Londa, lo svuotamento del lago finisce in Tribunale
LONDA – Doveva essere una semplice ripulitura del bacino, con la rimozione dei sedimenti da ricollocare nell’alveo del fiume Arno. Un progetto autorizzato dalla Provincia di Firenze e finanziato dalla Regione Toscana. Invece le indagini della Polizia Giudiziaria ne hanno ipotizzato gli estremi per un reato ambientale.
I fatti risalgono ad oltre due anni fa. Poi l’epilogo con l’intervento congiunto del Corpo Forestale dello Stato e della Polizia Provinciale, che insieme dettero seguito ad una disposizione del Giudice su istanza della Procura della Repubblica di Firenze. Così per l’invaso di “Gorazzaio”, meglio noto come “Lago di Londa”, scattò il sequestro preventivo. Il provvedimento ravvisava “a carico del sindaco di Londa, di un dirigente dell’Unione dei Comuni Valdarno Valdisieve e di un tecnico collaboratore di tale Ente, le ipotesi di concorso nei reati di illecito smaltimento di rifiuti speciali, danneggiamento di bellezze naturali e di adulterazione di acque destinate ad essere attinte per uso potabile”.
I lavori di cantierizzazione, propedeutici alle operazioni di ripulitura, iniziarono nel febbraio del 2014. Li annunciò, spiegandone il progetto, l’allora sindaco, poi indagato, Aleandro Murras. Nel dettaglio parlò di un finanziamento regionale di 250.000,00 euro, per la manutenzione straordinaria (la precedente era datata 1998) e ridurre il rischio idraulico. Indubbiamente buoni propositi. In effetti il bacino, negli anni, aveva ridotto il volume di accumulo di acqua in quanto gravato da circa 12700 metri cubi di sedimenti che ne pregiudicavano la vitalità e l’efficienza.
Poi, però, la buona volontà di rivitalizzare l’invaso è stata macchiata, almeno secondo il parere riportato negli atti, da una metodologia operativa che ne ha compresso l’esito, contaminando altri luoghi con i reflui di quella stessa manutenzione. Del resto i reati ipotizzati non sono di poco conto.
Le indagini avevano avuto avvio da un esposto presentato da parte di alcuni cittadini della zona che segnalavano la presenza di ingenti quantitativi di sedimenti e fanghi all’interno dell’alveo del torrente Moscia. Presumibilmente dovuti allo svuotamento del lago, dato che ciò era avvenuto in un periodo in cui non si erano verificate precipitazioni e temporali. Era stato verificato che la vuotatura dell’invaso era stata eseguita da personale dell’Unione dei Comuni e del Comune di Londa, nell’ambito del progetto denominato “Interventi per la gestione dei sedimenti del torrente Rincine e prima manutenzione dell’invaso il loc. Gorazzaio”.
Le stesse indagini avevano altresì accertato che le operazioni di svuotamento erano state compiute in una data antecedente al rilascio dell’autorizzazione provinciale e con modalità difformi dal progetto presentato. Peraltro non in ottemperanza alle linee guida in materia adottate dalla Regione Toscana, sulla base delle indicazioni del competente Dipartimento di ARPAT. Si giunse alla conclusione che le operazioni così condotte causarono “la fuoriuscita di un ingente quantitativo di fanghi pari a circa 600 metri cubi equivalenti a non meno di 1000 tonnellate, che la normativa vigente classifica come rifiuti speciali sia pure di natura non pericolosa”.
Fra l’altro, fra le pieghe della disposizione di sequestro preventivo, si annotava come “i sedimenti, ancora oggi presenti nell’invaso (e per i quali il progetto prevedeva la rimozione), presentano valori di idrocarburi in quantità superiori ai limiti di legge, così come determinato dalle analisi compiute dal Dipartimento ARPAT di Firenze successivamente alle operazioni di vuotatura del lago, ciò che non consente la loro futura allocazione all’interno del Fiume Arno, come invece previsto nel progetto presentato dall’Unione dei Comuni”. Insomma un pasticcio.
Quindi ieri 21 giugno, nell’aula 12 del Tribunale di Firenze, una nuova udienza, ove sono sfilati i testimoni dell’accusa. E’ stata l’occasione per contestualizzare e ribadire fatti e responsabilità. Il danno ambientale, lo smaltimento illecito di rifiuti speciali, addirittura la messa in discussione circa la riduzione del rischio idraulico e, nondimeno, la regolarità sull’assegnazione dei finanziamenti per quel progetto.
Questo è il resoconto, la cronaca della faccenda desunta dagli atti ufficiali, senza alcun commento. Il percorso della giustizia è ancora lungo. Ci è stato chiesto di non far dimenticare quanto sia accaduto. Non potevamo esimerci dal farlo.
Gianni Frilli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 22 giugno 2016