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Unioni, fusioni, “Grande Firenze”, confusione sotto il cielo. Un intervento del segretario della CGIL Mugello
FIRENZE – E’ di questi giorni l’apertura di un dibattito, più sugli organi di stampa che nei luoghi deputati, intorno al tema Grande Firenze che prevede la fusione di Firenze con i comuni della cintura che “ci stanno”.
Non si comprende bene se è una cortina fumogena di amministratori in difficoltà, se è la riproposizione di un vecchio dibattito, oppure se è la nascita di una discussione seria che dovrebbe coinvolgere, però, un’ampia partecipazione democratica.
Alcuni dati di fatto.
Chi vive a Sesto Fiorentino, Pontassieve, Borgo San Lorenzo, Dicomano e negli altri comuni possiede spesso una doppia identità: quella familiare e della comunità dove vive, ma anche quella di cittadino fiorentino ogni qualvolta si esce dalla nostra regione.
Migliaia di piccole e medie aziende, grandi aziende manifatturiere, grandi marchi presenti su tutti i nostri territori, articolati su filiere più o meno lunghe, si presentano sui mercati internazionali come “fiorentine”.
Un sistema scolastico articolato e diffuso e la presenza decisiva dell’Università di Firenze non focalizzata soltanto sulla città.
Questioni concrete fondamentali per la vita dei cittadini come la gestione di beni comuni e del welfare si realizzano su scala sovracomunale: acqua, energia, rifiuti, trasporti, sanità…
Tutto ciò richiede scelte politiche condivise ed unitarie, ma anche un unico governo.
Ciò sarebbe potuto avvenire con la costruzione di una vera Città metropolitana, ma il pastrocchio realizzato dalla Legge Del Rio rappresenta l’ennesima occasione persa rispetto al governo della dimensione metropolitana. Si è abolito il controllo dei cittadini tramite passaggio elettorale, si sono tolte risorse finanziarie ed umane delle ex Provincie, si sono ridotte deleghe e funzioni, ormai residuali. Il sindaco di Firenze, per legge, e non per scelta degli elettori ne è il presidente e i sindaci dovrebbero svolgere anche i compiti di assessori metropolitani, quasi un dopolavoro.
I temi affrontati con i precedenti “piani strategici” e con i “patti per lo sviluppo” sono ancora tutti lì anche perché non si è voluto affrontare il tema del governo unitario del territorio; in qualche caso sono stati affrontati con strappi e decisioni che rischiano di determinare ulteriori divisioni e problemi.
Questo governo unitario può avvenire anche con l’elezione di un unico sindaco ed un unico consiglio comunale? Forse; in ogni caso spariglierebbe, diventerebbe un forte polo di attrazione e metterebbe gli altri comuni davanti a scelte non rinviabili. Importante è che questo unico centro di potere, abbia più punti di partecipazione, decentramento e decisione. Quindi una vera e propria Città policentrica aperta e solidale con i territori delle cinture esterne ed aperta alla vera area metropolitana che va fino a Prato e Pistoia.
Come impatta questa discussione sui territori che non appartengono alla prima cintura fiorentina? E con la Riforma Costituzionale ed il nuovo assetto dei servizi? Unione dei comuni o fusioni?
Tutti questi aspetti costituiscono uno stesso grumo di problemi relativo all’assetto istituzionale e agli aspetti di governance.
La Riforma del Titolo V della Costituzione ricondurrà in capo allo Stato una serie importante di funzioni e le Regioni avranno meno titolarità esclusive e sempre di più un ruolo di programmazione e gestione; le economie di scala per i servizi erogati prevederanno sempre più spesso almeno la dimensione dell’area vasta se non quella regionale.
Emblematica, da questo punto di vista la gara del TPL a livello regionale, quella dell’ATO centro per i rifiuti, la stazione appaltante unica regionale per i servizi sanitari e la riforma della sanità incardinata su Asl di Area vasta.
Siamo, quindi, di fronte ad un processo di allargamento dei bacini di riferimento, di accentramento dei luoghi delle scelte e delle decisioni che si allontanano dal controllo dei cittadini e, potenzialmente, di rafforzamento del ruolo di Firenze.
Dentro questo quadro di riferimento i territori periferici, con la loro grande estensione territoriale, la frammentarietà amministrativa, la ridotta dimensione demografica, come possono affrontare il rischio di ulteriore marginalità? E come risolvere i problemi delle aree montane a cavallo tra due Regioni e con servizi differenziati tra le stesse?
La stessa Unione dei comuni del Mugello depauperata della funzione dell’Agricoltura e delle risorse connesse se non sarà in grado di compiere rapidamente un effettivo salto di qualità rischia di diventare un simulacro vuoto.
Eppure le questioni da affrontare a breve sono importanti; tanto per evidenziarne alcune e solo per titoli.
Riforma Sanitaria Toscana. La Asl di Area Vasta Centro si occuperà delle Provincie di Firenze, Prato e Pistoia. Come verranno individuate le “Zone distretto”, (per noi dovrebbero coincidere con l’attuale Società della Salute, se non vogliamo che il riferimento al territorio sia una finzione), come si realizzerà l’integrazione socio – sanitaria e assistenziale; che ruolo e che funzione per l’Ospedale del Mugello, presidio fondamentale per oltre 60.000 abitanti. L’attuale struttura è prossima a fine vita; decidere la costruzione di una nuova struttura, quali attività specialistiche ed elettive mantenere ed aggiungere, come garantire una continuità di cura ed assistenziale alla popolazione mugellana sono questioni decisive. E dovrebbero essere partecipate.
Attrattività del territorio.
Viabilità e trasporto: connessione a sistema autostradale e viabilità interna, variante SS. 67, Sistema tramviario Fiorentino e Ferrovia Faentina.
Piano Strutturale, individuazione di nuove aree di sviluppo industriale (APEA), rigenerazione urbana.
Agro industria, economia forestale e filiera corta del legno.
E potremmo continuare; d’altra parte sulla Piattaforma territoriale inviata un anno fa da CGIL, CISL, UIL del Mugello ancora non abbiamo ricevuto neppure la convocazione per un primo incontro.
Paolo Aglietti
Coordinatore CGIL Mugello
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 4 marzo 2016
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