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“Dopo 70 anni ho scoperto che la donna che rischiò la vita all’Otro era mia zia”. Un libro che attiva la memoria di Firenzuola
Tutto è cominciato due anni fa, quando si dovevano ricordare i settant’anni del bombardamento alleato su Firenzuola, che praticamente rase al suolo il paese. A nostro avviso si era trattato di un bombardamento di tipo terroristico. In piú quel bombardamento aveva alimentato il mito dei “tedeschi buoni” che, avendo ordinato l’evacuazione, avevano salvato la popolazione di Firenzuola da morte sicura.
All’interno della nostra Associazione si sono attivati quanti sentivano il bisogno di ricostruire le vicende del passaggio del fronte a Firenzuola per individuare fatti storicamente accertati dai quali fare scaturire una narrazione che rendesse il piú possibile chiara la complessità delle vicende del periodo. Abbiamo chiesto e ottenuto la collaborazione di storici locali come Luca Calzolari che ha studiato e continua a studiare i bombardamenti alleati sul nostro Appennino, o come Pietro Galeotti, un giovane storico che ha studiato gli aspetti militari dello sfondamento della Gotica tra la Colla e la Futa passando per il Giogo, e, infine, lo “storico ufficiale” di Firenzuola: Pier Carlo Tagliaferri con il suo preziosissimo archivio.
E poi abbiamo cominciato a raccogliere le testimonianze di quanti hanno vissuto direttamente quei momenti, e dei testimoni di seconda generazione che hanno riferito i racconti dei genitori e dei nonni.
Cinquanta “storici” al lavoro
Dalle bombe del 12 Settembre 1944 e dalle immagini di Firenzuola rasa al suolo si è sviluppata una spirale che ha convolto quasi cinquanta (47 per l’esattezza) persone e le edizioni “il filo” di Borgo San Lorenzo.
Il risultato di questo coinvolgimento e di questa partecipazione è stata la pubblicazione di un libro di oltre 350 pagine, ricco di testimonianze e di documenti inediti.
La voglia di riconoscersi nella storia. Nuove testimonianze e nuovi documenti
L’uscita del libro, a metà Giugno, è stata il centro di un altro processo a spirale.
Sfogliando il libro i firenzuolini si sono trovati di fronte ai nomi e alle facce dei fascisti che hanno fatto il buono e il cattivo tempo in paese, ma anche ai nomi degli antifascisti schedati, perseguitati e costretti all’emigrazione. E poi i nomi di quanti si sono impegnati nella Resistenza, nelle formazioni combattenti, ma anche nel sostegno in cento modi diversi di tante persone al movimento partigiano. Hanno trovato i nomi dei parroci che, in barba alle pretese dei fascisti di averli come sostenitori del fascio repubblichino, sono sempre stati vicini alle popolazioni travolte dalla violenza della guerra ed hanno aiutato il movimento partigiano rischiando la loro stessa vita. Hanno scoperto che persone “insospettabili”, come le sorelle Gatti, che cucivano le tonachine per i ragazzi del seminario, erano impegnate nel servizio informazioni di una brigata partigiana.
E cosí sono cominciate ad arrivare nuove testimonianze, fotografie, documenti. In tanti, attraverso il libro, hanno ricordato e ri-conosciuto la storia delle loro famiglie che è la loro stessa storia, inclusi gli episodi piú scabrosi.
A rischio di apparire piú presuntuosi di quanto siamo, crediamo che la nostra narrazione abbia svolto, per molte persone, una funzione catartica, purificatrice e liberatoria. Per altri è stata l’occasione per riscoprire il dramma in cui affondano le loro radici.
“Maria era mia zia”
Durante la presentazione del libro, il 19 Giugno scorso, sono state lette alcune pagine della testimonianza di Maria Galeotti, una giovane donna che viveva all’Otro, un podere nella zona di Casetta di Tiara.
Daniela Paolini, la bibliotecaria di Firenzuola, ha riconosciuto in quelle parole la storia della sua famiglia (Maria era sua zia), una storia di cui aveva vaghi ricordi di quanto raccontato dalla mamma.
Una vicenda emblematica: il rastrellamento all’Otro
Su questa scoperta si è sviluppato un altro giro della spirale: la ricerca dei protagonisti. In tanti hanno cercati i nonni, gli zii, i vicini di casa. Hanno richiamato alla memoria fatti e persone che pensavano di aver “dimenticato per sempre” in nome di una “pacificazione” fondata sull’oblio.
La vicenda dell’Otro è una sintesi significativa della complessità dei problemi. C’è di tutto: le prime azioni dei partigiani, la reazione dei fascisti e dei nazisti contro i partigiani e contro la popolazione civile, il rapporto dei partigiani con la popolazione, il problema delle spie, il ruolo del clero, i carabinieri antifascisti.
