La scomparsa di Luigi Paladini, cineamatore mugellano
BORGO SAN LORENZO – Ieri è morto Luigi Paladini, di famiglia piazzanese, 85 anni, padre di Gianluca ed Emanuele -ai quali, assieme alla moglie Rosa, inviamo le condoglianze da parte di tutta la redazione de “Il Filo”.
Tra le passioni di Luigi c’era il “far cinema”, e ha passato una vita intera tra cineprese, telecamere, schermi e moviole. Di recente, su sollecitazione dei figli, aveva pubblicato anche un libretto di memorie, intitolato “Un cineamatore mugellano ricorda”, e di questa pubblicazione aveva scritto Elisabetta Boni, con un articolo pubblicato sul “Galletto” che qui riproponiamo.
Un ‘cineamatore’, così si definisce Luigi Paladini, nato a Piazzano del Mugello nel 1931, nel libriccino che contiene il racconto della sua vita e della sua passione per le macchine da presa e il cinema. Una storia scritta insieme ai figli Gianluca e Emanuele, un viaggio che parte da lontano, da una famiglia di mezzadri, con una nidiata di nove figli.
Ancora molto piccolo, Luigi si accorge presto del suo talento: saranno i filmini di Ridolini proiettati in parrocchia a colpirlo, ed a far nascere in lui, come egli stesso riconosce, ‘il germe del cinema’, e la curiosità di captarne i segreti di ogni funzionamento. Un’immaginazione fervida, pronta a cogliere spunti anche dalle ombre dei fratelli, riflesse in successione sulla parete mentre salivano le scale, alla sera, per recarsi a letto, al lume della candela o della lampada ad olio. Proprio come in un film. E così via con le prime sperimentazioni: da proiettori-giocattolo, da lui stesso costruiti con una scatola da scarpe e materiali raccapezzati qua e là, ai veri e propri prodigi costruiti con un pezzo di vetro spesso, una lente convessa, rinvenuta casualmente durante un lavoro nei campi. Quella lente è stata la svolta, molto più di un tesoro, l’evoluzione delle tante esperienze, anche semplici, con l’ennesima scatola di cartone che, con una lampada e la famosa lente, diventa stavolta un proiettore in piena regola.
La vita era dura, c’era da lavorare sodo fin da piccoli. Tante le bocche da sfamare, ma l’idea del cinema era una consolazione costante che riscaldava il cuore, e insieme alla famiglia aiutava ad andare avanti. C’era anche l’idea di essere predestinato ad un lavoro diverso. Infatti, a 16 anni, Luigi inizia la sua esperienza presso un’officina di riparazioni di macchine da maglieria e da guanti di maglia. Con la sua propensione, gli veniva tutto naturale nel lavoro, e l’esperienza contribuiva ad accrescere la sua scioltezza e disinvoltura.
Rimaneva anche il tempo per continuare sulla strada delle ricerche, della messa alla prova: una macchina fotografica, il proiettore da 35m/m, una vera e propria cinepresa. Il tutto rigorosamente costruito da solo, pezzo su pezzo, anche adattando la cassetta svuotata di un vecchio grammofono. Sì, perché chi ha talento, e non è nato negli allori, ha l’occhio allenato a scoprire le mille possibilità che ogni cosa può esprimere. Ma quale emozione al momento delle riprese dei fratelli, o della mamma, delle amiche che si improvvisano soubrette, e quale stupore, poi, nel vederle proiettate.
Il cinema sembrava davvero il suo habitat naturale, e arriva il momento in cui Luigi tenta la strada di Cinecittà. Ma lì, giovane di belle speranze, trova un muro, e resta interdetto di fronte a un’abbuffata di attori e comparse durante una pausa, lo specchio di un mondo che si poteva facilmente ipotizzare, così diverso dalla calma della sua campagna, dalla pace e l’armonia della sua famiglia, dal clima di rispetto reciproco nel quale era cresciuto.
Tornando a casa sconsolato, sarà il ricordo degli aghi da maglieria, regalo che un compagno gli regalò anni prima a scuola, a riconciliarlo con il presente. Era un segno del destino che avrebbe dovuto seguire. Luigi, infatti, poteva diventare un pezzo grosso del cinema, e realizzare il suo sogno, e invece il timore del ragazzo di campagna ha fatto sì che fosse un altro sogno a realizzarsi: una famiglia felice, un lavoro appagante, e quella macchina da presa, come il filo conduttore di un’intera vita.
Negli anni, Luigi si è specializzato sempre più sia come fotografico che come video maker, allestendo nella propria abitazione una vera e propria saletta di registrazione, una stanza tutta sua, dove si è dedicato per ore, sempre in modo altamente professionale, al suo diletto.
Arrivati al finale del racconto, ancora una sorpresa all’interno della coperta di fondo del librino: un DVD con le riproduzioni delle pellicole del ’51, quegli spezzoni di vita vera in bianco e nero, con le tre amiche che starnazzano al ritmo di ‘Papaveri e Papere’, con la Tonina tutta agghindata, con tanto di guanti bianchi fino a mezzo braccio, che canta in playback ‘Amami se vuoi’. Un’emozione rara Luigi, anche per chi, come me, non ti conosce, come mi è capitato soltanto di fronte al susseguirsi dei fotogrammi che quel capolavoro di ‘Nuovo Cinema Paradiso’ ancora oggi ci regala.
Luigi è l’esempio di chi ha avuto successo; perché avere successo vuol dire comprendere i propri talenti e saperli coltivare. Che questo tesoro sia custodito e possibilmente divulgato ai giovani dalla tua famiglia e, dopo la telefonata che Pupi Avati ti ha fatto dopo aver letto il racconto, chissà che questa storia speciale non si trasformi in un film eccezionale!
Elisabetta Boni
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 3 gennaio 2017