MUGELLO – Un territorio che ha subito notevoli trasformazioni urbanistiche dettate da esigenze nazionali e regionali. In qualche caso lasciando ferite indelebili. Adesso, dopo qualche progetto abortito, restano però aperte alcune questioni per investimenti annunciati che non decollano o che destano forti contestazioni. Ecco un riepilogo.
I decenni da poco trascorsi sono stati contraddistinti dalla realizzazione di rilevanti infrastrutture che, inevitabilmente, hanno cambiato parte dell’assetto urbanistico di questo nostro territorio. Intendiamoci subito, opere di rilevanza nazionale e regionale, necessarie per lo sviluppo contemporaneo del paese Italia, irrinunciabili per l’economia locale. Sicché ne approfitto per ricordarle: la “Autostrada del Sole”, l’invaso di Bilancino, la linea ferroviaria AV Bologna-Firenze e la “Variante di Valico”. Grandi opere ormai contestualizzate e fondamentali nel vivere la quotidianità. Anche se una di queste, la linea ferroviaria, ed è sempre bene precisarlo, è stata frutto di una progettazione convulsa e affatto rispettosa dei luoghi che attraversa, partorita da una politica incapace nel conciliare la visibilità per i risultati elettorali con il reale benessere delle comunità indigene. Ma voltiamo pagina e guardiamo a quello che recentemente è transitato sui tavoli delle amministrazioni pubbliche è ciò che ancora è in lista d’attesa, fra progetti insostenibili e investimenti annunciati.
Per la categoria insostenibilità imprenditoriale come non citare l’abortito progetto della centrale a biomasse a Petrona, lungo la strada provinciale che conduce da San Piero a Sieve a Borgo San Lorenzo. Inizialmente proposta come “bruciatore” di ramaglie e scarti vegetali per una centrale di energia elettrica (sic!!), poi, dopo estenuanti sforzi di comprendonio, derubricata a impianto per la produzione di pellet. Sarebbe dovuto essere uno dei 50 progetti caldeggiati da Legambiente e sostenuti dal PD nazionale e nostrano. Chiudo questa cronaca facendo presente che alla fine sono nati e attivi solo due impianti, uno in Sardegna l’altro in Sicilia, ma non saprei dire se possono essere annoverati nella dichiarata missione originaria, ovvero quella di produrre energia elettrica bruciando le ramaglie. Fuoco verde.
Per la categoria annunci, ecco che riprendo il tema all’ordine del giorno in un paio di comuni della zona e di riflesso anche per altri: le pale eoliche sul crinale appenninico fra Villore e Corella. Come è ben noto la questione è ancora aperta. Ai progetti presentati dal soggetto imprenditoriale si contrappongono le richieste di integrazione dei documenti da esaminare, da parte degli enti istituzionali, e soprattutto l’avversione di chi ritiene devastante l’impatto ambientale in quell’area. Ora aldilà delle opinioni, beninteso tutte legittime, siano queste di natura scientifica, finanziaria, legale e ambientale, è evidente come questo progetto s’infranga proprio contro le regole, appena dettate dal governo nazionale, per la limitazione sull’uso del suolo e del rispetto idrogeologico. Eppure anche in questo caso la politica si cala nel ruolo di facilitatore dell’annunciato investimento. Postulato: per produrre la cosiddetta “energia verde” non si possono distruggere aree verdi e incontaminate, semmai recuperare e bonificare siti dismessi. Libero mercato dell’aria.
Proseguo e volentieri torno a parlare e ad aggiornare quello che chiamo “affare Cafaggiolo”. Oddio, più che aggiornare direi a reiterare la constatazione di uno stallo che ormai si protrae da diverso tempo, troppo. Ai ringraziamenti, sinceri e mai lesinati, per aver quantomeno risanate le coperture della villa medicea e dell’edificio conosciuto come “manica lunga”, ci si deve però correlare il disappunto per un investimento che non si avvia. La giustificazione addotta per il ritardo, quella sulla querelle per lo spostamento della strada statale, rea di deturpare lo scenario campestre ove insiste il maniero, non regge. Anzi sta diventando una sorta di scusa patetica. I dati enfatici pubblicati qualche anno fa da IRPET (Istituto Regionale Programmazione Economica della Toscana) addirittura rivedevano al rialzo il valore dell’investimento, che passava da 170 milioni di euro dichiarati originariamente (nel 2011 e riconfermati nel 2017) a 244 milioni di euro, comprensivi dell’acquisto della tenuta stessa e di altri terreni contigui. Il diluvio dei numeri continuava con ”le unità lavoro”, una definizione da cui si faceva fatica a capire se potessero riferirsi a contratti continuativi o stagionali di dipendenti e lavoratori, che dovrebbero attestarsi, a regime, in un organico di 730 addetti. Infine, sempre con l’uso del condizionale era stato stimato un fatturato medio annuo di 110 milioni di euro, con la previsione di “un’affluenza complessiva di circa 215000 presenze-anno pernottanti ai quali si aggiungono 75000 visitatori giornalieri, sempre nell’arco dell’anno”. Con tutto il rispetto per la competenza di chi ne abbia valutati e determinati tali numeri, ammetto, ed è un limite tutto mio, di non aver ben capito la fondatezza di queste cifre. Opinioni e matematica.
Gianni Frilli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 21 novembre 2021





