“Passaggi Festival”, a Borgo grandi concerti di musica classica
Passaggi Festival è un laboratorio musicale nel cuore del Mugello. Uno degli eventi più rilevanti per gli appassionati di musica classica.
A Borgo San Lorenzo, presso la Pieve di San Lorenzo e l’attiguo Oratorio di Sant’Omobono, si alternano infatti musicisti provenienti da tutta Italia. Strumentisti di grande valore.
Ad Aprile l’Ensemble Alraune si esibirà in un programma che affianca il Divertimento per trio d’archi di Mozart ad un Quartetto con due viole del suo concorrente e avversario Cambini e, dopo dieci giorni, stavolta in versione allargata, darà inizio al PROGETTO BRANDEBURGHESE, che vede il ciclo dei sei Concerti Brandeburghesi di Bach. In quest’occasione verrà eseguito il terzo Concerto Brandeburghese, insieme ad altri concerti di Bach e dei suoi contemporanei e conterranei Telemann e Graupner. Nello stesso concerto verrà eseguita la sesta Suite per violoncello solo di Bach, la quale concluderà il ciclo BACH:SUITES che vide inizio all’Oratorio di Sant’Omobono nel 2014.
Maggio é il mese dei cori e dei lavori di ispirazione sacra: il Capriccio Armonico nell’Oratorio di Sant’Omobono affronterà lo Stabat Mater, il Beatus Vir e il Magnificat di Vivaldi mentre la Corale Santa Cecilia in collaborazione con ÂME Amateur Music Ensemble della Scuola di Musica di Fiesole si cimenterá nella Pieve di San Lorenzo con la “Missa in honorem Sanctissimae Trinitatis” K167, scritta a Salisburgo da un giovane Mozart nel 1773.
A conclusione il concerto con Don Maurizio, pievano di Borgo San Lorenzo, al violino e Don Carlo al pianoforte che, insieme a Stefano Zanobini e Augusto Gasbarri, faranno risuonare le note del Quartetto con pianoforte op.60 di Brahms.
Emozionati anche tu! Segui i concerti di Passaggi Festival!
Un Mozart col budello
Mercoledí 13 Aprile, ore 21:15
Oratorio di Sant’Omobono
Oltre la porta di Brandeburgo
Sabato 23 Aprile, ore 21:15
Oratorio di Sant’Omobono
Il capriccio per Antonio Vivaldi
Sabato 7 Maggio, ore 21:15
Oratorio di Sant’Omobono
Mozart: Messa K167
Martedí 17 Maggio, ore 21:15
Pieve di San Lorenzo
il Segreto di un’Amicizia
Giovedí 9 Giugno, ore 21:15
Oratorio di Sant’Omobono
ingresso ad offerta libera
Un Mozart col budello
Mercoledí 13 Aprile, ore 21:15
Oratorio di Sant’Omobono
Wolfgang Amadeus Mozart
(Salisburgo, 27 gennaio 1756 – Vienna, 5 dicembre 1791)
Divertimento “Gran Trio”, K 563, in mi bemolle maggiore
Allegro
Adagio
Minuetto e trio. Allegro
Andante
Minuetto e trio. Allegretto
Allegro
Composizione: Vienna, 27 settembre 1788
Prima Edizione: Artaria, Vienna 1792
Giuseppe Maria Gioacchino Cambini
(Livorno, 13 febbraio 1746 – Parigi, 29 dicembre 1825)
Quatuor Concertant op.21 n.3, in re maggiore
Allegro
Rondeau. Allegretto
Prima Edizione: Sieber, Parigi 1780
Giuseppe Maria Gioacchino Cambini
(Livorno, 13 febbraio 1746 – Parigi, 29 dicembre 1825)
Quatuor Concertant op.21 n.4, in mi bemolle maggiore
Allegro
Allegretto cantabile
Prima Edizione: Sieber, Parigi 1780
Ensemble Alraune
www.ensemblealraune.com
Franziska Schötensack, violino
Stefano Zanobini, viola
Hildegard Kuen, viola
Augusto Gasbarri, cello
esecuzione su strumenti originali
