Non ci resta che ridere
MUGELLO – Nuovo episodio di inefficienza nell’amministrazione pubblica. Dipendenti comunali che si muovono ed operano all’interno della propria struttura con una leggerezza ed un modo da circolo ricreativo. Intendiamoci, questo non può essere lavoro tutelato dal diritto, semmai è l’occupazione di un “posto” dove l’interesse personale prevale sul bene della collettività. Ormai sembra tutto incontrovertibile, così oltre l’indignazione civica non ci resta che ridere. Sarcasmo libero.
Neppure la rassegnazione è sufficiente per elevare a sdegno e amarezza quanto sta accadendo dentro e intorno alla gestione della cosa pubblica. Il recente fatto dei dieci dipendenti pubblici del comune di Borgo San Lorenzo, diciamo poco inclini a rispettare le regole di lavoro, è l’ultimo, beninteso in ordine temporale, di certo non definitivo, dei diversi casi in cui lo spirito da maramaldo e l’interesse personale prevalgono sul senso civico e sul bene della collettività. Il tutto con una accusa grave: ipotesi di reato di truffa ai danni di Ente Pubblico e peculato. Così, il provvedimento giudiziario – emesso dal Giudice delle Indagini Preliminari presso il Tribunale di Firenze – ha previsto, più nel dettaglio, la sospensione dal servizio per 6 mesi di 2 dipendenti comunali mentre per gli altri 8 l’interdizione è stata determinata in 3 mesi. Sicché, indignazione civica. Anzi, incazzatura sociale.
Un fatto clamoroso, inusuale per il Mugello. Avvezzo, questo territorio, ad essere elevato a modello di buona ed efficiente amministrazione pubblica. Episodio isolato o fenomeno consolidato? Magari celato nell’ombra di situazioni ataviche e tollerate dietro al buonismo del quieto vivere? Quesiti che non avranno, probabilmente mai, risposta. Ne andrebbe del buon nome della politica nostrana che, in tanti casi, anno dopo anno, ha distribuiti all’interno delle proprie amministrazioni i cosiddetti premi di produzione, per il conseguimento di chissà quali obbiettivi.
Purtroppo ne esce l’immagine di un Mugello, una parte di questo, figlio di un Italia minore, un’Italietta, dedita ad arraffare, dove il diritto al lavoro è confuso, o forse artatamente ridefinito, con il privilegio di occupare un posto. Una sostanziale differenza. Sì perché l’avere e il dover svolgere un lavoro appare inconciliabile con l’abulia e la malafede presenti in certe frange dell’impiego pubblico. Certo, ovvio, indiscutibilmente, non tutto quel mondo è così, ci mancherebbe. Ma è altrettanto vero che la quasi totalità di una tale fattispecie, dalle assenze al multi timbro del cartellino, ai mancati controlli ed alla scarsa produttività, trovano un humus prolifico nell’amministrazione pubblica e nella costellazione di enti e società partecipate a quella riconducibili. Dati di fatto, una certezza.
A margine di questa vicenda borghigiana, per la verità come per altre della stessa foggia e stampo, nel paragone con quanto possa accadere nell’universo parallelo del lavoro privato, si evince la consistenza iniqua del trattamento riservato ai protagonisti. Alla sospensione e interdizione temporanea comminata nel pubblico impiego si contrappone il licenziamento in tronco del rapporto nelle realtà private. In ogni caso, da ogni punto di vista, se troppo morbido l’uno, o decisamente mortificante l’altro, se ne coglie una disparità ingiustificata, intollerabile. O va bene il primo, oppure il secondo.
Infine, il rammarico per non riuscire, mai, a correlare a queste malversazioni il vertice della vigilanza, del controllo. Succedono, di frequente, certi fatti. Si beccano gli attori della farsa, tuttavia non emerge alcuna responsabilità superiore. Sì, non ci resta che ridere.
Gianni Frilli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 20 dicembre 2017
C’è ben poco da ridere.
Le indagini son state fatte e il risultato (sembra) raggiunto.
Io son sempre stato contrario al termine “furbetto”, perché se si da del furbo (anche se usato in maniera dispregiativa) a chi ruba, evade o quant’altro, vuol dire che chi non lo fa è un ” cretinetto”.
Vista la “gigante” truffa (a sentire TG non solo locali ma addirittura nazionali) c’è poco da commentare. Rimane il dispiacere perché persone che tutti conosciamo son state ormai marcate col timbro a fuoco.
Si, perché visto che il paese è e rimane piccolo, la gente mormora e continuerà a mormorare.
E anche chi fa/faceva il suo lavoro “onestamente” ne rimarrà in parte marchiato (siate onesti, quanti hanno sempre fatto di tutta un erba un fascio e quando parlano di “dipendenti pubblici” generalizzano con un “son tutti fannulloni”?).
Mi piacerebbe rimarcare quello che è il problema a monte.
Chi deve controllare non ha mai controllato.
Succede in ogni settore del pubblico.
Si danno gli appalti per le infrastrutture, le ditte (se non falliscono) spesso fanno lavori al limite dello scandalo, si gonfiano gli appalti e alla fine si buttano via miliardi di euro. E nessuno paga o si prende la responsabilità. Viene lasciato fare a tutti quello che vogliono e poi se c’è un problema si fa sempre fuori il pesce più piccolo.
Se l’ultimo dei dipendenti viene preso in fallo, il dirigente che lo doveva controllare rimane ben attaccato al suo sedile e anzi quasi quasi prende anche un premio per aver fatto punire quello che avrebbe dovuto controllare.
Siamo in Italia. Nei giorni scorsi in TV c’era la Santanchè a condannare i dipendenti pubblici che timbrano e vanno al bar.
La Santanchè. È una parlamentare italiana che ha quasi il 90% di assenza alla Camera. Ma ha già diritto a vitalizi e riscuote migliaia di euro al mese. Ma invece di andare ai dibattiti e ai lavori parlamentari sta sempre a fare la morale in TV (certe volte addirittura in collegamento dal salotto di casa sua).
Questo era solo un esempio. Solo per dire che chi è più in alto è sempre il più intoccabile. Un dirigente può licenziare chiunque, ma nessuno può toccare il dirigente.
Non voglio giustificare nessuno, ma l’Italia è un paese che va rifondato partendo dalla testa. Se a pagare rimarranno sempre i più piccoli non ne verremo mai fuori. Allora iniziamo a sospendere chi doveva controllare e far rispettare le regole del lavoro. Poi puniamo chi si comporta male. Tutti.