Questo spazio… Aperto alle idee
MUGELLO – Sul Filo.net gli “editoriali” e i “commenti” li scrivono coloro che hanno buone idee. Questo è uno spazio totalmente aperto -con il solo rifiuto dei pensieri intolleranti e violenti- per confrontarsi, dibattere, proporre, avanzare critiche, evidenziare problemi, raccontare esperienze.
Già diversi amici, con provenienze molto diverse, hanno dato i loro contributi. L’invito è rivolto a tutti coloro che hanno qualcosa da dire, e che vogliono contribuire a una “riflessione comunitaria”, in grado di farci essere tutti più consapevoli. Noi questo spazio lo mettiamo a disposizione, senza che tutto ciò che qui si pubblica sia necessariamente condiviso dalla redazione. Ma ascoltare tutti e dar la parola a tutti è un importante esercizio di libertà.
Il Filo
© Il filo, Idee e notizie dal Mugello, 26 febbraio 2016
Mi sono occupato di olio per diversi anni, per questo, come penso capiti a molti, resto affezionato al settore. Vado spesso a curiosare su articoli di stampa che ne trattano l’argomento. Stamani ho visto in rete un articolo a firma del M5S Camera News, che titola cosi; “Addio all’olio di Oliva made in Italy”. L’argomentazione è questa: dato che l’Europa si accinge a consentire l’aumento dell’importazione di olio dalla Tunisia, proseguendo una sorta di rapporto commerciale agevolato senza dazio, ciò farà sparire il nostro olio, che verrà sostituito da un altro prodotto africano. Si parla di passare dagli attuali 35.000 ton a future 160.000, che rappresenta il 30% della produzione Italiana. Ma non solo loro, ma anche Paolo De Caro PD, Coldiretti, CIA e una sfilza di organizzazioni sono insieme dietro le barricate multicolore. Non resisto al tentativo di intromettermi anche se so che è come mettere la testa in un alveare.
Queste operazioni random avvengono da sempre, in questo caso in maniera più importante per “aiutare i Tunisini a casa loro” a costo zero, ovvero al solo mancato introito dei dazi doganali. L’Olio Tunisino non è un altro prodotto brutto e nero come dicono i componenti dell’agguerrito fronte di liberazione, è olio generalmente biologico di buona qualità, ma anche olio di bassa qualità come del resto capita in Italia, in Spagna ecc.. Lo importiamo da almeno da 2.500 anni. Se una conoscesse un po’ di storia, saprebbe che la collina del Testaccio a Roma è formata da cocci di anfore che, come contenitori a perdere, servivano per portare olio dalla costa africana a Roma, in particolare dalla Tunisia dove i romani avevano costruito, nel 200 ac, la stupenda citta di Dougga, come centro logistico per sovrintendere alla produzione, stoccaggio e spedizione di olio e grano. La città raggiunse 40.000 abitanti, un enormità per l’epoca. Ma in Italia importavamo olio dalla Grecia già dall’VIII secolo ac, a Santorini è stato scoperto il frantonio più antico del mondo, vecchio di oltre quattromila anni. Le importazioni erano gestite da una corporazione, i Negotiatores Oleari, il prezzo stabilito da una sorta di borsa dell’olio, l’Arca Olearia. Mi fa ridere questo primato Storico-produttivo italiano e questa diffidenza verso il resto del mondo, siamo commercianti da più di due millenni e grazie agli etruschi, produttori dal VII secolo (ac ma solo per cosmesi, produzioni di nicchia!) Possiamo dire che siamo coltivatori intensivi dell’ulivo solo dal medio evo ma è indubbio che siamo diventati anche i più bravi.
Passiamo ai numeri:
Il totale di importazione europea dell’olio tunisino senza dazio, con l’aumento previsto, per due anni diventerebbe 160.000 tonnellate anno.
L’Europa produce mediamente 2.300.000 tonnellate anno, le 160.000 tunisine ne rappresentano il 7%, oppure il 26% delle nostre IMPORTAZIONI se arrivasse tutto in Italia.
L’Italia produce circa 500.000 ton all’anno, ne importa 600.000, ne esporta 400.000, con bilancia commerciale in piccolo surplus in valore. Dunque la produzione agricola non soddisfa il fabbisogno nazionale.
Consumiamo più o meno la quantità che produciamo più 200.000 ton di importazione, se ne deduce che abbiamo una fiorente attività manifatturiera che ci viene riconosciuta all’estero, principalmente negli Stati Uniti, per gusto, qualità e igienicità della produzione. E guai a perdere questa possibilità di valorizzare con la manifattura non solo i nostri prodotti agricoli, ma anche le materie prime importate, questo vale per il caffè, la cioccolata ma anche la pasta e buona parte della esportazione agroalimentare che vale ben il 18% del PIL. Se vogliamo governare il Paese e anche questi fenomeni, serve pure l’umiltà di conoscerli, se vogliamo dare ai nostri cittadini buon olio italiano dobbiamo aiutare gli agricoltori a produrlo e essere bravi a valorizzarne la buona qualità e dunque far accettare il prezzo superiore rispetto a quello di importazione, dare ai produttori il giusto compenso, ma consentire a chi non può permettersi il buon olio italiano, di condire con il meno caro Spagnolo, Tunisino, Greco. Oppure cediamo alle logiche che la nostra produzione venga protetta da dazi e balzelli, ovvero creando un alto valore artificiale delle importazioni. Altro che nutrire il pianeta e aiutiamoli a casa loro, meglio nutrirci bene noi, e non tutti, e continuare a sfruttarli a casa loro, fermo restando che anche senza Tunisia continueremmo ad importare le nostre 200.000 tonnellate da Spagna, Grecia, Turchia per soddisfare il fabbisogno nazionale.