“I Santi della porta accanto”: le testimonianze di infermieri e medici mugellani
MUGELLO – Papa Francesco li ha chiamati i “Santi della porta accanto”. Tutti li abbiamo già definiti i nuovi eroi anche se loro non si sentono tali. Fanno il loro lavoro, vanno avanti con la passione e l’amore che li ha spinti fin dall’inizio a intraprendere questa professione che sicuramente non è un mestiere qualsiasi. Sono orgogliosi di quello che sono. Stanchi, stremati ma vanno avanti con coraggio perché non “fanno” il medico o l’infermiera ma “sono” medici e infermieri. Hanno paura, piangono e sono anche loro in bilico tra stati d’animo contrastanti. Tra “chi me lo fa fare” alla tristezza di non poter abbracciare i loro figli convinti però che davvero tutto andrà bene.
“Non avrei mai immaginato di trovarmi a lavorare così.” Ci racconta Monica Becherini infermiera dicomanese a Careggi in prima linea nel reparto Covid. “ “Sembriamo astronauti. A lavoro ci riconosciamo solo dal nome scritto con il pennarello sulla tuta. È veramente dura… gli occhiali si appannano e non si vede niente, non c’è contatto con il paziente. Niente carezze, niente strette di mano. Lavoriamo con tre paia di guanti ma la cosa che più mi sconvolge è che queste persone muoiono da sole senza nessuno perché giustamente l’ospedale è blindato.”
Stessa situazione surreale anche a Borgo San Lorenzo all’Ospedale del Mugello. “Siamo ancora totalmente immersi in questa situazione irreale” Ci spiega la borghigiana Elisabetta Cinquegrana, infermiera in rianimazione Covid che ci racconta come il reparto sia stato letteralmente trasformato. “La nostra rianimazione Covid nel giro di tre giorni è stata ristruttura; abbiamo potenziato i posti letto, praticamente triplicati e di contro potenziato il personale anche se sono ragazzi appena usciti dall’Università che, pur avendo tanta buona volontà, hanno poca preparazione pratica e quindi li dobbiamo seguire”.
Alla domanda se durante il turno di lavoro c’è un momento più difficile rispetto agli altri Elisabetta non ha dubbi: la vestizione ma soprattutto la svestizione. “All’inizio è stato molto, molto difficile. Ci siamo dovuti reinventare un altro tipo di lavoro, abbiamo dovuto imparare la vestizione e soprattutto la svestizione che è il momento più importante perché durante quest’ultima fase il rischio di contaminazione è più alto. Dobbiamo stare attenti a come ci muoviamo. Siamo vestiti come astronauti, ci muoviamo al rallentatore, sembra di essere catapultati sulla luna. Quello che non è cambiato, o che almeno cerchiamo di mantenere il più possibile come sempre, è il rapporto con i pazienti. Quelli che arrivano svegli sono molto molto impauriti cerchiamo di rassicurarli anche se all’inizio anche noi siamo stati presi dalla paura di non farcela”
La paura è sicuramente la sensazione che più di tutte accomuna medici, infermieri e personale sanitario. Siamo umani.
“Sono stata spostata nel reparto di broncologia – ci racconta Lisa Innocenti, infermiera dicomanese a Careggi – dove facciamo le broncoscopie: con uno strumento andiamo a ispezionare i bronchi. In questo periodo siamo in prima linea perché veniamo chiamati nei vari reparti, sia per aiutare i pazienti Covid a respirare sia per fare diagnosi di Covid19 . Ti lascio immaginare che l’umore non sia dei più felici: se vai in reparti cosiddetti Covid ci sono tutte le protezioni del caso, se però vai nei reparti normali, a fare diagnosi, può capitare di non trovare le dovute protezioni.” E come fate? “Bisogna arrangiarsi meglio che si può – continua Lisa – e… pregare, pregare di non ammalarsi e non portare a casa niente. Da quando sono in reparto porto la mascherina anche in casa, dormo da sola e… non abbraccio i miei figli dal 3 Marzo. Questa cosa, credimi, ti lacera l’anima”
Paura, tanta forza di volontà e coraggio: per loro stessi, per le loro famiglie per i loro pazienti. Perché quando c’è in ballo la vita tutte le energie si concentrano per fare scudo il più possibile. “Lunedì scorso – racconta ancora Lisa – siamo andati a fare un esame in un reparto di medicina dove c’era un paziente con sintomi lievi, tre tamponi negativi e quindi non in isolamento. Ci siamo protetti con quello che abbiamo trovato ma quando alla risposta del nostro esame il paziente è risultato positivo ci si è gelato il sangue. Questo è quello che vivo, che viviamo tutti i giorni: una roulette russa, sperando che la pistola non sia carica…”
