“Da Borgo al Benin”, intervista a don Marcel
Don Marcel Houndebasso, 42 anni, tra meno di un mese tornerà nel suo Benin, in Africa. Così, dopo sei anni di permanenza come cappellano lascerà la parrocchia di Borgo San Lorenzo, dove in tanti gli vogliono bene e gli sono diventato amici. Era giunto in Italia, otto anni fa –è sacerdote da nove anni- per studiare teologia biblica. Un desiderio che aveva da tempo, tanto che anche se il giorno prima della partenza ebbe un incidente e si ruppe un ginocchio, volle partire lo stesso. “Anche perché –sorride- sapevo che in Italia sarei stato sicuramente curato meglio che nel mio Paese”. Dopo sei mesi al convitto ecclesiastico, fu destinato a fare servizio a San Iacopino, dove era parroco don Maurizio Tagliaferri. “Che poi ho seguito quando don Maurizio diventò pievano di Borgo San Lorenzo”.
Ora però il suo Vescovo, in Benin, lo ha chiamato e gli ha affidato una grande parrocchia. Così don Marcel è a fare i bagagli e a salutare tanti borghigiani. Non senza commozione. “In questo momento i miei sentimenti sono di gioia e di timore. Gioia perché la mia presenza qui in Italia mi ha arricchito tanto e ho sempre pensato di tornare un giorno nella mia terra per portare la ricchezza acquistata qui ai miei fratelli del Benin. Sia a livello di studio che di esperienza. Però c’è anche timore perché la responsabilità che mi affida il mio Vescovo è grande, e di fronte ad ogni nuovo inizio c’è sempre questo timore, che mi fa domandare ‘ce la farò?’, ‘sarò in grado di rispondere a questa chiamata del Signore?’ Mi è stata affidata una parrocchia, è una realtà grande, dove c’è da costruire la chiesa dappertutto sia nella parrocchia che nelle aree circostanti. Al momento vi sono chiese molto piccole, che non bastano più per le comunità parrocchiali. Occorre una grande struttura per accogliere tutti i fedeli. Nelle feste si fa la Messa fuori all’aperto perché non c’è struttura sufficiente per tutti. E tra i miei compiti, accanto a quello di parroco, vi sarà quello dell’insegnamento di Sacra Scrittura in varie strutture”.
Gli chiediamo un pensiero su Borgo e su cosa gli ha dato Borgo: “Borgo San Lorenzo –risponde don Marcel- è una realtà grande, rispetto alla parrocchia fiorentina di San Jacopino dove il parroco poteva far da sé. Pastoralmente è strutturato in modo ampio e complesso. La prima cosa che mi ha dato Borgo è stata quella di entrare nella cultura italiana: attraverso il contatto con i giovani, con i bambini al catechismo, ho conosciuto la cultura italiana. Sai, ho sentito qualcuno, tra i preti che dice: ‘Se sei stato come prete a Borgo, sei preparato ad ogni altra realtà’. E’ vero, perché Borgo, oltre che grande, è anche difficile”.
La domanda viene dunque naturale: quali sono i maggiori difetti dei borghigiani? Don Marcel sorride: “Non si entra facilmente nelle abitudini, nel modo di fare di Borgo. Però non mi piace essere negativo, e allora, se dovessi chiedere qualcosa a Borgo, è quella di una maggiore unità tra i borghigiani, tra di loro. E l’accoglienza verso chi viene da fuori. Anche se alla fine, oggi io mi trovo bene, ed è un grande dispiacere lasciare Borgo, perché mi sono ben inserito, e qui ho fatto tante amicizie. Ma occorre lavorare, ripeto, sull’accoglienza e dall’unità. Quando le persone riescono ad aprirsi, e a conoscerti di più rispetto alla prima impressione, si vivono amicizie forti, che danno gioia. Mi ritrovo, alla fine della mia missione a Borgo, a sentire la gioia degli altri per la mia presenza: dalla conoscenza è nata l’amicizia e questa è una bella caratteristica di Borgo, Borgo sa accogliere anche se all’inizio magari è diffidente. Ma poi, superate le prime remore, è possibile un’amicizia forte tra le persone. E di questo sono davvero grato”.
Paolo Guidotti
(Foto: Marta Magherini)
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 30 agosto 2015