Firenzuola, la distruzione arrivò dal cielo. 70 anni fa, il bombardamento
445° Squadrone. Diario di Guerra: Lo squadrone ha bombardato le concentrazioni di truppe e postazioni di artiglieria a Firenzuola, Italia, con il 100 per cento di precisione nei bombardamenti.
446° Squadrone. Riepilogo della missione. Missione 386
Obiettivo: Postazioni di artiglieria in Firenzuola, Italia.
Data: 12 set 1944
Tipo di bombe: 500 libbre. Bombe da demolizione. Granate a frammentazione.
Aerei del 446° squadrone: 12
Il Tenente Hawkes ha guidato la formazione. Buona concentrazione. Le granate a frammentazione hanno causato l’esplosione immediata e una colonna di fumo nero. La contraerea agiva con difficoltà, con un fuoco moderato e impreciso
(Il testo è tratto da un elenco di Diari degli Squadroni del 321° gruppo di bombardamento, che sono stati trascritti dalle Storie degli Squadroni fornite dalla Air Force Historical Research Agency (AFHRA), Maxwell Air Force Base Alabama.)
Sul bombardamento di Firenzuola mancano quasi del tutto ricerche approfondite sulla documentazione “ufficiale” sia tedesca sia americana, per cui le poche righe fornite dall’AFHRA possono costituire una piccola ma importante base di partenza per una indagine che potrebbe essere svolta nel corso dell’anno che, a partire dal 12 Settembre, costituisce il 70° dalla distruzione del Paese.
“Effetto collaterale”
L’impressione è che gli Americani avessero un obiettivo chiaro: distruggere i reparti tedeschi immediatamente alle spalle della prima linea, tra il Giogo e la Futa, e importanti postazioni di artiglieria. Eppure, nonostante la precisione al cento per cento del bombardamento, quelle bombe non hanno messo fuori combattimento un solo tedesco e non hanno distrutto nessun cannone.
Il bombardamento di Firenzuola si configura, nei fatti, come un bombardamento su obiettivi civili, contro un intero paese e tutta la sua popolazione.
Anche i filmati e le foto degli alleati sugli effetti dei bombardamenti nella loro avanzata verso la Pianura Padana mostrano la particolarità di Firenzuola. Nodi ferroviari, materiale rotabile, ponti, filmati e fotografati a Poggibonsi, Firenze, Pontassieve. Case e nient’altro che case a Firenzuola. La distruzione di Firenzuola molto probabilmente è stata un “effetto collaterale” di bombardamenti precisi al cento per cento.
Il tratto interessato da questa nuova frana del territorio borghigiano è sulla strada comunale che sale dalle Salaiole verso Sant’Ansano. Neanche qualche giorno fa era terminata la risistemazione di tutto il manto stradale della comunale che va da Olmi fino alle Salaiole, ma qui il rischio è ben oltre gomme, semiassi e coppe dell’olio rotte da qualche buca.
L’evacuazione
Con il bombardamento di Firenzuola non soltanto non fu ucciso nemmeno un soldato tedesco (forse un disertore) e praticamente si salvò tutta la popolazione civile: le testimonianze parlano di uno, due, massimo tre morti. E questo perché i Tedeschi avevano dato per tempo l’ordine di evacuazione e avevano provveduto loro stessi a trasferire i ricoverati della Casa di Riposo “SS. Annunziata”.
È noto che l’evacuazione di civili è una prassi consolidata, ma a Firenzuola sembra avere avuto caratteristiche anomale, senza incontrare particolari resistenze da parte della popolazione.
(Abbiamo chiesto alla prof.ssa Gabriella Gribaudi, autrice dell’importantissimo volume “Guerra Totale. Tra bombe alleate e violenze naziste. Napoli e il fronte meridionale 1940-1944” Bollati Boringhieri 2005, un parere sulla da noi presunta anomalia dell’evacuazione di Firenzuola. “I tedeschi – ci ha scritto – hanno sempre fatto moltissime evacuazioni per lunghi tratti in prossimità delle linee. Non necessariamente per salvare la popolazione ma piuttosto per avere la disponibilità assoluta del territorio e il controllo della situazione. Chi era trovato in zona di evacuazione era considerato una spia e immediatamente passato per le armi. Ho parlato di questo nel mio libro Guerra totale (eccidi legati alle evacuazioni sono avvenuti a Mondragone, in molti paesi lungo la linea Gustav). Anche nei casi studiati da me la popolazione veniva spostata in altri paesi o città, ma l’evacuazione non avveniva affatto con il consenso della gente. Molti scappavano, si nascondevano, non volevano lasciare le loro case, i loro animali. Non so dunque se si possono considerare salvatori nel caso di Firenzuola”)
I rapporti della popolazione con i Tedeschi
Il rapporto tra le popolazioni e le truppe occupanti ha sempre molti elementi di ambiguità, noti e ampiamente studiati. A Firenzuola molte testimonianze parlano di “buone” relazioni con i Tedeschi.
