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Natale, il dono più grande
L’Annunciazione di Antonio Berti, San Piero a Sieve
IV DOMENICA DI AVVENTO (B) 2020
Un giorno a Giorgio La Pira, una figura bellissima del mondo cattolico del secolo scorso, sindaco di Firenze, profeta della pace, chiesero quale fosse il cuore di Cristianesimo e lui rispose: “Il dialogo tra l’angelo e la Vergine“, cioè il Vangelo di questa Domenica.
Ecco, per celebrare bene Venerdì prossimo il Natale cristiano occorre riandare a quel dialogo per evitare di lasciar fuori il festeggiato, Colui che, appunto, è al centro di questo dialogo: Dio. Perché come dice il Vangelo di oggi, l’iniziativa è sua.
“Al sesto mese – siamo vicini al sette, dove c’è il sette nella Bibbia c’è una cosa meravigliosa in arrivo – al sesto mese l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea chiamata Nazaret“. L’iniziativa è sua. Siamo di fronte a un dono non fatto da noi. E’ qualcosa che viene dall’alto, che ci è regalato, è una notizia sbalorditiva, è un dono formidabile, è una cosa incredibile che Dio si sia fatto uomo. E, quindi, alzare gli occhi un po’ verso l’alto e capire che questa cosa è qualcosa di importante. Siamo di fronte a un dono. “Guarda più spesso in l’alto, forse i veri doni vengono da lì in modo che la tua vita possa cambiare”.
E che fare concretamente perché questo dono dall’alto non sia sciupato? Occorre – ecco i tre punti di questa omelia – dare tempo a Lui, al Signore Gesù; dare cuore a Lui e rinascere a una vita nuova, cambiare la nostra vita, farla fiorire un po’ di più.
Occorre dare tempo a Lui. E stiamo attenti qui perché tutti noi, chissà perché, facciamo tantissime cose, corriamo da mattina a sera ma non riusciamo a dare tempo al Signore. Che non ci capiti quello che sta scritto: “Non aveva tempo di dare un aiuto; non aveva tempo di cantare una canzone; non aveva tempo di amare; non aveva tempo di donare. D’ora in poi avrà tanto tempo, tempo a non finire. Oggi è morto il mio amico sempre occupato“. Che non ci capiti questo.
Quindi fermarsi. In questa settimana è decisivo fermarsi quando possiamo. E un modo di fermarsi è gustare il presepe che quasi tutti noi abbiamo in casa. E chi non ce l’ha, lo faccia in fretta in questi giorni. Fermarsi. Corriamo troppo e non guardiamo mai in alto, non respiriamo Dio: è peggio per noi.
E, poi, occorre dare il cuore. Il cuore vuol dire libertà, vuol dire qualcosa che ti capita dentro. Il Natale che noi vivremo non è il Natale storico, quello capitato con Maria, Giuseppe e Gesù. No! Quello una volta sola è capitato. Ma noi viviamo il Natale liturgico, il Natale personale. E il Natale liturgico ha a che fare con il tuo cuore cioè è qualcosa che deve capitare dentro di te perché la questione delicata è questa: che Dio ci vuole amanti.
Questo ci mette in difficoltà. Molta gente crede. Molta gente va in chiesa e dice: “Dio c’è! Ci mancherebbe altro!”, ma non diventa amante di Dio. Né si lascia amare da Dio né lo ama. C’è tutto ma manca il sentimento e nella vita, quando manca la passione, quando manca l’amore si fanno le cose ma da praticanti non da credenti, non da amanti.
E, quindi, è molto importante che il Natale torni ad essere questa cosa: dare del tu a Dio, questa confidenza con Dio. Natale come incontro, come abbraccio. Tutte cose che sappiamo da decenni, ciascuno di noi, ma poi viviamo in maniera un po’ superficiale, un po’ banale. Occorre dare il cuore a Dio cioè occorre che nasca un’amicizia con questo Qualcuno che è Dio presente in mezzo a noi come diremo Venerdì prossimo, appunto a Natale. Una volta è stato bambino, quella volta lì, ogni Domenica è Eucaristia.
Terza e ultima riflessione – occorre dare tempo, occorre dare cuore -: occorre rinascere, occorre far fiorire la vita, arrivare ad uno stile di vita, qualcosa che si veda dagli altri. E, quindi, il Natale è come un cammino.
“Se sei in peccato, convertiti: Natale è grazia. Se hai dei dubbi, rafforza la tua fede: Natale è luce. Se hai dei nemici, riconciliati con loro: Natale è pace. Se vedi i poveri attorno a te, aiutali: Natale è carità. Se porti rancore o odio, perdona: Natale è amore”.
E’ un cammino, è una conversione, è uno stile, è un rinascere, è diventare amabili. La carità non è il gesto delle mani o del portafoglio ma la carità è la virtù teologale cioè uno stile di vita, è il modo di guardare il prossimo, è il modo di guardare e di stare col prossimo, di giudicare una persona, è il modo di fare una carezza al bambino, all’anziano. E’ tutto la carità. La carità è qualcosa dentro. Capisci al volo se uno fa le cose perché deve farle oppure se ha dentro una presenza, una presenza di amore. Il Papa ci ha fatto capire che il cristiano quando incontra Dio incarnato poi arriva al prossimo e il prossimo è scomodo.
Si dice che gli altri sono l’inferno e il paradiso della nostra vita. Quando i rapporti sono armoniosi cogli altri, è paradiso, siamo felici; quando non vanno, basta una parola, basta un gesto, il motore non va più, non siamo in armonia con noi stessi; c’è qualcosa che non si muove, siamo bloccati.
Ecco, Natale è sbloccarsi, è ricominciare i rapporti. Deve diventare uno stile sennò resta una cosa che non serve, che passa. Uno stile vuol dire appunto uno sguardo, un sentimento, un gesto, una vita che cambia nella concretezza del quotidiano che oggi è difficile. L’amore rende la vita meravigliosa, l’amore è l’oro della vita, ciò che la rende splendente, la rende luminosa.
Termino con una preghiera:
“Vieni, ancora, Signore Gesù.
Vieni per chi ti aspetta e per chi non crede in quella notte di duemila anni fa.
Vieni per chi è solo. Vieni per chi è circondato di affetti.
Vieni per chi ha troppo. Vieni per chi non ha niente.
Vieni, ancora, Signore Gesù.
Vieni per chi vede negli altri solo nemici e per chi fa della propria vita un dono agli altri.
Vieni per chi è nella gioia. Vieni per chi è nel pianto.
Vieni per chi chiama Dio, Padre e per chi lo chiama in tanti modi diversi.
Vieni, ancora, Signore Gesù per chi è nella salute, per chi è piegato nella malattia.
Vieni per chi ti loda, vieni per chi ti bestemmia.
Vieni per chi è disperato. Vieni per chi ogni giorno sorride all’alba.
Vieni, ancora, Signore Gesù”.
Don Luciano Marchetti
Pievano di Borgo San Lorenzo
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 24 Dicembre 2020
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