IL PRESEPIO DI CLEMENTINA
Era da poco cominciato il mese di Dicembre con una nebbia fitta che, a sera, nascondeva le case: i rumori arrivavano attutiti e le luci, qua e là, apparivano fioche e tremolanti.
Quella nebbia era entrata dentro la signora Clementina che viveva ormai da sola; le annebbiava la mente e le rattrappiva il cuore.
Ma il mondo fuori scivolava verso il Natale e – per tradizione – tendeva a rivestirsi di luce, nonostante la crisi. I negozi cercavano con mille pretesti di invogliare la gente a comprare qualcosa ma la signora Clementina, come tanti altri, aveva un borsellino così debole e striminzito che sembrava uscito da un campo di concentramento.
“Sono vecchia – disse a se stessa ad alta voce come spesso le capitava – sono finiti i tempi delle cene al ristorante, delle feste in piazza per salutare l’anno che va e quello che viene, dei cestini -regalo traboccanti di mille specialità… Alla mia età le feste si passano in casa con la minestrina in brodo, le patate lesse e, come specialità, un clementino che ricorda il mio nome, senza dimenticare le pasticche prima e dopo mangiato. Non ho nemmeno voglia di tirar fuori le statuine del presepio che la mamma sistemava sempre sul cassettone dell’ingresso. Basta, ormai quel tempo è finito.”
E, scuotendo la testa, andò a letto come sempre, dopo aver letto dieci pagine del libro che teneva sul comodino.
Ma nella notte si sentì tirare le coperte.
“Che succede? – disse – Sento freddo. Non starò mica per morire?”
“Macché morire, scema! – disse una vocina – Siamo noi, siamo venuti a ricordarti che ci siamo ancora e non vogliamo restare chiusi e dimenticati in uno scatolone nel ripostiglio.”
E la signora Clementina si accorse che quello che le tirava le coperte senza tanti complimenti era un pastore con il bastone in mano e dietro di lui c’era un cane e delle pecore un po’ scombinate che tendevano ad andarsene per i fatti loro.
Si tirò su a sedere con gli occhi spalancati perché proprio sul suo letto stava arrivando una processione di personaggi che ricordava bene e tutti portavano qualcosa da offrire… a chi? Non certo a lei.
Allora si alzò dal letto con una sensazione mista di timore e di curiosità e andò difilato a vedere se c’era qualcosa su quel cassettone dell’ingresso.
E vide il muschio, il prato, le montagne, un’anatrina nello stagno fatto con uno specchietto e una piccola capanna abbandonata. Ma non c’era nessuno.
“Che significa questa storia? – disse Clementina ai pastori che l’avevano seguita. – Questa capanna è vuota.”
“E’ vuota – rispose il pastore che l’aveva svegliata – perché hai detto: Basta, ormai quel tempo è finito. Ma questa storia non finisce mai perché è fuori dal tempo. Fregati gli occhi e guarda per bene e la capanna si riempirà di luce e ci saranno Maria e Giuseppe e anche un bue ed un asino per ricordarti che anche tu, asinella, fai parte della storia. E, se guarderai meglio vedrai anche il Bambino sulla paglia, perché è nato, anche se c’è la crisi, è nato anche se non avevi voglia di accoglierlo e di fargli festa perché sapeva che in certi momenti, con la nebbia, arriva nel cuore un po’ di scoraggiamento.
Ma non si offende perché capisce tutto, anche quella voglia di protestare che se ne sta nascosta, in fondo in fondo. Per questo gli sembra indispensabile rinascere ogni volta.”
E Clementina si fregò gli occhi perché le sembrava di averci un moscerino e vide quel bambino che rideva anche se aveva soltanto addosso un camiciolino corto che lo copriva a malapena.
E la capanna era così calda di amore che le venne spontaneo il gesto di tendere le mani per scaldarsi.
Nicoletta Martiri Lapi
© il filo, Idee e notizie dal Mugello, fascicolo 256 febbraio 2014