È ovvio che quel “buone” non vuol dire una scelta di campo e una volontaria collaborazione con le truppe di occupazione da parte della popolazione, ma piuttosto la ricerca di una convivenza minimamente sostenibile.
I Tedeschi non risparmiano certo ai Firenzuolini violenze e sopraffazioni anche al di fuori degli scontri con i partigiani. Eppure ci sono alcuni fatti sorprendenti che emergono dalle testimonianze e che impongono ulteriori ricerche e approfondimenti.
Il più difficile da comprendere, tra quelli che conosco, è l’uccisione di Beppina Brunetti al Corniolo. La testimonianza di Franca Diani è riportata nel libro di Paolo Lasagni “Casanuova e il suo Popolo“. La ragazza viene trucidata da un soldato tedesco (forse un ufficiale) mentre fa pascolare il bestiame. Al suo funerale “c’era altri tedeschi lì da sei, sette mesi, che piangevano come bambini. Al funerale venne anche un generale dei tedeschi, un capo d’armata che era di sede a Pereta”. Il generale si mostra preoccupato dello shock subito dalla giovane testimone [Franca Diani] e la fa visitare da un colonnello medico. “Questa bambina ha avuto un forte shock però è una bambina forte di carattere e si riprenderà. Noi qui ci saremo ormai per poco”.
Vuoti di “memoria”
Le pubblicazioni di storiografia locale su Firenzuola sono ormai numerose, eppure il ricordo del bombardamento e della distruzione di Firenzuola è spesso omesso dagli stessi testimoni.
Ad esempio nel “Diario di Guerra” di don Amerigo Zini, parroco di Bordignano, pur ricco di particolari non si fa assolutamente cenno al bombardamento; dal 10 agosto (fucilazione di un repubblichino da parte dei partigiani) si passa al 15 settembre (i partigiani fucilano due presunte spie).
Stessa omissione nel “Chronicon” di don Ruggero Tagliaferri, parroco di Castro San Martino, dall’11 settembre (la mattina i soldati delle S.S. obbligano la popolazione a sfollare) si passa al 24 settembre (rientro a Castro “che non ha sofferto molto”, “Firenzuola invece non esiste più”).
Ma il vuoto di memoria più grande è stato quello di non ricordare per settant’anni in maniera formale e ufficiale il giorno del bombardamento; per settant’anni a Firenzuola il 12 settembre è stato un giorno come gli altri.
Unica eccezione il lavoro fatto nel 2004, 60° anniversario del bombardamento, da Archivio Zeta che ha realizzato molte nuove interviste ai testimoni e ha così colmato, almeno in parte, questo vuoto. L’impegno dell’Amministrazione comunale a lavorare in maniera continuativa su questa data apre buone prospettive per il futuro.
Costruire la memoria
Non si tratta soltanto di raccogliere nuovi documenti e nuove testimonianze e di organizzare testimonianze e documenti già esistenti. La memoria è la sedimentazione nel pensiero e nella cultura dei cittadini di “valori” e di comportamenti, da costruire generazione dopo generazione sulla conoscenza del passato e del presente.
Non ci sono scappatoie e non ci sono scorciatoie.
Il bombardamento di obiettivi civili, da Guernica in poi, è l’introduzione del terrorismo nella guerra, mira a distruggere la capacità delle popolazioni (e dei popoli) di prendere la distanza dalla violenza, spinge alla fuga, a nascondersi sul Boccaprile o a Rapezzo se sei di Firenzuola, a intraprendere folli viaggi della speranza alla ricerca di asilo politico se vieni dall’Iraq o dalla Siria, a fuggire non sai bene dove se vivi nell’est dell’Ucraina. In ogni caso la solidarietà con il tuo vicino di casa, all’interno della tua stessa famiglia, si spezza, perché si spezza la convivenza e la condivisione.
Se sei costretto a lasciare la tua casa, se la tua casa è stata rasa al suolo, non hai più comunità, non hai più famiglia. Se si distruggono le basi materiali della comunità e della convivenza si apre la strada ad altre forme di “comunità”, ideologiche e astratte, si apre la strada al fanatismo. O, nel migliore dei casi, all’indifferenza.
Firenzuola è stata ricostruita, bene e in poco tempo. Ma sono stati altrettanto bene ricostruiti la comunità e il valore della comunità distrutti dalla violenza dei tedeschi e dai bombardamenti alleati?
Inoltre, come sarà possibile sviluppare l’accettazione e la valorizzazione della diversità se gli “stranieri” (“quelli di via”, come si dice a Firenzuola) ci hanno derubati, violentati, uccisi e hanno distrutto il nostro paese?
Mi si dirà che sono cose successe tanti e tanti anni, e anche i vecchi come me non erano ancora nati. Ma certe ferite lasciano a lungo i loro segni attraverso le generazioni. E così riaffiora un certo compiacimento quando i nostri politici attribuiscono alla Germania la responsabilità della nostra crisi economica e, in alcuni di noi, una rabbia non celata quando gli Americani propongono nuovi bombardamenti per fermare il fanatismo e il terrorismo.
Luciano Ardiccioni
© Il filo, Idee e notizie dal Mugello, dicembre 2014