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Crespino, Cammino della Memoria. L’augurio del Card. Bassetti: “Dobbiamo imparare la lezione della Storia”
MARRADI – Il “Cammino della Memoria” di Crespino del Lamone è stato presentato la settimana scorsa. Si tratta di un percorso commemorativo, per ricordare le 44 vittime dell’eccidio del 1944. Totem e pannelli informativi raccontano la drammatica pagina di storia che segnò per sempre la comunità crespinese.
Quarantaquattro furono le vittime di quella tragedia, civili inermi, tra cui il parroco don Trioschi, fucilati sul greto del fiume Lamone. Da allora i loro resti riposano nel sacrario-ossario eretto vicino al corso d’acqua. Dalla chiesa, dove su un fianco saranno riportati i nomi, il “Cammino della Memoria” lo raggiungerà, appena terminati gli ultimi lavori, in un percorso di ricordo ma anche di preghiera.
E nella Chiesa il Card. Gualtiero Bassetti, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, marradese, ha tenuto un discorso molto bello, che vale la pena leggere per intero.
“Il mio dna, la cosa più intima della mia persona, è fatto da quattro nomi: Popolano, Marradi, Fantino, Crespino. Sono come quattro punti cardinali della mia vita, a cui sono legato con dei particolarissimi ricordi. In un certo senso Crespino li riannoda tutti questi nomi, perché qui ci sono anche i morti di Fantino. Quando ero alle elementari, tra i banchi della piccola scuola di Fantino, soprattutto nei primi anni, ho vissuto una esperienza molto triste, perché molti dei miei compagni di banco erano orfani, perché i loro babbi erano stati trucidati in questa strage, pure nelle loro case, a qualcuno addirittura fu dato fuoco che era nel fienile. Come non ricordare Il Pozzo, Il Cerreto, tutte queste case sparse alle quali sono legati questi nomi che sono poi là, nel sacrario. Rivedendo oggi qualcuno di voi mi è sembrato di vedere il suo nonno. Noi adesso abbiamo l’età dei nonni, qualche compagno di scuola che ora io rivedo oggi ormai cresciuto, ha più di settant’anni. Lo riconosco perché mi ricorda suo nonno. Questo è, in maniera molto semplice, fare memoria.
Ringrazio la maestra Fedora, che è la moglie di mio cugino, per aver portato qui i ragazzi delle scuole. Voi siete i destinatari più preziosi di questo incontro, perché sarete il nostro futuro, ma non domani. Io sono un uomo pieno di speranza e non dico mai che il futuro è domani. Il futuro è oggi. La speranza è oggi perché siete voi la nostra speranza e vi dobbiamo aiutare a crescere con quei valori belli di cui tutti gli uomini e tutte le donne che vengono in questo mondo hanno bisogno. Grazie davvero per essere qui. Io porto sempre nell’animo anche il ricordo della strage di Civitella della Chiana, più di duecento persone. Erano tutte in chiesa perché era la mattina della festività dei Santi Pietro e Paolo. Fecero finire la Messa e poi le portarono tutte nella piazza. Due delle SS presero il parroco perché volevano che si salvasse e uscisse dalla sacrestia, ma lui disse: “No, no. Io voglio vedere quello che succede alla mia gente”. E quando si accorse quello che stava per accadere, si fece avanti. Era anziano il parroco di Civitella. Disse: “Prendete me, non vedete che sono donne, bambini, gente innocente. Ma che fate?”. Sapeva parlare anche un po’ di tedesco. Fu il primo a venire fucilato. Disse soltanto queste parole che tutti oggi ricordano a Civitella Chiana: “Ne risponderete davanti a Dio”. Noi dobbiamo imparare la lezione della storia.
Guardiamo a quello che sta succedendo attorno a noi, lasciando stare il mondo che è tanto grande, prendiamo il Mar Mediterraneo che il prof. La Pira di Firenze chiamava il “Lago di Tiberiade”, con tutti i popoli che gli abitano attorno, e che sta diventando veramente la bocca di un vulcano. Sono molto preoccupato come uomo di Chiesa e anche per la responsabilità che ho all’interno della Cei, di quello che sta succedendo nei paesi intorno al Mediterraneo. Allora mi domando: “La Storia o è una cattiva maestra che non sa insegnare o ha dei pessimi alunni che non imparano mai la lezione”. Noi non vogliamo essere dei pessimi alunni. Noi vogliamo ricordare per cambiare. Non va bene l’odio, non va bene il nemico, non va bene dire ‘Non mi interessa’, questo lo ricordava anche don Milani. Va bene dire ‘mi interessa’, ‘mi sta a cuore’, curarsi degli altri, come fece il buon samaritano. Questo può cambiare il volto della Storia. Ecco perché siamo qui per ricordare. Non per suscitare qualche sentimento sbagliato. Mio Dio, questa sarebbe la cosa più tragica. Ma per dire: ‘Questo non deve più accadere. Io devo crescere, voglio impegnarmi con sentimenti tali da essere solo un portatore di pace’. Quattro anni fa fui mandato per accendere l’albero della Pace a Betlemme. C’erano tutte le autorità palestinesi, c’erano gli ortodossi, c’erano i cattolici. Intervenne il capo del governo palestinese, lui musulmano, e mi disse: ‘Eminenza, a cento metri da qui c’è il luogo dove la notte di Natale gli angeli hanno cantato ‘Gloria a Dio e pace in terra a tutti gli uomini di buona volontà’’. E osservando l’albero di Natale io chiesi: ‘Perché in mezzo a tante luci ci sono delle zone d’ombra?’ Lui rispose: ‘Quelle rappresentano i paesi della guerra’. Purtroppo la zona d’ombra è talmente aumentata che quest’anno non hanno fatto nemmeno l’albero e non faranno nemmeno la rievocazione di questo grande fatto che riguarda tutta l’umanità, quando un giorno il Figlio di Dio è venuto sulla terra e ha detto: ‘Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace, pace, pace a tutti gli uomini’. Allora speriamo che anche a Betlemme, il prossimo anno, almeno l’albero sia di nuovo alzato e sia diminuita la zona d’ombra, perché tutti gli uomini, cominciando da noi che siamo qui, avranno imparato la lezione dell’amore, della pace, della giustizia e della fraternità tra tutti gli uomini. Questo è l’augurio che voglio fare a tutti”.
Fabrizio Nazio
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 21 dicembre 2017
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