La Disunione Montana dei Comuni del Mugello
MUGELLO – Un tempo la chiamavano, anziché Comunità Montana “Comunità lontana” o “Comunità mondana”. Ora che, ormai da anni, ha cambiato nome e si chiama “Unione montana dei Comuni del Mugello” verrebbe voglia di battezzarla in altro modo. Non Unione ma “Disunione montana dei Comuni del Mugello”.
Disunione perché sempre più forte è l’impressione di un ente che non riesce ad essere il punto di coagulo delle politiche mugellane, un ente in grado di promuovere unitariamente lo sviluppo del Mugello.
Non è cosa da ora e non è cosa da addebitare all’attuale presidente. Anzi, va detto che Phil Moschetti, oggi presidente dell’Unione e sindaco di Palazzuolo sul Senio, mostra impegno e volontà di fare. Ma c’è forse un ostacolo contro il quale non ha le armi sufficienti per combattere.
Il principale ostacolo dell’Unione del Mugello è l’atteggiamento di gran parte dei sindaci. Ognuno dei quali pensa prima di tutto al proprio comune. Prevedibile e perfino encomiabile, in un’ottica di municipio. Ma la forza e il significato di un ente sovracomunale è quello di andare oltre gli interessi settoriali, di disegnare una strada comune mirata a uno sviluppo dell’intera area.
Evidentemente i sindaci hanno preso la brutta malattia dei nostri tempi. Che stavolta, fortunatamente, non è il Covid. La diffusissima malattia è quella di “pensar per sé”, una sorta di individualismo istituzionale che paralizza ogni progetto davvero mugellano.
Diciamolo: il fallimento dell’Unione montana sta anche nella struttura che la Regione Toscana ha voluto a suo tempo: prima la Comunità Montana aveva un proprio presidente, e assessori autonomi. Ora invece, per una miope e ipocrita applicazione del taglio dei costi della politica (perché ora gli incarichi sono tutti gratuiti), la giunta è formata da tutti i sindaci, e il presidente lo fa, a turno, uno di loro. Tutte persone già impegnate fino al collo nella gestione dei propri comuni, e comunque tentate di tener d’occhio prima di tutto le esigenze dei loro municipi, e magari di usare l’Unione come una sorta di bancomat per pagare qualche iniziativa nei loro comuni. E poi manca la politica, mancano i partiti, manca uno strumento di elaborazione comune e di decisione condivisa.
Così le gestioni associate dei servizi languono -e vanno avanti per forza di inerzia e stato di necessità-, quando invece avrebbero potuto essere uno strumento per mantenere l’autonomia dei singoli comuni senza necessità di fusioni, ma ottenendo comunque notevoli sinergie e risparmi di risorse; ma soprattutto non si attivano più politiche complessive di area, progetti significativi e opere in grado di portar beneficio a tutto il territorio e a valorizzarlo.
E a proposito di progetti, ora ci sarebbe una grande occasione: il Recovery Fund, che porterà risorse straordinarie nel nostro Paese, un incentivo straordinario e non più ripetibile allo sviluppo. Ma per ottenere i finanziamenti, anche in Mugello, occorrerà avere progetti di livello, significativi, condivisi. Può darsi che ci siano, ma al momento niente si intravede. E sarebbe masochista avviare il gioco dei veti incrociati, tutti presi a guardare i propri piccoli progetti e a stoppare comunque quegli degli altri. Sarebbe l’ennesima occasione persa. E speriamo solo di non essere troppo pessimisti.
Paolo Guidotti
©️ Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 27 ottobre 2020
BRAVO PAOLO FINALMENTE SCRIVI LA VERITA’ SU QUESTO ENTE OGNUNO TIRA ACQUA AL SUO MULINO.
L’unione dei comuni è solo l’ennesimo ente di interfaccia tra Comune, Provincia e Regione.
Senza autorità e senza portafoglio.
L’unico passo da fare sarebbe stato avere un unico comune del Mugello. Scarperia e San Piero hanno fatto scuola, ma non è sufficiente.
Con questo sparpaglio è improbabile pensare di affrontare le sfide che citate con un minimo di programmazione ed efficienza.
Troppi galletti per quanto è grande il pollaio