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RIFLESSIONI SUL VANGELO DELLA DOMENICA – “Mio Signore e mio Dio!” La Domenica, primo giorno della settimana
Una riflessione sul primo giorno della settimana, la Domenica. E una riflessione su questa Domenica particolare della Divina Misericordia, con questi due Santi polacchi, Faustina Kowalska e Giovanni Paolo II.
Prima riflessione. Primo giorno della settimana. Nel Vangelo di questa Domenica sta scritto: “La sera di quel giorno, il primo della settimana, venne Gesù, stette in mezzo…”. Gesù risorto non ha incontrato i primi cristiani o Tommaso, in questo caso, il Martedì o il Mercoledì o il Venerdì; ma li ha incontrati la sera del primo giorno, il primo della settimana, la Domenica. E, allora, secondo me, in questa Domenica dobbiamo riscoprire la potenza del primo giorno.
La Domenica non è l’ultimo giorno della settimana. Molti cristiani la vivono così. C’è la settimana e alla fine c’è la Domenica. E, invece, no! La liturgia di oggi, il tempo pasquale, ci ricorda questo: la Domenica è il primo giorno della settimana. Tutto parte da Lui e tutto parte con Lui, cioè parte con Gesù, il Crocifisso risorto, vivente in mezzo a noi.
Ed ecco il Vangelo di oggi. Gesù, il Crocifisso risorto, vivente in mezzo a noi, dice a Tommaso: “Toccami. Guardami. Sono vivo in mezzo a voi. Ci sono”. E, allora, occorre che facciamo un passaggio dalla Domenica vista come precetto, come dovere, come convenzione – provate a pensare al dramma di noi adulti coi nostri giovani, adolescenti, ragazzi: “Vieni a Messa! Dai, vieni a Messa!”, e il ragazzo non vuol venire; “Che vengo a Messa a fare? E’ un dovere; è un precetto. E’ una cosa che non sento!” – alla convinzione: “Che bello, finalmente è Domenica! Posso incontrare Gesù. Mi occorre questa presenza. Mi occorre questa amicizia. Mi occorre questa sorgente perché io non so amare; non riesco ad amare; non riesco a sperare. Mi occorre una forza dall’alto, una energia, una presenza, una amicizia”. E tutto questo è Gesù risorto presente in mezzo a noi. Non possiamo far senza la Domenica perché vorrebbe dire far senza il Signore risorto. E noi siamo cristiani, gente che appartiene a Gesù, che crede in Gesù, che l’ha messo come primo nella propria vita. Notate. “E i discepoli gioirono al vedere il Signore”. Quanti cristiani vedono così la Domenica, come una gioia? “Finalmente è Domenica! Finalmente vado in chiesa, vedo la mia comunità, incontro i miei amici, sento quella Parola unica del Vangelo, mangio quel Pane che è forza per il mio cammino, per il mio duro mestiere di vivere e di essere uomo e di essere donna. Meno male che è Domenica! Aspetto la Domenica! Preparo la Domenica!”. Quanti cristiani ragionano così? La Domenica attesa perché è il momento della gioia, della speranza, del ricominciare, del vedere gli altri, in cui si ascolta quella Parola e si mangia quel Pane.
Si parte da Lui. La settimana parte da Lui, avendo Lui come forza. E non soltanto parte da Lui – primo giorno, la Domenica, perché è il giorno del Dominus, del Signore risorto – ma si parte con Lui. Quanti di noi, quando si alzano al mattino, fanno questa esperienza di svegliarsi sapendo che il Signore si alza prima di noi e che Gesù risorto è nostro compagno – cum panis – perché noi mangiamo lo stesso Pane? Se la settimana prossima partirà da Lunedì, peggio per noi. Molta gente vive la settimana partendo dal Lunedì. Sbaglia tutto perché perde la Domenica; perde il primo giorno della settimana; perde la partenza da Lui, per Lui e assieme a Lui. Perdiamo Gesù risorto che è la forza, che è la luce, che è il senso e il segreto della fede cristiana e della vita cristiana.