Durante la sua permanenza a Parigi Mozart non conseguí il successo sperato. Possiamo solo farci una vaga idea di quanto abbiano contribuito a questo insuccesso una certa apatia da parte di Mozart, la sua scarsa energia, le sue difese inconsce e l’intenzione palese di non venire a compromessi con la dappocaggine umana. Sicuramente non ere in grado di mettersi nelle giusta luce, così come gli altri non furono in grado di riconoscerlo per quello che era. Era completamente insensibile al fasto delle corti ed era troppo indolente per circondarsi dell’aura del grande artista, probabilmente non ne era nemmeno capace, anche se gli avrebbe giovato. Neppure sapeva manovrare in funzione di un proprio tornaconto, anche se più denaro gli avrebbe fatto piacere, più denaro avrebbe significato meno libertà. Avrebbe approfittato volentieri dei suoi talenti, me non gli riusciva. Gli mancava del resto anche una signorilità superiore, quella ed esempio di un ‘Ritter von Gluck’ che a Parigi si permetteva di comparire alle prove in cuffietta e camicia de notte per farsi poi vestire dei suoi aristocratici ammiratori. Immaginiamoci un po’ Mozart in simili atteggiamenti!
Ci farebbe piacere sapere se l’aspetto di Mozart tradisse una spiccata eccentricità, e di quale tipo fosse il suo ascendente sugli altri non quando sedeva al pianoforte, ma quando ad esempio stava ad ascoltare, quando taceva o quando parlava o quando inaspettatamente si metteva a muoversi. Al suo pubblico principesco avrà procurato sicuramente diletto per gli orecchi, non certo per gli occhi. Non era uomo che i signori introducessero nella loro cerchia come un parigrado, era piuttosto uno cui battevano sulla spalla. Su di lui le dame non soffermavano certo lo sguardo. Da parte di molti musicisti, strumentisti e maestri di cappella che si erano già assicurati il loro posto al sole, ricevette appoggio e amicizie, ma si giocò l’amicizia dei colleghi a lui inferiori -e lo erano praticamente tutti – con la sua totale mancanza di diplomazia, con il manifestare apertamente, non sempre senza compiacimento, la propria superiorità. Componeva meglio di loro, suonava meglio di loro: perché e per chi avrebbe dovuto farne mistero? Si può però ben capire che cosa provasse un compositore come Giovanni Giuseppe Cambini quando, in sua presenza, Mozart suonò a memoria una sua composizione di fronte ad alcuni colleghi (aprile 1778), facendo poi variazioni a proprio gusto quasi a dimostrare come lui l’avrebbe scritta. E vero che Cambini esclamò «Questa è una gran testa!», ma cos’altro avrebbe potuto dire? «Beh, questo non l’avrà digerito», scrisse Mozart al padre (1 maggio 1778), con ogni probabilità non si sbagliava. Una cosa simile non l’avrebbe digerita nessuno, e in questo modo Mozart si andava facendo dei nemici.
Il Divertimento di Mozart vide la luce nel 1788, periodo molto problematico per Mozart, segnato dalla morte della giovanissima figlia Theresia e da una forte indigenza economica.
Non è casuale che il brano, pur appartenendo ad un genere, per definizione di puro intrattenimento, sia attraversato da una forte vena malinconica e, per struttura e complessità, possa essere tranquillamente paragonato ai migliori pezzi cameristici del periodo conclusivo della produzione mozartiana.
In più, anche il dedicatario è particolare, trattandosi del massone e amico Michael Puchberg, al quale Mozart doveva una discreta somma di denaro, per cui in questo modo cercava di sdebitarsi nei suoi confronti.
