Un Avvento al contrario
BORGO SAN LORENZO – Riflettere fa sempre bene. E le omelie del pievano di Borgo San Lorenzo, don Luciano Marchetti, sono spesso un bell’aiuto alla riflessione. Così gli abbiamo chiesto di accompagnarci in questo tempo di Avvento, condividendo le omelie che ogni domenica, da ieri fino a Natale, offrirà durante le Messe domenicali. Invitiamo tutti a leggerle con il cuore, credenti e non credenti. Ognuno ci troverà qualche scintilla di vero e di profondo. Offerta con intelligenza. E anche con sorprendenti citazioni. Compresa una di Giacomo Poretti, di Aldo Giovanni e Giacomo.
Inizia il Tempo di Avvento, il tempo che precede il Natale. La parola Avvento deriva dal latino ad-ventus e significa “venuta”. Per questo l’Avvento non è solo tempo di attesa di qualcuno che deve venire o preparazione all’incontro con lui, ma è già, ora e qui, la celebrazione di questo venire. Come per una donna incinta che attende il figlio che è già dentro di lei.
Spesso le nostre preghiere e i nostri canti in questo tempo liturgico invitano Dio a venire da noi ma Lui, il nostro Dio, è già qui ora; il nostro Dio è già con noi, cammina già con noi.
Per questo mi piacerebbe vivere e proporvi un “Avvento al contrario”, cioè la consapevolezza che è Dio, il nostro Dio fattosi uomo in Gesù, che per primo sta aspettando noi, che ci sta chiedendo: “Io ci sono, ma tu dove sei?”, domanda che richiama quella indimenticabile impressa nel Libro della Genesi: “Adamo dove sei?”.
Così racconta l’umorista francese Raymond Devos:
“In un paesino della Lozère in Francia, abbandonato dagli uomini, passavo davanti alla vecchia chiesa e sono entrato. E lì sono rimasto abbagliato da una luce intensa, insostenibile! Era Dio, Dio in persona, Dio che pregava! Mi sono detto: Chi prega? Mica pregherà se stesso? No! Pregava l’uomo. Pregava me! Diceva: “O uomo! Se ci sei, dammi un segno!”. Ho detto: “Dio mio, eccomi qui!”. Lui ha detto: “Miracolo! Un’umana apparizione!”. Gli ho detto: “Ma Dio mio, come puoi dubitare dell’esistenza dell’uomo, visto che sei tu che l’hai creato?”. Mi ha detto: “Sì ma era da così tanto tempo che non ne vedevo uno nella mia chiesa che mi sono chiesto se non fosse una fantasia!”. Gli ho detto: “Eccoti rassicurato, mio Dio!”. Mi ha detto: “Sì! Ora potrò dire: l’uomo c’è, l’ho incontrato”.
L’Avvento ci dice che colui che veglia nell’attesa, il vegliante per eccellenza, è Dio, perché l’Avvento è anzitutto l’attesa che Dio ha di noi. Un’attesa che si condensa nella struggente richiesta, richiesta d’amante, che troviamo nel Libro dell’Apocalisse: “Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me”.
Il brano del Vangelo di Marco, con gli imperativi che costellano il testo, ci esorta a vivere il presente come momento dell’incontro con Dio, a cercare Colui che per primo ci ha cercati e continua instancabilmente a cercarci per dirci: “Dai! Camminiamo insieme! Insieme faremo cose grandi!”.
C’è un verbo stupendo nella Prima Lettura di oggi dal Libro del Profeta Isaia: “Nessuno invocava il tuo nome, nessuno si risvegliava per stringersi a te”. Questo è il verbo: “…stringersi a te”.
La fede vista così, come questo stringersi al Signore. La fede cristiana ha a che fare con l’amore. Il credente deve essere anche amante perché crede in Gesù e ama Gesù. La preghiera dovrebbe essere questo stringersi al Signore, un fare alleanza, un fare amicizia, una grande esperienza di amore.
E qui voglio citare Giacomo Poretti, del trio artistico Aldo, Giovanni e Giacomo, il quale ha detto queste parole sulla preghiera intesa, proprio, come abbraccio, come incontro, come collaborazione tra il Signore, che sempre ci viene incontro, e ciascuno di noi:
“Io credo di avere iniziato a pregare da solo verso i 5 anni, sarebbe meglio dire ad esigere qualche cosa da quel Signore potentissimo che se ne stava in alto da qualche parte: lo pregavo di farmi tornare presto dalla colonia estiva dove i miei genitori mi mandavano tutti i mesi d’agosto. La permanenza nella colonia era di un mese e io iniziavo a pregare di farmi tornare a casa appena il treno si staccava dai binari di Milano per andare in direzione della Liguria.