Seconda riflessione. Questa è la Domenica della Divina Misericordia grazie a due Santi polacchi. Santa Faustina viene venerata come l’Apostola della Divina Misericordia e nel suo Diario, Gesù le usa l’appellativo di “Segretaria della Divina Misericordia”. In una rivelazione Gesù le confidò: “Il mio Cuore è stracolmo di tanta Misericordia per le anime… Oh! Se riuscissero a capire che Io sono per loro il migliore dei Padri; che per loro è scaturito dal mio Cuore Sangue ed Acqua, come da una sorgente straripante di Misericordia; che per loro dimoro nel tabernacolo e come Re di Misericordia desidero colmare le anime di grazie, ma non vogliono accettarle… Oh! Quanto è grande l’indifferenza delle anime per tanta bontà, per tante prove d’amore! Hanno tempo per ogni cosa; per venire da Me a prendere le grazie non hanno tempo…”.
Capite? Pregare è respirare il cielo. Pregare è ricevere il cielo, è ricevere l’amore di Gesù, il Signore crocifisso e risorto, forza e speranza per la vita. E San Giovanni Paolo II è il Papa della Misericordia perché lui ha fatto questa scelta: che la II Domenica di Pasqua diventasse, in tutto il mondo cattolico, la Domenica della Divina Misericordia. E lui è morto, 19 anni fa, il 2 Aprile 2005, Domenica della Divina Misericordia. Papa Giovanni Paolo II, Papa missionario: 104 viaggi apostolici. Il mondo era suo; andava dappertutto, senza paura, a raccontare il Signore Gesù. E questo Papa missionario è stato un grande credente.
Vorrei finire la mia riflessione con un’immagine che mi è rimasta in mente, e una testimonianza. L’immagine è questa. Venerdì Santo 2005. Il Papa Giovanni Paolo II era alla fine oramai. Tanti lo abbiamo visto con in mano il Crocifisso. Prima lo ha appoggiato alla testa, poi l’ha baciato e, poi, l’ha messo accanto al cuore. Basta questa immagine per capire un amore, per capire la fede cristiana.
E la testimonianza è di un giornalista che è stato molto vivace nei decenni passati, Domenico Del Rio, poco prima di morire, in questo dialogo con Luigi Accattoli, anch’egli vaticanista: “Vuoi dire qualcosa a qualcuno? “.
Domenico Del Rio: “Al Papa Giovanni Paolo II. Vorrei far sapere al Papa che lo ringrazio. Vedi tu se puoi farglielo sapere. Che lo ringrazio, con umiltà, per l’aiuto che mi ha dato a credere. Io avevo tanti dubbi e tante difficoltà a credere. Mi è stata di aiuto la forza della sua fede. Vedendo che crede con tanta forza, allora anch’io un poco mi sono fatto forza”.
“E’ legato a qualche episodio o parola del Papa questo aiuto?”. “L’avevo a vederlo pregare, quando si mette in Dio e si vede che questo mettersi in Dio lo salva da tutto. Ho cercato di fare come lui”.
“E così quei dubbi li hai superati?”. “Non li ho superati, ma non li ho più considerati. E’ come se li avessi messi in un sacco e li avessi lasciati mettendomi in Dio, come ho imparato a fare dal Papa. Di questo lo ringrazio. Da nessuno mi è venuto tanto aiuto come dalla sua fede”.
Questo giornalista ha visto il Papa Giovanni Paolo II che non viveva soltanto con Dio, che ha capito la Domenica, che Gesù risorto è con noi, ma viveva in Dio; gettava la sua vita, i suoi problemi, in Dio, nell’oceano della sua Misericordia. E da qui derivava la sua fede, la sua speranza, la sua carità.
Un’ultima battuta. Questa è anche la Domenica di Tommaso, che da incredulo diventa credente e dice: “Mio Signore e mio Dio”, una frase che dico sempre, ad ogni santa Messa; quando alzo l’ostia consacrata, quando alzo il calice, io dico sempre: “Mio Signore e mio Dio”. Ecco, dire ”mio”, questo aggettivo possessivo indica che c’è un’appartenenza, c’è un legame dolce, un legame profondo con la persona adorabile del Signore Gesù.
Questo auguro a me e a ciascuno di voi: di gustare la gioia di essere cristiani, di essere gelosi della Domenica, il primo giorno della settimana, di poter vivere ogni settimana partendo da Gesù e con Gesù. Che il Signore Gesù sia veramente il nostro quotidiano compagno dell’esistenza e la sorgente inesauribile della nostra speranza.
Don Luciano Marchetti
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 7 aprile 2024
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