Oltre la porta di Brandeburgo
Sabato 23 Aprile, ore 21:15
Oratorio di Sant’Omobono
Johann Sebastian Bach
(Eisenach, 31 marzo 1685 – Lipsia, 28 luglio 1750)
Suite n.6 per cello solo BWV1012
Preludio
Allemanda
Corrente
Sarabanda
Gavotte
Giga
Johann Sebastian Bach
(Eisenach, 31 marzo 1685 – Lipsia, 28 luglio 1750)
Concerto brandeburghese n.3 BWV 1048
[Allegro]
Adagio
Allegro
Johann Sebastian Bach
(Eisenach, 31 marzo 1685 – Lipsia, 28 luglio 1750)
Concerto per violino e oboe BWV 1060
Allegro
Adagio
Allegro
Georg Philipp Telemann
(Magdeburgo, 14 marzo 1681 – Amburgo, 25 giugno 1767)
Concerto per Viola d’amore, Oboe d’amore e Flauto, TWV 53:E1
Andante
Allegro
Siciliano
Vivace
Ensemble Alraune
www.ensemblealraune.com
Nicola Barbagli, oboe e oboe d’amore
Elena Gabbrielli, flauto d’amore
Clarice Curradi, violino
Franziska Schötensack, violino
Johanna Rauscher, violino
Stefano Zanobini, viola e viola d’amore
Lia Previtali, viola
Hildegard Kuen
Andrea Landi, violoncello
Valeria Brunelli, violoncello
Augusto Gasbarri, violoncello e violoncello a 5 corde
Amerigo Bernardi, contrabbasso
Mario Sollazzo, cembalo
Bach: Concerto per Violino e Oboe
Questo concerto è una trascrizione per clavicembalo e archi di un perduto concerto in Do minore di cui ci è pervenuto un abbozzo, forse per due violini o per violino e oboe.
Il primo movimento attacca con il tema, festante e aggraziato, eseguito dall’orchestra cui l’oboe risponde in eco, ripetendo le due ultime note. Un breve canone introduce una sezione in cui oboe e violino dialogano fittamente portando all’episodio successivo, in cui l’alternanza tra l’orchestra e i solisti è l’elemento costitutivo fondamentale. Il tema ricompare nuovamente, a canone, e ci porta verso una progressione in cui spesso alla narrazione degli archi si sovrappongono i trilli festosi dell’oboe. Nella prima parte del movimento il violino solista è frequentemente avvolto dall’orchestra, mentre nella seconda parte sono numerosi i passaggi in cui esegue la melodia principale accompagnato dall’oboe.
Il secondo movimento è il più noto. L’oboe inizia il discorso musicale, seguito a ruota dal violino solista, con il quale costruisce un dolcissimo canone. Gli archi accompagnano con un pizzicato lieve e ben ritmato creando un effetto eco che enfatizza l’atmosfera trasognante.
Con l’Allegro conclusivo ci troviamo nuovamente in un clima vitale energico e fantasioso. In questo movimento l’uso della dinamica è di notevole rilevanza, in quanto il contrasto forte-piano rappresenta l’elemento espressivo caratterizzante. Prima l’orchestra, poi i due solisti, ripropongono il tema dapprima in modo nitido e smagliante e in seguito più lontano e soffuso, creando un gioco di corrispondenze assai ricco e denso. Una parentesi all’interno di questa straordinaria costruzione contrappuntistica è costituita dal violino solista che esegue un episodio virtuosistico in cui la libertà espressiva e il lirismo hanno il sopravvento. Di nuovo la voce dell’orchestra ripropone il tema, mentre i due solisti giocano creando effetti d’eco. La conclusione è all’unisono, solare e fiduciosa, animata da quell’ottimismo virile e sereno che contraddistingue gli Allegri bachiani.
Bach: Terzo Concerto Brandeburghese
PROGETTO:BRANDEBURGHESE
NB: con questo concerto parte il progetto di eseguire nel Festival Passaggi tutti i concerti brandeburghesi.
