Il convento di San Bonaventura al Bosco ai Frati – 1 – Le ceramiche di padre Edoardo Rossi
L’estate sarà ancora lunga. Di solito, per molti di noi, coincide con il periodo delle ferie. E’ l’occasione per ritagliarsi degli spazi, per se stessi, quelli che spesso non sono concessi durante la quotidianità, fra lavoro ed impegni familiari. Magari di trovare il tempo anche per leggere un po’ di più, avvicinandosi a temi meno stringenti, dedicati alla storia del proprio territorio. Ed in tutto ciò il nostro Mugello non difetta certo di argomenti. Così “Il Filo – Idee e notizie dal Mugello” ha pensato, in questo periodo vacanziero, di offrire ai propri lettori un piccolo reportage, in due puntate (la seconda puntata articolo qui, ndr), con fotografie inedite ed in esclusiva, sugli aspetti artistici e storici, meno conosciuti, del Convento di San Bonaventura al Bosco ai Frati. Buona lettura.
Il convento di San Bonaventura al Bosco ai Frati
1 – Le ceramiche di padre Edoardo Rossi
Fra le tante opere artistiche del convento, ce ne sono alcune meno conosciute, raramente portate alla ribalta in guide ed opuscoli ad esso dedicati. Sono i lavori di Padre Edoardo Rossi, francescano, ceramista, artista. Nato “a Mercatale di Vernio nel 1874, fu novizio alla Verna e per ventidue anni visse , poi, nel convento del Bosco ai Frati” [1]. Morì nel 1934, non ancora sessantenne, colpito da “angina pectoris”, a Petrona, lungo la strada che conduce da San Piero a Sieve a Borgo San Lorenzo.
Padre Giacomo Vaifro Sabatelli, autore di una biografia essenziale, ne traccia la personalità di francescano e, appunto, di artista. “Era molto assiduo ai servizi religiosi, il clero e il popolo delle parrocchie rurali lo conoscevano e lo amavano con sincerità per il candore genuino di uomo buono, devoto, per la sua umiltà che non faceva pesare nulla, né la sua presenza, né l’essere noto a tutti come artista” [1].
Ecco, l’artista, il ceramista. Padre Edoardo che non aveva frequentata alcuna scuola d’arte. Le sue opere erano, e sono, tutte incentrate sul tema sacro, religioso. Bassorilievi e formelle ispirati ai maestri del verismo. In certi aspetti, la sua arte appare come una replica rudimentale di quella dei Della Robbia, seppure aggiornata alla modernità dei suoi tempi. Certamente, con una tecnica di autodidatta, più essenziale, poco raffinata.
Il suo lavoro più importante, ospitato nel convento, è “l’ultima cena del Signore”, che occupa tutta la parete del refettorio quattrocentesco. Il “Cenacolo” rappresentato è quello tradizionale, inquadrato in un ampia sala, la tavola imbandita, con Gesù al centro ed intorno gli Apostoli. Una grande ceramica, dove la geometria delle figure umane e delle cose si contraddistingue per “un gioco di equilibri sbilanciati fra i personaggi, la tavola, le grandi anfore a terra, che non si sa dove trovino il punto d’appoggio, che in realtà non hanno” [1]. Un lavoro ciclopico, realizzato con le sole proprie forze, guidate dal suo ingegno. Un mosaico di formelle, costruito passo dopo passo, fase dopo fase. Dallo spegnimento della scagliola, alla posa in opera, tranne la cottura che è stata eseguita dai “fornaciai” di Borgo San Lorenzo. I colori di questo bassorilievo, oggi, risentono dell’età, appaiono sbiaditi, consumati dal tempo. Ma il pellegrino ed il visitatore che incrociano con lo sguardo l’opera restano, certamente, colpiti dall’intensità del lavoro. Ed ognuno, in cuor suo, ne resta appagato.

Il bassorilievo “L’ultima cena del Signore”. La grande ceramica ha una base di 6.90 m., circa, ed un’altezza massima di quasi 3.00 m..
(foto di Andrea Lapi © – riproduzione vietata)
Un’altra ceramica custodita nel convento è quella di San Bonaventura che riceve il cappello cardinalizio, le insegne inviate dal Papa, “insieme col titolo di Vescovo di Albano” [2], posta sull’altare della cappella dedicata al Santo. Un’opera “in terracotta invetriata, il solo colore è il bianco, ma reso più suggestivo per la stesura della vetrina, che gli ha regalato un bel grigio caldo” [1].

La ceramica di “San Bonaventura”, mentre, intento a lavare le stoviglie, riceve le insegne cardinalizie. Una rappresentazione ricca di particolari. I messi papali che consegnano le insegne, la pila in pietra con i piatti (ancor oggi esistente nel convento), il corniolo (alberello ove vennero appese le insegne), il loggiato.
(foto di Andrea Lapi © – riproduzione vietata)
La piccola cappella dedicata a San Bonaventura è situata sotto il loggiato lungo le mura a sud del perimetro conventuale.
Probabilmente, è stata ricavata, in questa ubicazione, durante i lavori di ristrutturazione dell’intero plesso, eseguiti sotto la guida di Michelozzo (datazione presumibile 1420-1430, [2]), grazie alla munificenza di Cosimo (il Vecchio) dei Medici. Un angolo del convento molto semplice, un luogo particolare ove raccogliersi per la preghiera e le meditazioni, in simbiosi con l’umiltà del Santo.

La cappella dedicata a San Bonaventura, l’altare, la terracotta invetriata di Padre Eduardo Rossi, la pila usata per la lavatura delle stoviglie.
(foto di Andrea Lapi © – riproduzione vietata)
Ancora diverse formelle, esposte lungo le mura perimetrali del chiostro del convento, con le rappresentazioni di scene sacre, di vita francescana, testimoniano l’arte di Padre Edoardo Rossi, il suo genio, la sua fede.

“San Pietro che esce di prigione”, modellato in gesso.
(foto di Andrea Lapi © – riproduzione vietata)
Ecco, senza dubbio, il lavoro artistico di padre Edoardo Rossi, il francescano ceramista, è parte integrante del convento. Lo è insieme a tutte le altre opere del luogo. Da Michelozzo a Donatello, ed appunto fino a Padre Edoardo. Ognuno, chi nella sua grandezza, chi nella sua semplicità, comunque artefici, con la loro genialità, di aver arricchita la storia del convento.
Gianni Frilli
(per “ilfilo.net”, giornale on-line del Mugello)
San Piero a Sieve, 27 luglio 2015
Bibliografia essenziale
[1] Padre Giacomo Vaifro Sabatelli, “Bosco ai Frati- Tre maestri d’arte al lavoro per Bosco ai Frati”, Edizioni Città di Vita – Industria Tipografica Fiorentina, 1979.
[2]. Fra Dionisio Pulinari, “Cronica dei Conventi di Toscana”, manoscritto (a cura di Giuseppina Carla Romby, Arti Grafiche Giorgi & Cambi, 1984 – tratto dalla stampa a cura di Saturnino Mencherini, “Cronache dei Frati Minori della provincia Toscana, secondo l’autografo di Ognissanti”, 1913).
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 27 Luglio 2015