Era il 7 di Maggio 1944, la compagnia di Bob (Luigi Tinti) entrò nel cinema di Firenzuola dopo averlo circondato. I partigiani avevano un elenco dei fascisti locali. Fatte uscire le donne e i bambini, fermarono quanti (quattro) fra i presenti nel cinema comparivano nell’elenco. Fu chiesto ai militi della Guardia Nazionale Repubblicana asserragliati nella caserma vicina al cinema di consegnare le armi in cambio della vita degli ostaggi. Per tutta risposta dalla caserma partí una sventagliata di mitra. Nello scontro a fuoco che seguí morino tre ostaggi, uno rimase ferito, come un giovane partigiano che fu raccolto e curato nella vicina casa di riposo che fungeva da ospedale.
Tre giorni dopo 120 militi del Battaglione “Muti”, insieme a graduati e ufficiali tedeschi, su indicazione precisa di spie fasciste locali, si dirigono verso Casetta di Tiara, una zona in cui ogni casa di contadini era diventata una base dei partigiani. L’obiettivo è quello di catturare e fucilare gli uomini presenti sul territorio. Quando arrivarono i fascisti gli uomini erano già ben nascosti nel bosco. Le famiglie che vivevano all’Otro, al Faino e a Troncara furono rinchiuse in una stanza al Faino, con una mitragliatrice piazzata davanti alla porta. Un fascista lesse un biglietto con i nomi degli uomini della zona: se entro un’ora non si fossero presentati sarebbero stati fucilati tutti gli ostaggi rinchiusi al Faino.
Vittoria Galeotti, zia di Daniela Paolini, che aveva dodici anni, ricorda benissimo la lettura di quel biglietto con il nome del babbo e degli altri uomini della famiglia, ricorda che da tutti la stesura dell’elenco di nomi fu attribuita a un fascista proprietario di un podere vicino al loro, e racconta anche che la voce che leggeva quei nomi l’ha ossessionata per anni.
Nel frattempo all’Otro venne catturata una staffetta partigiana: torturato informò dell’arrivo di suoi sette compagni (la compagnia guidata da Caio) e fu immediatamente ucciso. Accanto a lui Maria Galeotti temeva di fare la stessa fine e ammise che la sera prima i partigiani – come aveva indicato la spia fascista – erano effettivamente stati a casa sua.
Fascisti e tedeschi si organizzarono per “accogliere” i partigiani e lasciarono perdere i civili. Maria abbandonò la casa dell’Otro e si diresse verso il Faino dove erano gli altri membri della famiglia, ma le venne impedito di portare con sé Felice, il figlioletto di quaranta giorno che rimase nella culla.
Don Cinelli a Casetta di Tiara
All’Otro si compí la vendetta fascista: tre partigiani furono uccisi in combattimento, quattro furono catturati feriti. Don Rodolfo Cinelli, il parroco di Casetta che nel frattempo era arrivato all’Otro, ne sollevò uno da terra (il comandante Caio), ma un graduato tedesco glielo freddò tra le braccia con un colpo di pistola. Gli altri tre furono passati per le armi.
Ma uno, Giuseppe Maccarelli, non era morto.
I carabinieri, che avevano accompagnato fascisti e tedeschi nella spedizione, furono gli ultimi ad andarsene, ma, prima di allontanarsi, avvertirono il parroco che uno dei partigiani era ancora vivo e che forse avrebbe potuto salvarlo.
Rientrando a casa Maria scoprí che la culla del figlioletto era stata passata da parte a parte da un proiettile. Il bambino però era stato messo in salvo dalla suocera di Maria.
Il bambino dell’Otro settantadue anni dopo
Felice Galeotti
Domenica 3 Luglio 2016, come ogni anno, a Casetta di Tiara si è celebrato il ricordo dei caduti civili e partigiani. Grazie alle indicazioni di Vittoria Galeotti e di Daniela Paolini non è stato difficile trovare Felice Galeotti, il bambino di Maria lasciato nella culla e salvato dalla nonna. Vive a Ca’ di Ciardi, vicinissima a Casetta. Un protagonista del nostro racconto era lí davanti a noi pronto a rievocare quel terribile 10 Maggio 1944 da lui tante volte rivissuto nei racconti di mamma Maria. Mentre parlavamo è arrivata la figlia di Felice con il proprio figlio Matteo, alunno di prima media, che con la sua professoressa Rosanna Marcato – coautrice del nostro libro – continuerà questo lungo e affascinante viaggio della e nella memoria anche a scuola,con i suoi compagni.
L’episodio dell’Otro e le vicende della famiglia Galeotti sono soltanto uno dei momenti di questa memoria ritrovata grazie a un libro di storia, nato dal lavoro di tante persone che hanno gettato un seme che ha cominciato subito a germogliare.
Luciano Ardiccioni
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 2 agosto 2016
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