I cosiddetti concerti brandeburghesi furono dedicati al margravio Cristiano Ludovico di Brandeburgo-Schwedt il 24 marzo 1721. Il manoscritto bachiano non fu probabilmente mai eseguito nella sede del margravio, ma archiviato accanto ad altre 77 opere distribuite poi tra i cinque eredi. Fu solo nel 1850 (anno del centenario della morte di Bach) che l’opera fu finalmente resa pubblica per i tipi dell’editore Peters di Lipsia. Bach era consapevole del fatto che queste composizioni non sarebbero state eseguite, sia per la carenza dell’organico di corte, sia per la particolare difficoltà della partitura; questo lo si evince dalla minor cura con cui il manoscritto fu redatto. Ma proprio ciò dimostra, come sempre succede in Bach, che i sei concerti costituivano nelle sue intenzioni una specie di enciclopedia didattica e dimostrativa delle possibilità del genere, una sorta di “forma universale” del concerto, così come sarà per il genere della fuga la tarda opera de L’arte della fuga. Il compositore intendeva fornire agli esecutori una sorta di “campionario” di stilemi virtuosistici di alto livello, e scrisse quindi ogni concerto per i principali strumenti del tempo: due sono per ottoni (corno da caccia e tromba), due sono per flauti (dolce e traverso) e due per i principali strumenti per musica da camera (tastiera – in questo caso clavicembalo – ed archi).
Nel caso di questo Terzo concerto, il significato da attribuire a questa cadenza è di difficile interpretazione, poiché essa non si giustifica né dal punto di vista della forma né da quello del trattamento armonico, ovvero non è un ponte tra i due brani del secondo movimento in quanto entrambi sono nella stessa tonalità (Sol maggiore). Oggi si ritiene che essa indichi all’esecutore la possibilità di aprire una pausa d’attesa tra le due metà del movimento, in forma di adagio e liberamente improvvisata.
Bach: Suite n.6
PROGETTO:SUITES
NB: con questo concerto si conclude il ciclo delle suites per violoncello di Bach iniziato tre anni fa.
È largamente ipotizzato che la sesta suite sia stata composta per un violoncello piccolo a cinque corde.
Questa suite è scritta in una forma molto più libera rispetto alle altre, avendo molti passaggi virtuosistici e/o simili a cadenze. È anche l’unica delle suites in cui vi siano parti che, in tutti i manoscritti, adottano la chiave di contralto, appunto per l’altezza delle note in essa, e infatti viene ampiamente esplorato, soprattutto nella Corrente, l’intero registro di questo strumento.
Telemann: Concerto per Viola d’amore, Oboe d’amore e Flauto
Coevo a Johann Sebastian Bach, più vecchio di soli 4 anni, Telemann fa parte del medio Settecento morendo 17 anni dopo Bach, sia per la sua longevità, sia perché egli tenne un atteggiamento progressivo, che lo rese un precursore consapevole delle tendenze che si sarebbero affermate nella seconda metà del settecento, specie per la musica strumentale tedesca. Telemann può anche considerarsi un musicista “poligrafo”, giacchè si dedicò a molteplici generi, anche tradizionali come la Kirchenmusik luterana (ossia la cantata).
In vita fu celebratissimo e dopo uno stato di servizio onorevole presso le corti ed istituzioni ecclesiastiche, fu assunto come direttore generale della musica della libera città di Amburgo, la carica musicale più prestigiosa della Germania settentrionale.
La fecondità di Telemann fu straordinaria: ad esempio di gran lunga maggiore in confronto a quella di Bach, già consistente: si pensi che rispetto ai cinque cicli festivi di Kirchenmusiken composti da Bach se ne annoverano 31 di Telemann, ed ancora contro le 5 passioni di Bach, il catalogo di Telemann ne conta almeno 46.
Telemann, cosí come altri compositori attivi a Darmstadt, ha scritto numerosi lavori per la viola d’amore, strumento di non cosí consuento utilizzo.
