Acquainbrick, lo stabilimento di Marradi è in funzione
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MARRADI – Da poco più di un mese Marradi ha un nuovo stabilimento produttivo. Che produce acqua in tetrapak. Lo ha avviato Acquainbrick, una società giovane – giovane in tutto, per l’età dei soci, per il suo essere start-up ed anche per l’approccio e la filosofia che la muove-, che ha scelto l’Alto Mugello per aprire il suo primo impianto di produzione. Christian Creati ne è l’amministratore unico e lo abbiamo incontrato per farci raccontare questa nuova avventura imprenditoriale e produttiva.
Da dove nasce l’idea di Acquainbrick? Acquainbrick nasce dalla volontà di due ragazzi modenesi, che poi sono diventati cinque nel corso del tempo, di minimizzare l’impatto ambientale all’interno del mercato promozionale. La loro idea era di fare un gadget, cui applicare un’etichetta e venderlo sul mercato promozionale, a eventi e manifestazioni. E si è compreso, dalla domanda che stava arrivando, che c’era un mercato. Così si è cercato un partner industriale etico, ovvero che non producesse in maniera ibrida, ma solo con acqua in cartone. Lo abbiamo trovato a Malaga in Ly Company Water Group, azienda leader mondiale nella produzione di acqua in cartone, che quando ha compreso la nostra volontà di aprire uno stabilimento in Italia, ha detto: ‘Bene apriamo lo stabilimento in Italia, e lo facciamo insieme’. E noi di questo siamo stati grati, perché da soli staremmo ancora qui a discutere di questo progetto.
Un prodotto etico, per il minor impatto ambientale. Ma qualcuno obietta: se troveremo i contenitori di Acquainbrick vuoti sulle spiagge o nei boschi, anziché lattine e bottiglie di plastica, che differenza fa? La differenza qui non la fa il prodotto. Parliamo piuttosto di civismo, di cultura: non si butta, non si getta nulla nell’ambiente sia esso plastica, tetrapak o addirittura organico. Se poi vogliamo analizzare i tempi di macerazione del prodotto, il nostro ha un tempo molto inferiore rispetto alla plastica o al vetro. Ma non è questo il tema. Noi non diciamo che il nostro contenitore lo puoi buttare per terra. Noi facciamo cultura comunque per un conferimento ordinato, organizzato e civile.
Si eccepisce anche sulla “riciclabilità” delle vostre confezioni, sulla separabilità degli strati, notando che è più “semplice” riciclare la plastica. La plastica si ricicla, è vero. Ma nel mondo purtroppo si riesce a riciclarne poco più del 10%. C’è una carenza di infrastrutture importante. Il poliaccoppiato storicamente è più complicato da riciclare, ma negli ultimi dieci anni l’evoluzione nel riciclo di questo materiale ha fatto passi avanti da gigante. In Italia abbiamo almeno tre aziende che fanno del poliaccoppiato nella sua totalità una materia prima-seconda. La carta prende un suo percorso, mentre plastica e alluminio, che è ciò che rimane, se prima veniva conferito ai termovalorizzatori, oggi diventa un nuovo prodotto. Aggiungo che siamo una start-up innovativa non perché mettiamo l’acqua nel brick, ma perché stiamo brevettando un processo enzimatico per mezzo del quale saremo in grado di scindere i materiali del poliaccoppiato, mentre le parlo siamo in scrittura dello stesso, perché lo abbiamo gia trovato e breve inizieremo a divulgare i primi risultati, stupefacenti.
Parliamo del nuovo stabilimento di Marradi: intanto quali obiettivi di produzione vi prefiggete? Avevamo per il primo anno una previsione di un milione di pezzi e siamo sopra del 40%, per il 2022 prevediamo 10 milioni di pezzi e quindi vogliamo decuplicare la produzione, per poi triplicare tra 2022 e 2023 e raggiungere i 30 milioni di pezzi. Questo nel formato principe, nel mezzo litro. Bisogna poi aggiungere che abbiamo in programma altri formati e altre tipologie di prodotto, i 250 e i 330 ml.
Ma l’acqua di Marradi basta per questa produzione? L’acqua di Marradi in questo momento è sufficiente. Nel frattempo abbiamo dato mandato ad aziende specializzate di cercare altre fonti di captazione nel raggio di circa 4 km dal nostro stabilimento. Noi siamo tranquilli, ma ci prepariamo a crescere.
Quindi non mancherà l’acqua a Marradi, per causa di Acquainbrick? Assolutamente no, e casomai mancherebbe a noi, perché noi siamo gli ultimi a prenderla, e se i Marradesi bevono troppa acqua, mancherà a noi, non a loro! Ma, scherzi a parte, non c’è questo pericolo. Tanto più che col Comune e con Hera abbiamo un tavolo aperto, prevedendo investimenti secondari congiunti per ampliare le linee di approvvigionamento garantendo a tutti il fabbisogno necessario. A questo proposito il Comune si è impegnato a far attuare gli interventi già previsti nei prossimi anni, e che è stato deciso di velocizzare. Ci sono linee di approvvigionamento che era previsto di portarle nella rete acquedottistica marradese, ma nei prossimi due-tre anni. Noi contribuiremo affinché questo avvenga prima e risolva i limiti di approvvigionamento che c’erano anche prima del nostro arrivo.
