Moschetti a Leopoli, tra le sirene di allarme e l’incontro con il governatore della regione
LEOPOLI (UCRAINA) – “L’iniziativa prevede di portare in Italia 167 profughi. Anche se potrebbero essere degli imprevisti. Una parte di queste persone deve arrivare da Mariupol, ma ci hanno detto che il treno è stato bloccato e non sappiamo se arriverà”: lo racconta Gian Piero Philip Moschetti, sindaco di Palazzuolo sul Senio, che sta partecipando a una spedizione pacifista e umanitaria promossa a livello nazionale dalla Comunità Giovanni XXII di Rimini e alla quale hanno aderito oltre cento gruppi e associazioni (articolo qui), spedizione che ha varcato ieri mattina i confini dell’Ucraina, recandosi a Leopoli.
Mentre Moschetti è in linea, si sente che ha un sussulto. A Leopoli sta risuonando l’allarme aereo. Poi il sindaco di Palazzuolo riprende il racconto. “Questi profughi che porteremo in Italia saranno suddivisi in varie regioni. In Toscana ne dovrebbero arrivare una decina, e di questi cinque a Vicchio“.
Il sindaco Moschetti ha avuto un compito dal presidente della Regione Toscana Eugenio Giani: quello di consegnare una lettera al governatore della regione di Leopoli. Una lettera dove non soltanto si esprime solidarietà e vicinanza alla popolazione ucraina, ma si sottolinea di mettere a disposizione l’ospedale pediatrico Meyer per i bambini ucraini gravemente ammalati che avessero bisogno di essere ricoverati. “Il governatore di Leopoli – dice Moschetti – ha ringraziato in modo molto sentito, e sono davvero fiero di aver potuto consegnare questa lettera del presidente Giani nell’ambito di questa iniziativa per la pace a cui ho partecipato”.
All’inizio della telefonata il sindaco di Palazzuolo faceva un quadro piuttosto rassicurante: “La città è molto tranquilla – dice – . Non si avverte un’aria di guerra: puliscono le strade, raccolgono i rifiuti. Noto solo pochissimi uomini in età lavorativa. Loro non ci sono. C’è invece tanta polizia, ovunque, e nei punti nevralgici sacchi di sabbia, trincee. Una città non in guerra ma pronta a muoversi”.
Poi però arrivano gli allarmi. Un primo, un secondo, che scatta proprio nel momento in cui Moschetti sta telefonando:
“L’allarme è cessato. Una brutta sensazione. Ho avuto paura: ti trovi in mezzo alla strada, e vedi che tutti vanno a cercare una protezione, e anch’io l’ho fatto, si deve cercare la parola bunker”.
Stamattina ripartono: hanno già scaricato medicinali e viveri. E faranno salire sui loro furgoni persone in fuga dal loro Paese, soprattutto donne e bambini. Per la pace, contro la guerra.
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 3 aprile 2022