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“Un cristianesimo insieme accogliente e fermo, tenero e duro, quello di Don Milani”: il commento del prof. Marco Bontempi
Il prof. Marco Bontempi
VICCHIO – Abbiamo chiesto a Marco Bontempi, docente all’Università di Scienze Politiche e Presidente del Centro di Documentazione don L. Milani e Scuola di Barbiana (che è Ente Pubblico del Comune di Vicchio) un giudizio sulla visita di Papa Francesco a Barbiana.
Che bilancio può fare, a caldo, di questo evento? E’ un evento importante. Ma per capire in quale senso bisogna andare al di là delle emozioni e della straordinarietà di una visita papale nel Mugello. allora direi che due sono le cose da sottolineare. in primo luogo è un cambiamento radicale nella vicenda personale e pubblica di don Lorenzo: la Chiesa che lo ha a lungo accusato e represso, quella Chiesa che lui non ha mai nemmeno pensato di lasciare , ma nella quale ha fino all’ultimo cercato di trovare accoglienza senza trovarne, se non in poche, luminose, eccezioni, oggi gli riconosce per bocca del suo più alto rappresentante “fedeltà al Vangelo e rettitudine di azione pastorale”. Insomma, il massimo che si può chiedere ad un parroco. Però si farebbe un errore storico e umanamente grave se si pensasse che coloro che all’epoca lo hanno condannato e represso, a partire dal Cardinale Della Costa e i suoi collaboratori di curia, fossero in malafede, cioè pensassero che il comportamento di don Lorenzo fosse sbagliato solo perché troppo politico e quindi inopportuno, ma tutto sommato cristiano. No, non fu così, c’erano in ballo due concezioni profondamente differenti del compito del parroco e, in ultimo, della vita cristiana. Ed è su questo aspetto che dobbiamo considerare il secondo punto.
Lo si capisce se si riflette un attimo sulle ragioni che spinsero il Della Costa a mandare don Milani proprio in un posto come Barbiana. L’intento era di metterlo in condizione di non poter fare quello che aveva fatto a Calenzano, cioè una scuola popolare, aperta a operai e contadini. A Barbiana non c’era nulla. Non c’erano gli operai, non c’era la dinamica sociale di una cittadina come Calenzano, di campagna, sì, ma anche di prossimità alla città. A Barbiana non c’era nemmeno un nucleo di abitazioni, c’erano solo case sparse di contadini. Mancavano perfino la corrente elettrica e una strada decente. Mandare don Lorenzo lì aveva lo scopo, come molte testimonianze attestano, non solo di punirlo, ma, molto peggio, di fargli cambiare idea, di dimostrargli che il lavoro del parroco non consiste in quel tipo di impegno che lui aveva dimostrato a Calenzano, ma molto più nell’attività della liturgica sacramentale. Erano ancora i tempi in cui la messa era detta in latino, la messa in italiano arrivò nel 1969, due anni dopo la morte di don Lorenzo. Era ancora del tutto normale, all’epoca, una situazione che oggi ci appare assurda: persone analfabete che partecipano ad una liturgia di cui non capiscono una parola. Pensare di renderli capaci di “prendere la parola” era semplicemente assurdo, all’epoca. Quando arrivò la notizia del trasferimento a Barbiana tutti, ma proprio tutti, compresa la sua mamma, gli dissero di rifiutarlo, e in curia si pensava che lo avrebbe fatto, troppo grande era la distanza culturale, sociale, perfino religiosa, tra lui e i barbianesi. Ma le cose non andarono così.
E non è un caso se restando a Barbiana e iniziando fin dal primo giorno un’attività di scuola, don Milani dimostrò che solo con un impegno radicale di se stesso a favore della promozione umana, civile e cristiana degli altri, poteva mantenere la propria “fedeltà al Vangelo”, come ha detto papa Francesco. Il cristianesimo che don Milani ha testimoniato come parroco di Barbiana non era centrato sulla dottrina, ma ne era rispettoso, non si basava sulle devozioni, ma senza rifiutarle metteva al centro la crescita personale, la capacità di capire da parte di ciascuno, anche del più disgraziato. Era un cristianesimo insieme accogliente e fermo, tenero e duro. Era quel cristianesimo che papa Francesco oggi raccomanda continuamente ai preti. In questo senso don Milani ha davvero anticipato i tempi, anche nel modo di intendere la vita del parroco. Allora, da questo punto di vista, l’evento di oggi non attesta solo il movimento di “recupero” nella Chiesa di un uomo che ne era stato emarginato, attesta soprattutto il movimento di una Chiesa che va a pregare sulla sua tomba perché ha finalmente capito che quel modo di fare il parroco è IL modo nel quale prete può vivere in “fedeltà al Vangelo e con rettitudine di azione pastorale”.
Dopo questa visita, cambia qualcosa per quanto riguarda le modalità di diffusione dell’insegnamento milaniano? In questo mezzo secolo l’esperienza milaniana ha ampiamente superato i confini dei luoghi dove si è svolta e anche della Chiesa fiorentina. Barbiana e don Milani sono sempre più oggetti di studio, di ricerca, di racconto, di ispirazione e di motivazione per moltissime attività formative, di insegnamento, anche al di fuori delle motivazioni religiose. La riflessione su quanto accaduto a Calenzano e a Barbiana è ormai ampiamente indipendente dalle, pur importantissime, testimonianze degli allievi. Molte persone trovano motivo di riflessione e di crescita personale a partire dai testi della scrittura collettiva – Lettera a una professoressa (tradotta in moltissime lingue), la Lettera ai giudici, sull’obiezione di coscienza – anche se non sanno nulla, o quasi, delle vicende storiche nelle quali sono state scritte. Da questo punto di vista l’evento di oggi non è fondamentale, ma credo che rafforzi questa diffusione soprattutto tra i cattolici. In particolare potrebbe essere importante per un cambiamento che proprio in occasione di questa visita di Francesco è stato annunciato. il Cardinale Betori ha portato a Barbiana i preti consacrati negli ultimi 5 anni perché prendano insegnamento dalla figura di don Milani. Ecco questo impegno, se proseguirà, è una novità assoluta: far entrare la testimonianza milaniana in seminario, non fare solo visite a Barbiana, ma assimilare quel modo di azione pastorale e indicarlo ai nuovi presti.
In che cosa oggi l’opera di don Milani conserva una reale attualità? E quali sono invece gli aspetti che appaiono forse superati e obsoleti? Di superato c’è sicuramente l’epoca e la mentalità dell’epoca. Era importante allora, oggi è molto diverso. La sostanza però è completamente attuale ancora oggi. sia dal punto di vista della centralità della relazione nella motivazione allo studio e nell’apprendimento, sia dal punto di vista dell’importanza di quello che oggi si chiama peer education, cioè l’insegnamento fatto da ragazzi a coetanei o a ragazzi di poco più giovani, come era a Barbiana, sia l’importanza che la relazione ha per la formazione della persone come cittadino e come cittadino sovrano, cioè capace di responsabilità per sé e per gli altri. Infine è assolutamente attuale la connessione di tutto questo con la testimonianza cristiana.
Michela Aramini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 21 giugno 2017
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