Ugo De Vita, attore e regista, cittadino onorario di Marradi
Una cittadinanza onoraria nel nome di Dino Campana. L’ha conferita di recente il Consiglio comunale di Marradi a Ugo De Vita, apprezzato attore e regista italiano; un’onorificenza che fu annunciata un anno fa, in occasione del centenario della pubblicazione dei Canti Orfici.
Perché l’itinerario artistico di De Vita si è intrecciato molte volte con Marradi e la poesia di Dino Campana. Già negli ‘anni 80, con l’allora assessore alla cultura Enrico Consolini, De Vita, voce storica della Rai e di Radio Vaticana, partecipò con seminari e spettacoli e con un suo atto unico pubblicato da Vallecchi, dando vita nel corso degli anni, tra riprese del suo testo e recital campaniani, ad una dozzina di allestimenti.
Per questo Marradi ha deciso di tributare un omaggio particolare, con il conferimento della cittadinanza onoraria a un uomo di cultura che si è fatto ambasciatore del nome di Campana e di Marradi in tutta Italia. Non solo in teatro, ma anche con audiolibri, lezioni all’Università di Tor Vergata a Roma, spingendo vari studenti a lavorare a tesi di laurea su Campana, con saggi e recensioni. E in questa attività campaniana l’artista –che nella prossima stagione lavorerà al teatro della Pergola con un nuovo progetto dove un posto speciale lo avranno i versi musicalissimi del poeta marradese- ha chiamato a collaborare, portandoli con sé in studio o su vari palcoscenici, in Polonia come in Italia talentuosi musicisti locali–Francesco, Gianmaria, Pape e Angelino- e gli attori della compagnia di Marradi.
Nel suo recital di ringraziamento, tenutosi al Teatro degli Animosi De Vita si è raccontato. Ecco un estratto di ciò che ha detto:
(…) Dino Campana, come indicato dalla massima parte degli italianisti che se ne sono occupati, rappresenta una occasione “perduta” per il mondo delle lettere, che non ha colto ne accolto un poeta magnifico, relegandolo a ruolo minore in nome delle “cerchie”, che quando anche non lo hanno avversato, hanno trascurato un libro fra i più preziosi del secolo vecchio.
Marradi è con le sue Chiese, i suoi sentieri, le bellezze dei palazzi affrescati, le opere del “maestro” anonimo, cui una associazione locale ha dato lustro, Bel-ami, i martiri innocenti della due guerre e ancora Raparo, Galeotti, Don Nilo Nannini, voce di perdono e di accoglienza, una storia “mosaico” che è storia di poesia numinosa.
Poesia qui è pure il castagno e il lavoro di chi ne ha cura, dunque la terra e i suggestivi paesaggi dal carattere forte e deciso come gli abitanti che sono industriosi, fieri e formidabilmente “antagonisti”, loro pregio e insieme limite.
Enrico Consolini amministratore e amico carissimo, disse di apprezzare del mio atto unico su Dino Campana, edito da Vallecchi nell’ottantacinque, l’intuizione che Marradi abbia perdonato il suo poeta e che da esso sia stata perdonata: solo chi conosce il paese sa quanto la bellezza e il “fuoco” che animavano Dino siano divenute -tanto più nell’esilio – “spirito” stesso del paese e della sua umoralità.
Lungo tre decenni ho dato voce centosettanta volte ai “Canti Orfici” e ascoltare dalla Sicilia alla Valle d’Aosta, la gente parlare di Marradi, del marron buono e di Campana mi lasciava nel cuore un sorriso.
Vorrei che la festa di oggi, sia anch’essa all’insegna del sorriso.
(…) A me – lo dico senza alcuna ironia – è toccata una grande fortuna, i protagonisti del “ferroviere” di Germi e di “ladri di biciclette” venivano a mangiare da Cinecittà a casa nostra, da bambino Domenico Modugno mi tenuva sulle ginocchia, a casa venivano da mio padre i De Filippo, i Maggio e molti divi e dive del cinema, ricordo Maurizio Arena il giovane Chevalier che sarebbe poi divenuto collega bravissimo al doppiaggio (voce di Tom Cruise) e ancora gli americani come Charles Bronson, e poi intellettuali e poeti come Ungaretti, Pasolini, Moravia.
Giunsi a Marradi che avevo vent’anni e il manifestino portava un ritratto a matita che mi aveva fatto Renato Guttuso, a casa Marzotto, più tardi per i “quaderni di Asverus” a disegnarmi con una mezza maschera da zanni fu Renzo Vespignani.
Ho vissuto amicizie straordinarie come quelle con Caproni, Pierro, Luzi, mio testimone di nozze e padrino di battesimo di Enea.
Un cammino dunque segnato, anche se mai sono riuscito a farne vanto perché ereditato da mio padre e mio nonno all’Eiar negli anni trenta e mio zio che aveva fondato con Elio Vittorini “Milano sera” e dirigeva la prestigiosa collana de Il Canguro e poi anche perché con l’andare del tempo questa vita pubblica e sopra le righe è stata fardello faticoso e difficile da conciliare con la vita delle persone comuni, con una vita “normale” a cui lo scrittore che è in me in verità ha sempre aspirato.
Tuttavia là dove io trovassi un teatro, quella riconoscevo la mia casa, dagli anni ottanta ad oggi, è stato così recentemente in Polonia dopo l’Udienza e il “baciamano” del 26 marzo scorso con Papa Francesco; a Cracovia sostenuto da Padre Lombardi, ho lavorato i versi di Giovanni Paolo II e portato con me un giovane musicista di Marradi, Francesco, così come era già capitato a Venezia con Gian Maria, come accanto a me trent’anni prima a registrare i “Canti Orfici” in studio erano Pape e Angelino.
Capiterà ancora, come è stato con Walter poi con “Iccio” e i ragazzi della Compagnia alla Pergola.
Ecco vorrei recitare ancora tante volte versi e declamare a lungo la poesia di Campana.
Al calar del sipario, potrò ben dire: “Sono nato il 20 Agosto come Dino Campana e sono anch’io di Marradi…”una cupola rossa ride lontana con il suo leone”.
Ugo De Vita
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 14 agosto 2015