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In 200 per la nascita del Comitato contro l’impianto a Petrona

Posted On 09 Mar 2015
By : Redaz2
Comments: 3
Tag: Comitato, Elisa Barlazzi, ex cava di Paterno, Francesca Chemeri, Gianni Frilli, Impianto a biomasse, Movimento 5 Stelle, Petrona, Piera Ballabio, Renovo, Riccardo Impallomeni, Scarperia e San Piero, Simone Peruzzi, Valutazione Impatto Ambientale, Viviana Rossi

comitato no biomasse petrona

E’ nato venerdì 6 al Circolo Insieme di San Piero a Sieve il Comitato per dire no all’impianto a biomasse di Petrona. Una stanza affollata, hanno partecipato quasi 200 persone, tra cui Francesca Chemeri, l’ex presidente del Comitato ambientale per Vaglia, che segue le questioni legate alla discarica dell’ex Cava di Paterno. Come amministratori presenti, le consigliere del M5S di Scarperia e San Piero Viviana Rossi e Elisa Barlazzi, e l’assessore all’Ambiente di Vaglia Riccardo Impallomeni. In sala presenti diversi volti noti, tra cui anche Gianni Frilli, ex consigliere comunale di San Piero a Sieve.

Al tavolo Piera Ballabio come moderatore, Alessandra Alleva, Simone Peruzzi e Paolino Messa come relatori, che hanno esposto, attraverso anche l’uso di un supporto video, le motivazioni che hanno portato all’appello per la nascita di un comitato che dicesse “No” all’impianto a Petrona.

Al termine dell’incontro abbiamo raccolto dai relatori un loro commento, ad estrema sintesi di quello che è poi stato il loro intervento.

Alessandra Alleva sulla questione ambientale e sulla salute

IMG_4286“L’impianto di combustione ed emissione fumi è fatto come un inceneritore. Questo è quanto si evince dal documento di ARPAT. La RENOVO dice di mettere dei filtri. E’ una storia che fa sorridere perché purtroppo esiste la questione delle nanopolveri. Nessun filtro è in grado di trattenerle e questo è accertato. Come è accertato che queste entrano nel circolo sanguigno e vanno a colpire gli organi, creano tumori. La RENOVO dice di bruciare solo legno. Purtroppo la legna emette tantissimi inquinanti, e crea un particolato terribile. Per questo a Parigi quest’anno hanno vietato di accendere i caminetti e nel Veneto hanno vietato di bruciare le potature di viti. Purtroppo i programmi governativi e regionali prevedono di chiudere il ciclo del rifiuto con l’incenerimento. Per trasformare un impianto a biomassa in un inceneritore basta cambiare una serie di filtri e modificare l’autorizzazione. E visto che è nei programmi di governo, un’autorizzazione come questa non viene negata. E avverrà quando non avranno più legna e l’approvvigionamento di legname non sarà più imprenditorialmente sostenibile. La legna su 70 km di raggio non è disponibile in vallata, ma devi andarla a prendere sopra le montagne ad un costo che è presumibilmente alto. Per poter essere conveniente l’azienda dovrebbe averla a meno di 3,00 euro al quintale. Poi c’è la questione delle ceneri, che possono essere anche il 30% delle quantità bruciate. Dove le smaltisci? Se poi oltre alla legna bruci anche tutti gli altri materiali che nella normativa sono considerate biomasse, c’è un peggioramento. Fosse anche solo legno, il bruciarlo rende l’aria puzzolente. L’ARPAT nel suo documento interviene anche su questo, come sulle acque di scarico. Il vero problema però è che poi, dopo una serie di punti negativi, approva l’impianto. Come fa?”.