Forse il Signore non aveva tempo per un bimbo che se ne stava un mese senza vedere i suoi genitori. Per sei lunghe estati ho pregato in maniera estenuante, senza che il Signore mi ascoltasse. Apparentemente.
Poi, verso gli anni delle medie, a 11-12 anni, ho cambiato preghiera, anzi, richiesta: gli chiedevo di farmi diventare alto, glielo chiedevo con tutto il cuore o, forse, con tutta la rabbia che avevo nel cuore: “Fammi diventare alto! Fammi diventare alto!”. Era insopportabile una vita sotto il metro e cinquanta: i compagni mi deridevano, le compagne mi ignoravano! “Fammi diventare alto, ti prego!!!”. Non mi ha ascoltato. Apparentemente.
In quegli anni non avevo un’ottima opinione di Lui: non mi ascoltava mai… e la lista delle richieste inesaudite era diventata lunghissima. Poi ci sono stati anni in cui ho smesso di pregarlo; ero convinto di poter fare a meno di Lui. Apparentemente.
Qualche tempo fa una mia cara amica, mia e di mia moglie, si è ammalata gravemente e nel volgere di qualche mese le sue condizioni erano tali che da lì a poco avrebbe lasciato noi e la sua famiglia. Mi sono ricordato delle zie e del nonno e mi sono messo a pregare; dopo poco ho inteso che sarebbe stato inutile pregarlo di restituirle la vita e allora ho espresso una preghiera strana, forse nemmeno così impegnativa per Lui: lo pregai di togliere la paura a quella nostra amica, di toglierle l’angoscia di sentirsi sola e abbandonata in quel momento terribile: “Signore, ti prego, toglile la paura; donale, se possibile, serenità, ti prego….”. E forse ho compreso.
Ho compreso che quel miracolo che chiedevo a Lui non solo era possibile, ma era già realizzato: il Signore guardava noi amici, il marito, i figli, guardava me e diceva: “Solo se non scapperete, lei non avrà paura, solo se rimarrete lì, lei non si sentirà sola …”.
Lui ci indica il modo, ma gli artefici del miracolo siamo noi. Noi con Lui. I miracoli bisogna desiderarli, ma soprattutto dobbiamo avere voglia di realizzarli: noi con Lui, o meglio, Tu, Gesù, con noi. Noi preghiamo, ma forse ancora di più Lui prega: e forse prega così: “Speriamo che smettano di delegarmi, speriamo che capiscano che sono un loro alleato… Ah quanto vorrei fare delle cose con loro…. A proposito Giacomo, cosa hai chiesto? Alto o grande?”. Il Signore ci ascolta sempre, bisogna stare attenti a cosa gli si chiede!
Allora, l’invito alla vigilanza è appello a vivere la fede come amicizia col Signore Gesù, ad essere sempre stretti a Lui, sempre connessi con Lui, “alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino”.
A noi sembra molto duro e difficile tendere alla perfezione della vita cristiana ogni giorno; è qualcosa che ci spaventa, eppure noi sperimentiamo continuamente che essere in Gesù, con Gesù e come Gesù è molto bello ed è molto più bello del contrario. Diceva Santa Teresa di Gesù Bambino: “Non siamo noi che ci possiamo innalzare fino a Dio; è Lui che si abbassa fino a noi e ci viene incontro sulla piccola via dell’infanzia evangelica, la via della gratitudine e della fiducia. Più che nel tentare di arrivare alla sua altezza, dobbiamo lasciarci prendere da lui. Dobbiamo lasciarci sorprendere”.
Lasciarsi sorprendere da Dio: è ciò che auguro a me e a ciascuno di voi in questo “Avvento al contrario”.
Prima domenica di Avvento
Don Luciano Marchetti
Pievano di Borgo San Lorenzo
(Prima domenica di Avvento)
©️ Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 30 novembre 2020
Che bellezza un prete vero che ci parla di Dio e non di migranti, di politica ,di proprietà privata e quant’altro!
Io ogni volta che ho pregato ho ottenuto, certo non si devono fare preghiere tipo “fammi avere un bel voto” o “fammi trovare una bella ragazza o un anello d’oro in terra o vincere al lotto!”, ma cose serie e fondamentali.Sempre lasciandolo libero di decidere.
Buon Natale caro Don!