Fusioni tra Comuni, Comune unico del Mugello, il sindaco di Palazzuolo Menghetti dice la sua
PALAZZUOLO SUL SENIO – Tocca oggi a Cristian Menghetti, sindaco di Palazzuolo, dire la sua in merito al tema, sempre più discusso, dei prossimi assetti istituzionali dei comuni mugellani, tra ipotesi di accorpamenti e fusioni, gestioni associate, e futuro dell’Unione montana dei Comuni del Mugello.
Partiamo dal tema della fusione dei comuni. Qual è il suo giudizio sullo stato della discussione? Meglio la fusione, o meglio la condivisione dei servizi? Ultimamente la discussione politica regionale ha mescolato un po’ le carte in tavola, ma sono due cose completamente diverse! La condivisione dei servizi è uno strumento a disposizione degli amministratori per ottimizzare risorse e personale, mentre con la fusione si va a formare un ente completamente nuovo, che niente ha a che vedere con l’attuale identità dei municipi esistenti. Quindi la fusione funziona bene, se la situazione orografica lo consente e laddove ci siano processi di condivisione amministrativa e culturale già avviati da tempo, mentre la condivisione dei servizi è attivabile anche nei contesti territoriali più eterogenei e diversificati. L’una non esclude l’altra.
Il suo comune pensa a qualche tipo di unione? E con chi, eventualmente? Con Marradi? Con Firenzuola? Con entrambi? L’accelerazione riformista che il Governo e la Regione Toscana stanno promuovendo, ha acceso un dibatto all’interno dei territori. L’Alto Mugello o “Romagna Fiorentina” ha molti aspetti in comune, stesso ATO, stesso gestore dei servizi, orografia molto simile, stessi problemi ed un trascorso storico comune, ma il territorio appenninico è difficile da gestire ed un comune unico di 540 Km quadrati richiede grandi capacità organizzative, per risultare efficiente. Di certo gli incentivi proposti per i comuni che si fondono sono allettanti e consentirebbero investimenti importanti, ma non è solo pensando ai soldi che ci si può sposare!
Qual è il suo giudizio su un unico comune per il Mugello? Una proposta affascinante, ma che fa parte di un assetto istituzionale diverso da quello attuale. Se le regioni, nel corso dei prossimi anni, continueranno a svolgere sempre di più un ruolo di interlocutore diretto nei confronti dei comuni, allora non potranno materialmente raffrontarsi proficuamente con un numero elevato di istituzioni locali. A quel punto gli enti di secondo livello non servirebbero più, e l’ipotesi (oggi fantastica) avanzata dall’Irpet riguardo i 50 comuni in tutta la Toscana, potrebbe trovare una sua ragionevolezza.
Parliamo di gestioni associate. In esercizio da tempo, con l’Unione montana, le difficoltà non mancano. Cos’è che non funziona? Quali i limiti da superare? Da consigliere nazionale di Uncem sono a conoscenza di cosa sta succedendo altrove, e vi assicuro che la nostra Unione dei comuni funziona, se paragonata ad altre realtà regionali e nazionali. I limiti da superare sono quelli fisiologici di una trasformazione. La vecchia Comunità montana era un ente di secondo livello con autonomia gestionale e politica propria, l’Unione dei comuni invece è uno strumento a disposizione delle amministrazioni locali, una esperienza nuova per tutti e che ha sicuramente bisogno di maturare.
E c’è il rischio, alla fine, anche per la sottrazione di deleghe importanti da parte della Regione, di un’implosione dell’ente montano del Mugello? Le deleghe, in questi anni, sono state indispensabili per sostenere finanziariamente il passaggio da Comunità montana ad Unione dei comuni, ma lo scopo primario di quest’ultima, non è quello di gestire servizi per conto della Regione, ma piuttosto di gestire servizi per conto dei comuni stessi. Se la gestione di alcune deleghe venisse lasciata sul territorio sarebbe sicuramente positivo, ma un’uunione nel medio lungo termine deve reggersi sulle proprie gambe, poiché deve fungere da “condominio” dei servizi comunali.
Perché i comuni frenano, di fatto, sulle gestioni associate strategiche? Dell’ufficio urbanistica unico si parla da anni, il corpo unico della polizia municipale non è ancora nato del tutto, con Vicchio e Firenzuola che ancora non hanno aderito. All’ufficio personale unico partecipano pochissimi comuni. Ancor peggio l’ufficio gare che c’è ma è bloccato. La centrale unica di committenza non ha personale, e nessun comune glielo mette a disposizione. Come pensate, voi sindaci, di sbloccare la situazione? Il tema del conferimento delle funzioni fondamentali alla Unione dei comuni è importantissimo e non può essere liquidato con una battuta. Nel momento in cui un comune sceglie di conferire una funzione, cede parte della propria sovranità decisionale. Sono passaggi molto delicati e non mi stupisce che alcuni amministratori impieghino del tempo, per programmare le modalità di ingresso, sempre meglio comunque, entrare nelle funzioni con convinzione piuttosto che buttarsi a capofitto e creare problemi successivamente. I sindaci sono molto attenti ai conti e quindi molto oculati quando si tratta di incrementare il personale e la chiusura delle province con obbligo di assorbimento dei loro dipendenti negli altri enti ha causato non pochi problemi di fronte alla volontà di assunzione. Mentre il motivo per cui non è banale trovare personale dentro i comuni è molto semplice: nei piccoli enti nessun dipendente ha un ruolo specifico, ma si occupa di più servizi, quindi nel momento in cui si rinuncia anche solo ad una persona, c’è un rischio reale di perdita degli equilibri interni. Tutto sommato, in 2 anni, a seguito del conferimento di funzioni da parte dei comuni, il personale dell’unione è raddoppiato mentre quello dei comuni è diminuito: questo è un dato di fatto inoppugnabile che dimostra la dinamica in corso. Per ottimizzare le risorse umane in sinergia con gli uffici comunali ci sono tuttavia dei tempi fisiologici da rispettare, se non si vuole perdere di efficacia.
Realisticamente, nel 2016, ci saranno decisioni e scelte concrete, su questi temi? Il 2016 sarà l’anno dell’avvio del Piano Strutturale Unico e saremo tra i primi in Toscana, mentre per l’ufficio gare sarà indispensabile il coinvolgimento degli uffici comunali. La volontà politica è manifesta e tra i sindaci si è creato un ottimo gruppo di lavoro. Trasformazioni istituzionali del genere tuttavia, non possono avvenire in tempi stretti. Le variabili in gioco sono numerosissime e richiedono cautela: non dimentichiamoci che stiamo ragionando di servizi pubblici indispensabili per i cittadini, per cui non si può andare a tentativi come a volte accade nel settore privato, ma ci si deve preoccupare di garantire continuità di servizio pubblico, riducendo la spesa.
Se fosse stato semplice, probabilmente lo avremmo trovato già fatto e compiuto!
Michela Aramini
Le precedenti interviste ai sindaci:
Paolo Omoboni, Borgo San Lorenzo
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 29 gennaio 2016