Marco Falagiani: una vita dedicata alla musica
BARBERINO DI MUGELLO – Sabato 14 ottobre a teatro Corsini si terrà il “Gran Galà di Danza” organizzato dall’ASD Dance Accademy Mugello (articolo qui). Ospite d’onore il Maestro Marco Falagiani, che da 11 anni vive a Barberino, autore di moltissime canzoni entrate nella storia della musica italiana da Mia Martini a Masini. Compositore di successo e grande conoscitore del panorama musicale nostrano, nel suo carnet annovera la colonna sonora del film premio Oscar “Mediterraneo”. Lo abbiamo intervistato per parlare di musica e composizione. Il Maestro ci ha anche lasciato qualche consiglio per i giovani che si approcciano a questo difficile mondo.
Quando è nata la sua passione? Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia dove si respirava musica. Mio padre era un chitarrista, mio zio era un esperto di musica lirica. È venuto quasi spontaneo, quindi, avvicinarmi a questo mondo. A 6 anni ho cominciato a prendere lezioni di piano per poi, intorno ai 10 anni, diventare allievo di Silvano Boddi, un grande dell’epoca. Nonostante gli studi “classici” ho sempre coltivato la passione per il Pop tanto da formare una band con i miei amici. In seguito sono entrato a far parte degli “Extra”, gruppo che ha aperto il tour di Claudio Baglioni nel 1978. Avevo 22 anni. Da lì ho deciso che la musica sarebbe stata il mio lavoro, lasciando l’università di medicina che frequentavo all’epoca.
Dopo il tour con Baglioni è stata una continua ascesa…Sì, ho avuto diverse collaborazioni con vari artisti fino a che nel ’88, anno di svolta per la mia carriera, non ho conosciuto Giancarlo Bigazzi un grandissimo compositore e paroliere italiano, autore di canzoni come “Gloria” e “Ti amo” di Umberto Tozzi. Con lui ho collaborato per oltre 20 anni componendo o arrangiando molti successi. Abbiamo vinto insieme 4 volte il festival di Sanremo: nel 1990 con “Disperato” di Masini, “Non amarmi” di Aleandro Baldi e Francesca Alotta e contemporaneamente “Gli uomini non cambiano” di Mia Martini che arrivò seconda nella categoria Big, e molti altri ancora. E poi ancora i film come “Mediterraneo”, che riproporrò al Galà di Barberino, “Il pirata – Marco Pantani” o “L’ultimo padrino”. Adesso mi dedico per lo più all’insegnamento della composizione con il corso “Comenasceunacanzone”.
E come nasce? Sarebbe limitativo dire che se uno ha talento allora può scrivere. Non c’è solo quello. Certo c’è l’ispirazione ma anche una tecnica. Parti dal ‘lampo’, quattro note in testa, poi però devi svilupparla e renderla una traccia di oltre 3 minuti. Non è così immediato come può sembrare. Ad esempio, per scrivere “Gli uomini non cambiano” di Mia Martini ci abbiamo messo due anni e mezzo. Le canzoni scritte in 5 minuti ci sono, ma si vede, non sono immortali mentre quelle di Battisti, Guccini, De Gregori ancora oggi sono riproposte, conosciute, cantate…Secondo me si è persa l’essenza della canzone che è l’orecchiabilità che non vuol dire banalità, la semplicità che non dev’essere ovvietà. È un confine molto sottile. Si parla di una canzone che non abbia la rima ‘cuore – amore’ anche se uno bravo è capace di rendere questa banalità un concetto capace di trasmettere un concetto interessante, solo che ci vuole tempo. Come dico sempre: ‘Devi battere il capo nel muro e non accontentarsi della prima cosa che hai in testa’.
Sembra che la cosa difficile sia unire la musica con le parole... Beh, sì. I testi delle canzoni non sono poesie, come si potrebbe immaginare. Scrivere canzoni significa entrare nel linguaggio della quotidianità ma riuscendo a fare immedesimare chi ascolta.
E come si arriva dal foglio con le parole ad abbinare la musica giusta? Esattamente al contrario. Mi spiego. Nella canzone ci sono due componenti: la musica ed il testo. La prima è un treno, la seconda le persone. Grazie al treno le persone possono arrivare in qualsiasi posto. Allo stesso modo le canzoni. Per questo in genere prima si scrive la musica e poi si abbina il testo con quella metrica, le rime giuste – anche se oggi si cerca di evitarle perché è difficile trovare quelle giuste e non scadere nel banale – e per far questo c’è un sistema. Spesso e volentieri quando succede il contrario, quando manca lo sviluppo scientifico della melodia, si sente. È una strofa che si ripete. Secondo me la musica cantautorale di oggi si basa sull’essenza del testo ma, per me, quelle che fanno il giro del mondo partono dalla musica.
