MUGELLO – Venerdì 22 Marzo, nell’ambito del seminario Mugello Hub 24 (articolo qui), si è tenuta la premiazione del concorso letterario a tema Mugello per gli studenti del Giotto Ulivi, che vedeva in giuria la professoressa Maria Luisa Vallomy e lo scrittore Sergio Fanara. Il primo posto è andato a Elisa Pantuliano, della 4E, che ha letto il suo lavoro e coinvolto la platea con il suo stile letterario che ha suscitato anche i complimenti della giuria. Proponiamo quindi qui, in versione integrale, il suo testo: Il Mugello, un mondo a colori:
Sin da piccola amavo viaggiare con la mente. La fantasia era sempre stato l’elemento di allontanamento dai miei coetanei. Essa aveva la capacità di portarmi in realtà diverse da quella in cui abitavo, sapeva farmi vedere il mondo con occhi diversi: con quelli di una bambina. Ma la cruda verità è che era solo un terribile inganno, perché il mondo non era a colori, il mondo era un posto grigio e sporco.
Tante volte ho avuto l’impressione di trovarmi spaesata nel luogo in cui vivevo; talvolta quando uscivo di casa avevo l’impressione che in quel luogo non fossi mai stata, eppure ho sempre abitato nello stesso posto da quando sono nata. Inizialmente questa condizione la vivevo come una sorta di prigione, come se la mia anima fosse legata da ardenti catene di ferro.
Eppure un giorno, quella brina, quel gelo, che sapevano mettermi di malumore, resero quelle catene meno soffocanti. Anzi, quella mattina, sorrisi. Sorrisi perché mi accorsi solo in quel momento di aver vissuto diciotto anni in un luogo magnifico, che sapeva dare fantasia anche a coloro che di fantastico avevano ben poco. E ciò che mi meravigliò è che ce l’avevo proprio davanti agli occhi e non me ne ero resa conto.
Quel giorno non venne a caso, venne perché fu una lettera ingiallita a ricordarmi di quanto fosse bella la vita. La lettera venne scritta dal mio bisnonno Armido, indirizzata alla sua amata Giovanna, nati entrambi nel milleottocentonovantanove, data che ho sempre ricordato con facilità, tra i borghi della Toscana, in provincia di Firenze. Purtroppo non ho mai conosciuto il mittente, ma mi è sempre stato raccontato di lui come di un uomo “d’altri tempi”, grande lavoratore di bestiame e terra. “Non si sa come, ma l’è sempre stato un mago a far fruttare le coltivazioni”, mi diceva sempre la nonna. Da giovane infatti, per cercare terra fertile, decise di trasferirsi a Borgo San Lorenzo, un paesino del Mugello. Qui deciderà di stanziarsi e mettere su famiglia -una grande famiglia- oserei dire: diede alla luce otto figlie femmine, ed al pensiero che volesse un maschio mi ha sempre fatto ridere. Però all’epoca non era come oggi: chi non poteva andare a scuola, considerata un lusso, finiva per pascolare le pecore e raccogliere il grano. Insomma, era la classica vita da contadini, vita in cui si lavorava tanto e si parlava poco. Ben presto, però, nel millenovecentodiciannove, alle ore 15:03, quelle terre colorate di verdi piantagioni, iniziarono a tremare, portando tante vite al capolinea. I miei parenti ne uscirono salvi ma non fu lo stesso per tanti amici, che oltre che a perdere tutto, persero anche la vita.
È una storia che mi è sempre piaciuta raccontare quando parlo del mio paese, poiché, sebbene il Mugello al principio fosse un paese povero, ebbe la forza di rialzarsi e combattere per quello che è oggi: il luogo in cui la natura nasce. Quel pomeriggio moltissimi cittadini si ritrovarono nella condizione di non avere davvero una casa in cui ripararsi e una famiglia da cui tornare, ed io mi sentii piccola davanti al loro dolore. Fu così che si rimboccarono le mani e ripartirono da zero, partendo costruire piccoli alloggi di legno.
