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Mugello a tutta trippa. A Barberino uno dei laboratori più importanti d’Italia, la Nuova tripperia fiorentina

Posted On 22 Feb 2018
By : Irene De Vito
Comment: 0
Tag: Barberino di Mugello, eccellenza, gastronomia

BARBERINO DI MUGELLO – Chi non conosce la “Nuova tripperia fiorentina”? Solo a nominarla viene l’acquolina in bocca…ma chi c’è dietro a quest’eccellenza “made in Mugello”?

Lui si chiama Tiziano Trapani fiorentino doc, anzi sanfredianino, e viene da un’antica famiglia di trippai. Trentacinque anni fa ha aperto il suo stabilimento a Barberino di Mugello dove si è subito sentito a casa. Tiziano ha partecipato alla trasmissione  “Uno sporco lavoro” con Chef Rubio (qui), ha vinto il “Torrino d’oro” per la “Cena in piazza del Cestello” organizzata dal Comitato Festeggiamenti San Frediano e, proprio qualche giorno fa, è stato ospite de “I soliti ignoti” su Rai1. Inoltre, la “Nuova tripperia fiorentina” è anche l’unica azienda mugellana presente in modo permanente al parco agroalimentare “Fico Eataly World” di Bologna.

Sempre al suo fianco la moglie Elisabetta e l’amico di sempre Luca Giannelli, storico, esperto di trippa e del buon mangiare.

Come nasce la trippa? [Tiziano Trapani] Innanzitutto sfatiamo il mito che trippa e lampredotto siano prodotti che si mangiano solo a Firenze. Tutt’altro. Però è a Firenze che viene lavorata e poi cotta in una certa maniera. Nella mia famiglia si fa trippa dalla fine dell’800, ma è Luca il vero esperto….

[Luca Giannelli] La trippa è radicata, fin dall’antichità, in tutte le parti del mondo. Si hanno notizie certe che la mangiassero gli etruschi, i romani e nel Medioevo. Per quanto riguarda la tradizione fiorentina si risale attorno alla fine del ‘200 quando si macellavano gli animali nelle botteghe dei “Beccai” poi, intorno alla seconda metà dell’800 l’ultimo GranDuca, Leopoldo II dei Lorena, decise di far costruire il primo macello pubblico, proprio a San Frediano, e fu proprio lì che la famiglia di
Tiziano, i Bambi, iniziò la sua lunga tradizione nell’arte della trippa. Una storia in ascesa che parte tra via dell’Orto e via di Camaldoli per poi espandersi grazie alla costruzione del Mercato Centrale e di quello di Sant’Ambrogio. Di trippa e lampredotto, pur essendo piatti del popolo, erano ghiotti anche i Medici, si racconta in certe cronache che Lorenzo Il Magnifico ne fosse ghiotto e che veniva servito nei banchetti dei Graduca a Palazzo Pitti. Forse è proprio grazie alla vicinanza con Firenze ed all’influenza dei della famiglia De’ Medici che la Trippa si è conquistata il suo spazio anche in Mugello.

Che differenza c’è tra trippa e lampredotto? Sono due stomaci del vitellone. Se parliamo della preparazione, invece, per quanto riguarda la trippa il macellaio, oggi, ha dei macchinari che gli permettono di pulirla ed a noi arriva praticamente pronta per essere cotta. Per il lampredotto la storia è un’altra, qui si torna indietro alle tecniche medievali. Infatti, va lessato e pulito col “bruschino” pezzo per pezzo.