Il capriccio per Antonio Vivaldi
Sabato 7 Maggio, ore 21:15
Oratorio di Sant’Omobono
Antonio Vivaldi
(Venezia, 4 marzo 1678 – Vienna, 28 luglio 1741)
Stabat Mater dolorosa
Antonio Vivaldi
(Venezia, 4 marzo 1678 – Vienna, 28 luglio 1741)
Magnificat
Antonio Vivaldi
(Venezia, 4 marzo 1678 – Vienna, 28 luglio 1741)
Beatus Vir
Gianni Mini, direttore e controtenore
Ginevra degli’Innocenti, violoncello
Lorenzo Pampaloni, cembalo
Ensemble Capriccio Armonico
Lo Stabat Mater RV 621 in Fa minore è un inno sacro composto da Antonio Vivaldi nel 1712 per essere eseguito come parte della Festa dei Sette Dolori di Maria Vergine a Brescia.
Questo inno è una delle composizioni sacre più note di Vivaldi e fu commissionata dalla Chiesa di Santa Maria della Pace di Brescia (la città natale del padre di Vivaldi). Dopo la esecuzione, il lavoro vivaldiano cadde nell’oblio (come tutte le composizioni di Vivaldi) e fu ripresentato al pubblico nel settembre del 1939 dal compositore Alfredo Casella durante la Settimana Vivaldiana tenutasi a Siena.
La semplicità dello stile, la schiettezza dell’espressione e la ricchezza della melodia garantirono l’affermazione perenne dello Stabat Mater. Il lavoro sembra però esser stato scritto in fretta: le parti degli archi sono semplici, il tema del primo movimento viene ripetuto anche nei successivi due, la voce talvolta è accompagnata solo dal basso continuo e solo metà dell’inno è stato musicato. Tuttavia il lavoro rivela una certa profondità musicale ed emotiva e per questo viene considerato uno dei suoi primi lavori sacri più importanti. Lo Stabat Mater presenta inoltre alcune caratteristiche inusuali, come la predominanza dei movimenti lenti e delle chiavi minori (principalmente Fa e Do minore) e un’impostazione, anche se parziale, simile a un inno medioevale.
Struttura dello Stabat Mater RV 621:
Stabat Mater dolorosa
Cujus animam gementem
O quam tristis
Quis est homo
Quis non posset
Pro peccatis
Eja Mater
Fac ut ardeat
Amen
Mozart: Messa K167
Martedí 17 Maggio, ore 21:15
Pieve di San Lorenzo
Maurice Ravel
(Ciboure, 7 marzo 1875 – Parigi, 28 dicembre 1937)
Pavane pour une infante défunte
Wolfgang Amadeus Mozart
(Salisburgo, 27 gennaio 1756 – Vienna, 5 dicembre 1791)
Exsultate, jubilate K 165
Allegro
Recitativo
Andante
Allegro
Wolfgang Amadeus Mozart
(Salisburgo, 27 gennaio 1756 – Vienna, 5 dicembre 1791)
Missa in honorem Sanctissimae Trinitatis
Kyrie
Gloria
Credo in unum Deum
Sanctus
Benedictus
Agnus Dei
ÂME Amateur Music Ensemble
(Scuola di Musica di Fiesole)
Corale Santa Cecilia
Valentina Saccone, soprano
Andrea Sardi, direttore
Stefano Zanobini, concertatore
La Missa in honorem Sanctissimae Trinitatis o Messa per la Santissima Trinità (K 167) è una messa per coro e orchestra di Wolfgang Amadeus Mozart, composta nel giugno del 1773, quando il compositore si trovava al servizio dell’arcivescovo di Salisburgo.
Questa messa è un punto di riferimento per tutta la successiva produzione musicale mozartiana. Il particolare studio richiesto da essa, infatti, apre un “corridoio” di sperimentazione tra le strutture della messa concertata e della brevis, determinando così un compromesso tra grandiosità d’impianto e coincisione.
Tale compromesso viene realizzato, in primo luogo, eliminando tutte le sortite solistiche, garantendo in questo modo la continuità del discorso corale, l’intensificazione della rete di raccordi ritmici e motivici, distribuiti soprattutto nell’arco (tradizionalmente più lungo) che dal Gloria conduce al Credo. Dunque vediamo che Mozart tenta di “aggiornare” il suo stile compositivo per quanto concerne la scrittura di messe, e lo fa come può, soprattutto studiando e ricopiando lo stile di Michael Haydn, di cui, in questa messa, si sente il forte influsso.