Visto che a Marradi c’è una famosa rabdomante, potreste consultarla… Lo abbiamo già fatto! E proprio di recente ci ha trovato un possibile allaccio adiacente allo stabilimento che potremo utilizzare come acqua di servizio, ci stiamo lavorando !
Acquainbrick non è acqua minerale. Perché? E’ una scelta commerciale. Perché volendo personalizzare il prodotto, con marchi ed etichette diversificate, la legislazione nazionale sulle acque minerali naturali vieta la possibilità di fare questo. Comunque abbiamo scoperto che il nostro processo di lavorazione rende la nostra acqua perfetta. La nostra acqua è pura, al 100%, ha un Ph equilibrato, un residuo fisso bassissimo, e i test che abbiamo fatto ne determinano un’acqua rasente alla perfezione.
Perché a Marradi? Grazie a una nostra socia, avente radici in quel di Marradi e alla giunta marradese nella persona del sindaco Tommaso Triberti, ove abbiamo trovato persone che si sono fortemente battute per far sì che i nostri investimenti fossero realizzati sul territorio di Marradi. Triberti si è prodigato, ha messo a disposizione tutte le sue risorse, ci ha aiutati e accolti e siamo davvero contenti di aver fatto questa scelta perché Marradi si è rivelato un punto strategico. Tra gli attuali undici dipendenti, otto li abbiamo assunti a Marradi, trovando ragazzi giovani, volenterosi, e fortemente attaccati al loro territorio.
Quali sono le prospettive occupazionali? Altri posti di lavoro, oltre agli undici attuali? Sì, sono previsti incrementi, 2-3 assunzioni nel primo trimestre per arrivare a picchi di venti dipendenti nel periodo estivo.
Dove vi siete insediati a Marradi? Lo stabilimento, che è entrato in attività alla fine di settembre è un’ex falegnameria, la Gentilini, falegnameria storica che lavorava il legno di castagno, a Popolano. Sono due capannoni adiacenti, per una superficie di 4000 mq con un’area esterna di 2500 mq. Li abbiamo completamente ristrutturati, da zero, nel senso che non c’è niente di quello che avevamo trovato quando lo abbiamo acquistato.
E all’interno? Per adesso abbiamo una linea produttiva, vi è anche un laboratorio di microanalisi che usiamo per tutti i controlli, in particolare per la coltura batterica. E non è scontato, perché non è obbligatorio per legge ma per noi è un valore aggiunto importante. Abbiamo poi in previsione l’inserimento di nuovi prodotti in gamma che metteremo sotto il cappello delle acque funzionali, quelle acque arricchite con vitamine, aromi, prodotti farmaceutici, legate al mondo del fitness e dell’estetica ma non solo…
Infine, parliamo del mercato… In questo momento, come tutte le start up, siamo trasversali, nel senso che siamo andati dove il vento ci ha spinto. Ma iniziamo a prendere la mira e così abbiamo notato che il settore dell’hotellerie è un settore che ci piace, per l’esposizione che offre al nostro prodotto verso un pubblico molto internazionale. Al momento vendiamo circa il 95% della nostra produzione sul mercato italiano, ma dopo le fiere alle quali abbiamo partecipato stiamo aprendo tantissimi tavoli di trattativa esteri, e questo ci fa contare su una internazionalizzazione importante a partire dal 2022.
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 29 novembre 2021
Trovo aberrante il fatto di spacciare il tetrapack come una scelta a basso impatto ambientale. Cosa vuol dire che siete una start up innovativa perché avete trovato il modo di scinderlo? Voi lo producete non è che lo riciclate. O farete anche riciclo in accordo con le società che gestiscono lo smaltimento dei rifiuti urbani? In ogni caso, esiste già un modo etico per consumare l’acqua e si chiama rubinetto. È estremamente più controllato delle acque minerali e sicuramente più green del tetrapack. Soprattutto non c’è un brand stampato sopra perché è di tutti.
se si cita un brand e lo si critica, almeno citiamolo correttamente…..TETRAPAK:-)
Pare anche a me una scelta quantomodo strana.Chi compra un’acqua comune a meno che non viva nel terzo mondo o in zone siccitose?Se vai in gita ti porti un’acqua minerale se la vuoi comune una bottiglia con quella del tuo rubinetto.Che ti costa certamente meno.Inoltre la carta vuol dire alberi abbattuti, che scelta ambientale è?Mah!
Abberrante.. contro ogni logica..
Evidentemente c’è un mercato, altrimenti nessuno avrebbe investito tempo e denaro in questa attività.
Sulla questione acqua minerale o meno … l’amministratore è stato chiaro: E’ una scelta commerciale. Perché volendo personalizzare il prodotto, con marchi ed etichette diversificate, la legislazione nazionale sulle acque minerali naturali vieta la possibilità di fare questo.
Se l’albergone cinque stelle di Canazei dovesse chiedere il confezionamento di 5000 cartoni da 250ml con il logo e il nome della struttura … loro sono in grado di farlo perché non è “volutamente” considerata acqua minerale.
Non capisco perché si debba sempre e per forza demonizzare chi crea impresa nel nostro territorio…
Domandatelo alle famiglie degli undici (che forse diventeranno venti) dipendenti se sono felici che i loro familiari lavorino vicino a casa invece che farsi due ore di auto/treno/bus tutti i giorni per raggiungere il luogo di lavoro …