Di recente abbiamo intervistato una band barberinese, gli Eleven Jan (articolo qui), che ci ha dichiarato che, ad oggi, le persone sono meno portate ad ascoltare canzoni originali. La musica cantautorale è morta? Sono abbastanza d’accordo con questi ragazzi nel senso che oggi come oggi non conta cosa suoni ma chi sei, come sei….La maggior parte dei nuovi cantanti esce dai talent in cui gli artisti vengono considerati non per il talento ma per l’aspetto fisico, la simpatia…insomma all’utente medio piace sapere i gossip dei cantanti, non le canzoni. La musica è diventata un accessorio mentre ai miei tempi era la colonna sonora della mia vita, accompagnandomi tra primi amori, viaggi ed esperienze, mentre adesso è un sottofondo; è ovunque ma non la senti mai veramente. Forse è perché è raro che trasmetta un’emozione reale.
Quindi il problema è che la musica di oggi manca di profondità? E quindi i giovani che vogliono presentare un repertorio personale che dovrebbero fare? Sicuramente oggi la musica manca di profondità. Il mio consiglio è avere umiltà, perché bisogna riconoscere che chi ha sfondato si è fatto ‘un gran mazzo’ per tanti anni prima di sfondare. Io che sono musicista ho aspettato tanti anni prima di scrivere il mio primo testo con Bigazzi. La mia gavetta è stata ascoltare ed imparare da lui e da Beppe Dati. Capisco che ora questo spazio non c’è più ma bisogna anche sforzarsi, non tutto viene facile. Per affrettare i tempi viene spontaneo seguire le mode, ma è la cosa più stupida da fare. È roba già sentita, che altre 100 band stanno già facendo. Bisogna puntare sull’originalità. Vi dovete sforzare di fare la rivoluzione come i Beatles o Battisti in Italia. Imitare è troppo facile.
Parlaci dell’esperienza dell’Oscar. È stato un vero e proprio fulmine a ciel sereno! Nessuno se lo aspettava, nemmeno il regista Salvatores. Infatti all’evento si erano presentati solo lui e Abatantuono. Quando lo abbiamo saputo è stata una festa ancora più bella, proprio perché era fuori da ogni previsione.

Una scena tratta dal film “Mediterraneo” di Gabriele Salvatores con Diego Abatantuono, Claudio Bigagli, Giuseppe Cederna, Ugo Conti, Gigio Alberti e Claudio Bisio
È vero che non esistono più le grandi colonne sonore? Purtroppo sì. È come per le canzoni. Quello che si ricorda di un film è il tema ed oggigiorno non esiste più. Sono solo sonorizzazioni, accordi senza un tema portante. Sembra che ci sia una crisi compositiva, ma non voglio pensare che i compositori di oggi non sappiano scrivere un tema. Probabilmente sono cambiate le esigenze e, di conseguenza, sono scomparse, o quasi, le grandi colonne sonore.
Sabato 14 sarà ospite del Galà a Barberino, com’è nata l’idea di una sua partecipazione? E quale sarà il suo ruolo? Sono molto amico di Maria Antonietta Mazza e quando mi ha proposto di partecipare a quest’evento, nella città in cui vivo ormai da tanti anni, ho accettato subito. Generalmente non mi piace mettermi in mostra in eventi del genere ma quando Maria mi ha fatto questa proposta mi è sembrato bello unire un pezzo conosciuto ai giovani ballerini delle accademie. È un po’ come passare il testimone, no? In qualche modo chi ha fatto una certa carriera, come me, sarebbe stupido a non incentivare i nuovi artisti. Durante il Galà io presenterò un medley dei due temi di ‘Mediterraneo’ in una veste acustica semplice al pianoforte, accompagnato dalla voce lirica di Valentina Galasso. Sai, in un certo senso è come se li riproponessi in chiave compositiva, ovvero come sono stati fatti quando li abbiamo scritti al pianoforte e quindi è un modo per far riascoltare la composizione com’era prima di inserire gli altri strumenti. Prima di arricchirla.
Cosa ti aspetti da questa serata? Un grande successo. Il film è conosciuto, lo ridanno spesso in televisione. E quando lo ripropongo mi rendo conto di avere un seguito che va dai 15 agli 80 anni. Probabilmente perché questa colonna sonora ha il grande pregio di farsi amare dal primo ascolto. Come la grande canzone. È quasi un piccolo cult. Inoltre tutto il programma della serata è interessante, piacevole, le ballerine brave e preparate. Insomma, una serata da non perdere.
Irene De Vito
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 6 ottobre 2017