Come si diventa un’eccellenza in  questo campo? Intanto è importante avere “l’arte del mestiere”, ed in questo caso la mia famiglia ce l’ha, visto che è in questo campo dal 1890. Io faccio Trapani di cognome ma mia mamma faceva Bambi e la sua famiglia era famosa in tutta la Toscana per trippa e lampredotto. Poi, è importante la qualità della materia prima che, qui in Mugello, abbiamo trovato alla Caf di Firenzuola. Inoltre, quello che è importante nel nostro prodotto non è tanto la razza dell’animale, ma la qualità di quello che mangiano e in Mugello, si sa, gli allevamenti sono un fiore all’occhiello e le bestie stanno bene e mangiano bene! Personalmente non ho mai detto che il nostro prodotto sia un’eccellenza, però siamo molto richiesti, quello sì, e mi fa molto felice quando ci fanno i complimenti. Finché i nostri clienti ci apprezzeranno e continueranno a richiedere i nostri prodotti vorrà dire che abbiamo fatto un buon lavoro.

Come si è trovato in Mugello? Ho messo “bottega” in Mugello perché i fondi costavano poco e perché con i camion si arriva velocemente a Modena e Reggio Emilia. Devo dire che mi sono sempre sentito a casa mia. Le persone, in particolare, mi hanno sempre trattato bene. Vorrei cogliere l’occasione per spendere due parole a favore dell’Usl di Borgo San Lorenzo. Qualche tempo fa ho avuto occasione di incontrare l’assessore alla Sanità della Regione Toscana Stefania Saccardi e le ho fatto presente l’ottimo lavoro che ha fatto il dottor Ciro Longobardi, insieme ai suoi colleghi, sviluppando con la mia azienda un ottimo rapporto di collaborazione. Tornando al Mugello sono proprio contento di lavorare qui, in un territorio ricco, da sempre, di eccellenze.  Ne sono orgoglioso. Il Mugello ci ha dato tanto ed è anche per questo che cerchiamo di “restituire” qualcosa facendo beneficenza. Regaliamo trippa alla Caritas e ad altri enti ed in cene di beneficenza come la “Notte da Leoni” all’autodromo di Scarperia.

Parliamo un po’ di numeri? Parliamone! A Barberino ho 13 dipendenti, se non erro, per produrre circa 250 quintali alla settimana che viene per lo più distribuita in Toscana. 

Qual è LA ricetta per una buona trippa? La preparazione classica per eccellenza è quella al sugo o “alla fiorentina”. Bisogna soffriggere un battuto di odori – sedano, carote e cipolla -, quando è bella rosolata si butta la trippa e si fa “tirare”, si sfuma con il vino bianco e poi si aggiunge la conserva. Una cosa molto importante sono i tempi di cottura: a chi vi dice che cuoce in mezz’ora non credete. Deve cuocere almeno un’ora ed un quarto.

Quale errore non va assolutamente fatto? Servire il lampredotto freddo o la trippa non “tirata” che diventa tutta “molle”, uno schifo. Un trucco per riconoscere la cottura giusta? Dev’essere collosa.

E per il lamperdotto? Si prende una bella pentola con acqua, sale, odori, mezzo tubetto di concentrato di pomodoro ed il lampredotto. Tutto a freddo, mi raccomando. Da quando stacca il bollore, deve cuocere almeno due ore ed è pronto. C’è chi mette il dado o altre spezie ma io no. Io lo faccio tradizionale, semplice, come lo faceva mia nonna. Il lampredotto si mangia nel panino o al piatto con la salsa verde e quella piccante. Mi raccomando però, dev’essere caldo sennò, come si dice a Firenze, “rassega”.

Si potrebbe fare un menù a base di trippa e lampredotto? [Luca] – Certo che sì!

  • Crostini al lampredotto con fagioli
  • trippa fredda
  • Riso e cavolo su lampredotto
  • trippa alla fiorentina

Un’apoteosi di banchetto. Il tutto accompagnato da un buon vino e da contorni locali come fagioli o funghi. Si potrebbe parlare all’infinito di menù perché, anche se non sembra, il mondo legato alle ricette di questi due ingredienti è sconfinato. Diciamo che il menù “classico” è questo.

Irene De Vito
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 22 febbraio 2018

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