Simone Peruzzi sulla trasparenza, sulla mancata informazione, sull’assenza di valutazione di impatto ambientale

“Gli incentivi che sono previsti per questo genere di impianti sono per 15 anni. Trascorso questo tempo chi li gestisce, li molla. L’approvvigionamento di legname verrà meno, visto che per altro insistono sullo stesso territorio, nello stesso raggio di 70 km, una serie di impianti simili. Se viene meno anche l’approvvigionamento, la riconversione dell’impianto è la strada probabile. Ma se non fosse riconvertito sarebbe una struttura dismessa, un mostro-manufatto che rimane lì, difficile da gestire. Qualcuno parla di sindrome NIMBY, ‘non nel mio giardino’, ma non siamo di questa parrocchia, non è un problema di localizzazione. Io sono contrario a questo tipo di impianti perché, come dice la filosofia che sta dietro al Comitato Rifiuti Zero, tutte le cose che sono prodotte sul suolo devono tornare sul suolo, non devono andare per aria. Le biomasse non si bruciano, si compostano, che è proprio tutta un’altra filosofia.

Purtroppo, essendo un impianto che sta al di sotto di 1 megawatt non è stata fatta la Valutazione di Impatto Ambientale. Non si può, come ha fatto Arvati di RENOVO, dichiarare di gestire il problema delle emissioni con dei filtri che ti fanno stare nel range previsto dalla legge. Perché è una mezza verità. Perché quelle sostanze non sono solo emesse, ma sono anche immesse su di un territorio, cambiandone la particolarità. Loro (RENOVO ndr) continuano a fare progetti standardizzati: lo stesso progetto che c’è qui è stato fatto a Pontremoli, a Molfetta. E garantiscono solo le emissioni, senza, non essendoci obbligo di Valutazione di Impatto Ambientale, la ricaduta ossia l’impatto che c’è sui domini di acqua, terra e aria. Petrona è una situazione particolare, ci sono molte aziende, persone che lavorano, a pochi chilometri ci sono strutture importanti, asili, scuole. Mi chiedo quel signore di Cafaggiolo che sta facendo un resort, come viva questa operazione dell’impianto a biomasse che sorgerà a neanche un km in linea d’aria dalle sue strutture.

Ciò che contesto poi è la mancata informazione della gente, non averla resa partecipe. La mancanza di trasparenza è palese, perché abbiamo fatto interrogazioni in consiglio comunale che hanno visto riposte omissive e fuorvianti. Abbiamo continuamente richiesto cosa stesse succendendo, ma non c’è stata data risposta chiara. Siamo arrivati a conoscenza della cosa con un drammatico ritardo, abbiamo cercato di colmarlo con una serie di interventi, e oggi costituiamo un comitato. Oggi, che per altro ha visto la partecipazione di tantissima gente che è venuta per capire, per la prima volta, che cosa stava succedendo. Un’amministrazione pubblica invece ha il dovere, non la possibilità o l’opzione, di informare la gente”.

Paolino Messa sulle questioni procedurali

Esiste una convenzione fatta nel 2012 tra la Pianvallico Spa e il Comune di Scarperia, approvata dagli organi politici della giunta e del consiglio, che l’ha votata, che stabiliva obblighi e diritti. Alcuni obblighi non sono stati rispettati e c’è stato un arbitrio della Pianvallico, relativo al ribasso del 12% del valore dei lotti, una proroga del bando mai pubblicata da nessuna parte, una negoziazione senza nessuna decisione della giunta comunale, come invece era previsto in convenzione.

Non condivido il commento della maggioranza di Scarperia e San Piero in merito all’atto in votazione presentato dalle opposizioni ‘non era una mozione, ma un esposto’. Non era un esposto: era un documento per mettere al corrente tutti i membri del consiglio comunale, visto che la maggior parte erano nuovi, di quello che era accaduto dal 2010 ad oggi in merito al PIP di Petrona.

Non condivido con quanto affermato dalla maggioranza che le questioni procedurali non sono tema da discutere in consiglio. Ribadisco che è quello il luogo adatto e deputato, in quanto sia la convenzione firmata dalla giunta comunale e l’attuazione del PIP di Petrona è passato in approvazione del consiglio comunale. Quindi dove discutere di vizi procedurali legati alla mancata osservanza di quella convenzione se non il consiglio comunale stesso che l’ha approvata?”

 

Fabrizio Nazio
© Il filo, Idee e notizie dal Mugello, marzo 2015

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3 Comments

  1. grazia gentili 16 Marzo 2015 at 15:38 Reply

    come fa ad approvare l’impianto? basta analizzare il nome ARPAT: azienda REGIONALE,i contributi chi gli da’? REGIONE. A voi la conclusione.

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