Exsultate, jubilate (K 165 – K6 158a), in latino Esultate, giubilate, è un mottetto composto da Wolfgang Amadeus Mozart a Milano nel 1773.
Il mottetto venne composto da Mozart per il castrato Venanzio Rauzzini, che interpretava il ruolo di Cecilio nella messa in scena dell’opera Lucio Silla al Teatro Regio Ducale di Milano.
Grazie ad un post scriptum che Mozart scrisse alla sorella in calce ad una lettera del padre del 16 gennaio 1773, si sa che questo mottetto venne eseguito per la prima volta il 17 gennaio 1773 nel convento dei Teatini a Milano, che aveva sede presso la chiesa di Sant’Antonio abate con Venanzio Rauzzini.
Sebbene non sia una composizione di grandi proporzioni, essa è ritenuta fra i massimi esempi di musica vocale del giovane Mozart, appena diciassettenne.
La Pavane pour une infante défunte (Pavana per una principessa defunta) è una composizione per pianoforte scritta da Ravel studente presso il Conservatorio di Parigi all’età di 24 anni, nel 1899. Il titolo si riferisce all’idea di Ravel di descrivere “una pavana che una piccola principessa [una infanta] può aver ballato in tempi passati presso la corte spagnola”. Il collegamento con l’eredità spagnola dell’autore basco è quindi specificata molto attentamente nella descrizione del titolo. Si ispira alla semplicità tardo romantica di Emmanuel Chabrier e alla rinata passione per la musica ispanica condivisa e con alcuni grandi autori suoi contemporanei e sicuramente influenzata da autori spagnoli come Isaac Albeniz e Manuel de Falla. Il richiamo però non è solo a un esotismo geografico ma anche a una distanza temporale: la pavana è infatti una danza tipica del rinascimento e che ebbe il suo periodo di splendore fra il XVI e il XVII secolo. La scelta di questa danza (fra le decine di danze rinascimentali conosciute) non è casuale: l’insegnante di composizione di Ravel all’epoca fu Gabriel Faurè che nel 1887 aveva scritto una pavana per orchestra (op.50) diventata celeberrima in tutto il mondo.
La struttura e l’armonia del brano sono molto semplici. La tonalità è di Sol maggiore, ma si tratta di una tonalità cosiddetta “sporca”, tipica dell’impressionismo e del primo Novecento.
Per quanto riguarda la versione orchestrata nel 1910, Ravel decise di operare alcune modifiche nella struttura del pezzo.
Il Segreto di un’Amicizia
Giovedí 9 Giugno, ore 21:15
Oratorio di Sant’Omobono
Gustav Mahler
(Kalischt, 7 luglio 1860 – Vienna, 18 maggio 1911)
Quartettsatz
Johannes Brahms
(Amburgo, 7 maggio 1833 – Vienna, 3 aprile 1897)
Quartetto con pianoforte op.60
Allegro non troppo
Scherzo: Allegro
Andante
Finale: Allegro comodo
“Questo quartetto è anche una confessione, perché nella sua faticosa gestazione si può riconoscere un intenso coinvolgimento autobiografico. I primi anni della sua genesi sono quelli della follia e morte di Schumann, con i violenti conflitti che questo provocò in Brahms, non solo come artista ma anche come uomo, in quanto amico del più anziano maestro e silenziosamente innamorato di sua moglie, Clara. Brahms stesso spiegò il primo movimento in questi termini: “Immagina un uomo cui non resta altra scelta che spararsi”. Un’altra volta definì il quartetto “l’ultimo capitolo dell’uomo in marsina azzurra e panciotto giallo”, con un chiaro riferimento a Werther”
Don Maurizio Tagliaferri, violino
Stefano Zanobini, viola
Augusto Gasbarri, cello
Don Carlo Jose Seno, pianoforte
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 12 aprile 2016