Non fu facile, non è facile, quando la vita di crolla addosso e tu non sai cosa fare, non sai dove andare, dove aggrapparti: ormai una casa non ce l’hai più, le strade sono lontano, sommerse da ammassi di edifici, rocce…e le vite, le vite non battano più, soffocate da cenere e dolore. Ormai non hai più nessuno, solo rabbia, sofferenza, che puoi buttare fuori urlando, ma non sarebbe comunque cambiato nulla. Però, forse, quell’urlo qualcuno l’ha sentito e ti ha aiutato a riprendere in mano la vita. Infatti mia nonna mi ricorda di come i borghi si riunirono per aiutarsi a vicenda: da Firenzuola arrivava la pietra serena e la legna raccolta dal Giogo, per iniziare a costruire quello che la natura aveva distrutto. A Borgo S. Lorenzo, invece la comunità si strinse per preparare un piatto caldo ai più sfortunati, spargendolo per quel territorio che a dirlo sembrava così piccolo, ma così piccolo non era, poiché si estendeva per più di una decina di paesi. La cucina non offriva molto, solo elementi primari che le famiglie riuscivano a produrre da soli, come: uova, patate, farina e latte. Fu così che da quelle fredde stanze uscivano: tagliatelle, gnocchi e tortelli, ormai diventati i piatti tipici del territorio.
Durante questi anni nacquero figure che hanno, in qualche modo, cambiato la storia: come Alberto la Pegna che diede la possibilità alle famiglie di rialzarsi, abbassando i costi dei beni primari, oppure Don Milani, il quale nacque quattro anni dopo la terribile catastrofe, della quale si respirava ancora le ceneri. Egli fu il primo a dare la possibilità ai più poveri di andare a scuola, rendendo liberi anche coloro che vivevano incatenati. Incatenati da una classe sociale che non si erano scelti ma che si erano trovati in una vita che avevano tutto il diritto di poter cambiare.
Il millenovecento fu un anno di grandi cambiamenti poiché si diede avvio alla costruzione di enormi elementi che avrebbero cambiato il territorio, come gli ospedali a Borgo o a Luco, oppure anche il lago di Bilancino, risolvendo molteplici problemi anche nelle zone della provincia. I molti quando parlano della Toscana parlano di Pisa e della sua torre, parlano del Duomo di Firenze con la cupola di Brunelleschi, o delle grandi opere che ci ha lasciato la famiglia dei Medici, dimenticandosi che il Mugello, per loro, era un po’ come una seconda casa, e ce lo ricorda la loro tenuta a Cafaggiolo. Probabilmente la consideravano tale per l’aria pulita che si respira, per i boschi sempre pieni di funghi o di cinghiali, lepri e fagiani.
Elementi che costituiscono la nostra tradizione, elementi che ricordiamo ancora oggi con la sagra del cinghiale in agosto, oppure con quella del tortello della castagna. Una delle cose che amo della mia patria è che non dimentica, non dimentica le cose positive ma nemmeno quelle negative, perché sa che sono state proprio loro a fare la storia; perché è grazie alle sconfitte che si diventa persone migliori, con più forza e volontà, le quali sono fondamentali per vincere la successiva.
Credo che il Mugello in qualche modo cambi il tuo percorso di vita, perché ti fa crescere, ti fa vedere il mondo per quello che è, dandoti la lucidità e l’intraprendenza di poter cambiare quello che non ti piace, di te o della tua vita. In realtà io di qui, non cambierei nulla, forse darei una svegliata a quel bus che tutte le mattine mi porta in ritardo a scuola, oppure costruirei un bel centro commerciale per raccogliere tutti i negozi in cui amo fare shopping, eppure, se la mia idea venisse accolta sarei la prima ad oppormi. Semplicemente perché un centro commerciale andrebbe ad occupare tutti quei terreni che sanno rendere così bello questo luogo, andrebbe occupare zone agricole, di persone che amano realizzare ancora i prodotti con le loro mani: come il vino e i grandi allevamenti bovini, che rendono il lato la bistecca unici nel loro genere.
Ecco, questa è l’altra cosa che amo del mio paese: il fatto di non mostrarsi per quello che non è, per essere umile, per avere i cittadini uguali da un punto di vista sociale. Amo il fatto che ogni anno le persone si stringono per festeggiare e stare insieme, nonostante l’avversità dei vicini fanno troppo rumore quando tagliano l’erba. Amo il fatto che sia un paese puro nei confronti di un mondo che pure non è. Ed adesso che sono arrivata alla fine vi posso rivelare il contenuto di quella vecchia lettera:“Cara Giovanna, nella vita ti voglio onorare di tre cose: rispetto, felicità e amore, per tutta la vita”. Ecco, è così che posso riassumere la vita di noi Mugellani, secondo queste tre parole: rispetto, felicità e amore, che non abbiamo mai perso a distanza di tanti anni. In quanto a me, fu così, che quando uscì di casa, quella mattina, la fantasia tornò a dominare la mia mente, perché alla fine, il Mugello è questo: un mondo a colori.
Elisa Pantuliano
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 24 marzo 2024