Eleonora Tanini all’Ospedale del Mugello si occupa delle pulizie. Un ruolo apparentemente secondario ma mai come in questo momento fondamentale. Non si tratta di pulire e basta, tutti i giorni nei reparti si sanifica tutto e anche questi operatori sembrano appena sbarcati sulla Luna. “È triste – ci racconta Eleonora,- perché vedi entrare persone da sole che se sono fortunate rivedranno i loro cari, altrimenti no. E poi pensi a chi è rimasto a casa con l’angoscia, non sapendo se li rivedrà. Ci sono momenti che aiutano a sdrammatizzare la situazione come quando io e la mia collega al termine del turno siamo stati applauditi dai medici e infermieri. Ci siamo anche vergognate un po’… ma ci siamo sentite anche tanto utili, un bel gruppo, una bella squadra” E proprio la forza del gruppo che aiuta molto chi è in prima linea: “Quello che ci dà conforto – spiega ancora Elisabetta – è la compattezza del gruppo, si un bella squadra e grazie ai nostri medici e allo psicologo aziendale cerchiamo di superare le varie fasi di questo momento. Forse chi è fuori non si rende conto fino in fondo di cosa stiamo vivendo. Anche se quando siamo a casa cerchiamo di vivere una vita normale, non ci sono parole per descrivere davvero quello che stiamo passando e che sicuramente lascerà un segno in ognuno di noi.”
“Non son un’infermiera in prima linea, lavoro in un reparto dove per fortuna ancora il virus non è entrato. – Spiega la borghigiana Paola Bidini in forze alla pediatria dell’Ospedale del Mugello – ma la tensione è grande per tutti, perché tutti abbiamo paura di portare il contagio. Spesso quando sono a contatto con i neonati cerco di trattenere il respiro, è un riflesso psicologico assurdo, però è così… E poi abbiamo pensiero per i colleghi perché davvero siamo tutti una bella squadra. A partire dalla direzione sanitaria sempre presente giorno e notte, una presenza costante di supporto emotivo e tecnico che non tutti gli ospedali possono vantare. La sensazione che si prova quando vedi i colleghi segnati nel viso e nell’anima è indescrivibile…”
Come non pensare al segno che lascerà, per esempio, in Gemma Augelli giovanissima infermiera 19enne in forza a Villa San Biagio. Aveva da poco firmato il suo contratto di lavoro quando il virus è esploso con tutta la sua forza nella Rsa dicomanese. E così ora Gemma è lontana da casa, dai suoi affetti per passare la quarantena in isolamento. “A soli 19 anni mi ritrovo in un letto che non sento per niente mio, “dormo” abbracciata ad un peluche a forma di pecora perché ahimè, caro virus, ti sei preso anche l’affetto umano”, scrive Gemma. “Nonostante ciò bada bene che non mi fai paura, quando ho deciso di firmare il mio contratto di lavoro, ho avuto la consapevolezza di farlo nel bene e nel male. È arrivato il male ed a maggior ragione ho deciso di non mollare. Chiedimi pure se ho paura?!? Solo tanta rabbia.”
E poi c’è la foto più emblematica di questi giorni. Ritrae il Dottor Vieri Collacchioni, responsabile di Villa Rio a San Godenzo. Lui e il suo staff non si sono mai risparmiati: su venti infermieri sono rimasti operativi in 5. Turni di oltre 12 ore per assistere gli ospiti della Rsa con un piccolo grande miracolo: la situazione si è ribaltata e su circa 22 positivi, 15 sono stati negativizzati e solo 4 rimangono positivi. E allora guardatela questa foto, guardate le foto degli infermieri in prima linea. Guardatela quando volete andare a correre sulla ciclabile nonostante i divieti, a quando uscite quattro volte al giorno perché avete dimenticato il prosciutto cotto tagliato fine o quando vi verrà la tentazione di fare la gita di Pasquetta. Guardatela quando vi prende lo sconforto e non ce la fate più a stare in casa. Guardatela e pensate che nessuno davvero si salva da solo.
Serena Pinzani
©️ Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 11 aprile 2020
complimenti all’autrice dell’articolo !
Veramente grandi professionisti