MUGELLO – L’architetto Paolo Pinarelli è stato per molti anni dirigente comunale in Mugello. Prima a Barberino di Mugello, dal 2001 al 2009, e poi, fino a due anni fa, all’ufficio tecnico di Borgo San Lorenzo. Poi tornato come funzionario tecnico al comune di Firenze, proprio un mese fa era stato nominato nuovo dirigente del settore Lavori Pubblici e Patrimonio oltre al Servizio Edilizia Privata e Condono, Servizio Urbanistica, del comune di Empoli.
E qualche giorno fa, nella sentenza che riguardava l’inchiesta sull’urbanistica a Barberino, che vedeva imputati Paolo Cocchi (articolo qui), Gian Piero Luchi, Alberto Lotti ed altri, Pinarelli compreso, quest’ultimo è stato l’unico ad essere condannato, a un anno e due mesi, per “falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici”.
Pinarelli risulta essere condannato solo per il fatto che nella variante urbanistica contestata non era riportata nella cartografia una strada, che in realtà esisteva. Un errore dell’ufficio tecnico, un documento firmato dal responsabile Pinarelli che, una volta emersa l’inesattezza, fu corretto in fase di redazione del nuovo regolamento urbanistico.
La condanna fa seguito a una dichiarazione di “non luogo a procedere” del Giudice per l’Udienza Preliminare del Tribunale di Firenze per tutte le accuse per tutti gli imputati “perché il fatto non sussiste”.

“Prendo atto con stupore e con rammarico – spiega lo stesso architetto Pinarelli – di una condanna che non mi aspettavo, essendo stato già prosciolto da ogni attribuzione da parte del Giudice per l’Udienza Preliminare. Il riferimento risale a un atto adottato nel 2008 dal comune di Barberino. Nella sentenza si parla di falso ideologico a proposito di un errore pubblicamente riconosciuto e al quale è stato posto rimedio a cura del mio stesso ufficio. Nessun elemento emerso dal dibattimento indica che l’errore sia stato compiuto consapevolmente e quindi manca la dimostrazione del dolo necessaria affinché l’errore possa assumere la consistenza di un reato. Proprio per questo il GUP aveva ritenuto, nel 2013, di assolvermi perché il fatto non sussiste. L’inesattezza nel piano di lottizzazione per l’ampliamento dell’outlet di Barberino consisteva nell’aver riportato in cartografia una viabilità non prevista dal vecchio piano di fabbricazione ma già esistente come strada privata, e che era già stata inserita nel nuovo strumento urbanistico già adottato. Questa circostanza indusse l’ufficio ad attestare la conformità del piano, che invece non era pienamente conforme al vecchio strumento urbanistico all’epoca vigente. L’errore venne rilevato dal mio ufficio subito dopo l’adozione del provvedimento e, dopo una relazione pubblica in consiglio comunale, fu deciso di attendere che l’approvazione del nuovo regolamento urbanistico, sopravvenuta nei mesi successivi, sancisse la conformità di quel piano di lottizzazione facendo decadere il vecchio piano di fabbricazione e annullando di fatto l’errore. In ultimo, va ricordato che l’errore per il quale sono stato condannato non ha prodotto alcun vantaggio alla parte privata perché, qualora riscontrato tempestivamente, sarebbe stato sufficiente adottare il piano di lottizzazione con contestuale variante al vecchio strumento urbanistico, consentendo così l’approvazione del piano di lottizzazione con largo anticipo rispetto a quanto poi accaduto. Invece proprio quell’inesattezza ritardò l’inizio dei lavori dell’ampliamento dell’outlet. Di fatto, ribadisco, quell’errore andò a svantaggio del privato. Tutto questo nei termini tecnici di quello che accadde.
Poi, come architetto iscritto all’ordine, ritengo di dover rispondere a dei doveri morali richiesti dalla deontologia della mia professione e quindi, dal punto di vista personale della mia coscienza, ritengo di non aver mai, col mio operato, leso gli interessi dei cittadini di Barberino di Mugello, né di aver violato quei principi etici ai quali mi attengo fin dagli inizi del mio percorso professionale.
Anche per questo, ho proseguito nel mio lavoro anche dopo i fatto contestatimi contando nella possibilità di difendermi e di rivendicare la correttezza del mio operato. Possibilità che, auspico, mi verrà data in sede di appello. Per questo resto al mio posto con serenità e fiducia nella giustizia, ringraziando l’amministrazione comunale di Empoli per la fiducia che vorrà continuare a dimostrarmi”.
Il capo di imputazione a cui si fa riferimento per la condanna dell’architetto Pinarelli è il 479 del codice penale, vale a dire “Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici”. Tale condanna non porta conseguenze sul rapporto di lavoro poiché non si tratta di reato contro la pubblica amministrazione. E quindi Pinarelli potrà proseguire regolarmente il suo operato al servizio dell’amministrazione comunale di Empoli in quanto il reato contestato non comporta incompatibilità col suo incarico.
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 18 marzo 2016