarlo Robba, che era stato un dirigente della motta, un tecnico di valore, ottimo conoscitore dell’industria della lavorazione dei marroni, che aveva uno studio di libero professionista in piazza della stazione a Milano. Avevo trovato una via d’uscita che apriva una speranza! Fissai immediatamente un appuntamento con il dottor Robba e con Bruno Panchetti, sindaco di Borgo San Lorenzo, partimmo per Milano.
Dopo averci ascoltati Robba dichiarò che, non essendo un imprenditore, non era in condizione di risolvere il problema della conduzione dello stabilimento, ma che avrebbe potuto aggiornare il progetto industriale.
La Giunta della Comunità montana deliberò l’incarico per la definizione del progetto.
Il progetto aggiornato era ben fatto, i soldi erano disponibili, la direzione dei lavori era eccellente ed i lavori iniziarono speditamente.
Tuttavia per me iniziò il periodo tormentato del completamento degli impianti e delle attrezzature industriali. C’erano da realizzare tutti gli impianti tecnologici della distribuzione e depurazione delle acque e dell’energia elettrica per il riscaldamento e per le lavorazioni. Poi doveva essere interamente realizzato l’impianto produttivo, acquistando e mettendo in funzione tutte le macchine necessarie per selezionare sbucciare e confezionare i marroni come prodotto surgelato o come marron glacé.
Nel periodo di completamento dello stabilimento, grazie al progettista e direttore dei lavori, ebbi l’opportunità di conoscere i più importanti imprenditori del settore a livello nazionale e riuscii a convincerli a costituire una società per la gestione dello stabilimento di Marradi. Questi furono favorevoli a cofinanziare l’azienda, ma posero la sola condizione che il dottor Robba facesse l’amministratore delegato della Società, non solo per le sue conoscenze tecniche ma anche perché lui era titolare da molti anni di un contratto di fornitura all’impresa giapponese “Futaba” di una partita notevole di marroni sbucciati e surgelati, che in Giappone avevano un ottimo mercato: venivano trasformati in marron glacé e regalati dagli sposi, nel giorno delle nozze, agli invitati come in Italia si regalano i confetti”.

“Mentre si lavorava alla costituzione della società di gestione, che prese il nome di “Ortofrutticola del Mugello” e si procedeva speditamente a completare i lavori dello stabilimento, nacquero le prime difficoltà con il dirigente dell’Ufficio tecnico della Comunità montana l’ingegner Carlo Mengoni, che iniziò a ritardare la stesura dei suoi pareri di congruità sui lavori e sugli acquisti delle attrezzature. Infatti quando cominciò a capire che la Giunta della Comunità montana stava definendo una proposta che prevedeva che il direttore dei lavori fosse anche amministratore delegato della società di gestione, si mise giustamente in allerta.
Tutti i tentativi per convincere l’ingegner Mengoni che non esisteva un conflitto di interesse con l’amministratore delegato, perché anche lui aveva interesse a spendere bene le risorse disponibili, furono vani e d’altra parte non aveva tutti i torti.
Lui era un uomo sospettoso e abbastanza pauroso e per ogni parere di congruità iniziò a fare degli accertamenti che duravano mesi e alla fine successe che non tutti i tempi previsti dal progetto della Comunità economica Europea fossero rispettati. Si perse così una parte di quel finanziamento.
Nonostante le grandi difficoltà incontrate, in pochi anni lo stabilimento fu completato e la “Società Ortofrutticola del Mugello”, società privata che si era costituita per la gestione, aprì i battenti della fabbrica e iniziò a lavorare con quell’unica commessa, che il dottor Robba aveva con l’impresa giapponese Futaba.
Si trattava di acquistare sul mercato una consistente partita di marroni (furono acquistati con una lettera di credito della “Futaba”) per poi metterli in acqua per la curatura e dopo alcuni giorni asciugarli, selezionarli per pezzatura, poi sbucciarli e surgelarli. L’operazione più difficoltosa era quella della sbucciatura, perché dopo aver tagliato la buccia dei marroni in un’apposita macchina attrezzata con tante piccole lame, questi venivano spazzolati in un una macchina a vapore ad alta temperatura, ma nonostante questo vigoroso trattamento i marroni non si sbucciavano completamente e veniva inviati ad un nastro trasportatore.
Numerose donne schierate a destra e a sinistra del nastro dovevano riprendere in mano i marroni uno ad uno e finire la sbucciatura. Solo dopo venivano mandati in un surgelatore dell’impresa svedese “Frigoscandia” per la surgelazione. A Marradi quella fase della lavorazione non fu accolta benevolmente: quel lavoro fatto al nastro trasportatore con la vestaglia e una cuffia in testa, per tante ore al giorno con il freddo ai piedi e le gocce d’acqua che cadevano dal soffitto che faceva condensa, inizialmente spaventò molte donne.
L’apertura dello stabilimento non fu accolta dai marradesi con grande favore: da una parte il sindacato dei lavoratori aveva aperto una vertenza sulle condizioni di lavoro, dall’altra la Coldiretti aveva minacciato una protesta davanti ai cancelli della fabbrica per rivendicare il mancato pagamento dei marroni – quelli che erano andati a finire nella piscina di Palazzuolo sul Senio – conferiti dai produttori alla cooperativa che era fallita.
Quella minaccia strumentale ed infondata rivolta alla nuova società di gestione che non aveva alcuna responsabilità per il fallimento della cooperativa, fu un tentativo maldestro da parte della Coldiretti di nascondere le proprie responsabilità rispetto al fallimento della cooperativa che aveva contribuito a costituire. Quella minaccia ebbe l’unico effetto di impedire la festa d’inaugurazione dello stabilimento”.

“Solo dopo trent’anni quando il fatturato aveva superato i dieci milioni di euro, e la produzione raggiunse la cifra record di due milioni e mezzo si scatole di marron glacé all’anno, più di 700 tonnellate di marroni canditi, e vi lavorano più di 60 persone in gran parte donne, i Marradesi cominciarono ad apprezzare lo stabilimento, ma in fondo non vollero mai riconoscere che erano stati due firenzuolini a realizzare e a portare al successo la loro “fabbrica dei marroni”, come la chiamavano i marradesi”.

© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 6 gennaio 2022

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