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L’orrore della guerra, sulle nostre strade. Non dimentichiamolo, mai. Il ricordo del sindaco di Vaglia
2^ Guerra Mondiale, fucilazione di partigiani – foto di repertorio
La linea collega case, fattorie, crinali di colline, in maniera indefinita. Passa da Villa Ortaglia, dove c’è di stanza una compagnia di soldati ed a un centinaio di metri una batteria antiaerea. Poi collega le case di Coperzano, da dove i contadini sono stati fatti sfollare. Arriva alla Fattoria Capacci, dove c’è il comando e si collega al passo di Vetta alle Croci. Ma non si inerpica verso il Monte Giovi, lì i tedeschi non vanno: è terra di partigiani.
Siamo al primo settembre 1944. Le retrovie tedesche lasceranno il territorio di Vaglia una settimana dopo.
Un soldato sardo sbandato, accolto da un anno da una famiglia contadina di Coperzano, che era andato sul monte a portare in salvo le vaccine al sopraggiungere del fronte, vuole tornare a vedere cosa è capitato ai suoi benefattori. Era già nel territorio liberato, si porta alla casa ed invece che i suoi abitanti vi trova i tedeschi: lo uccidono.
Cinque giovani che si stavano trasferendo da Monte Morello a Monte Giovi, insieme ad un gruppo di sessanta tra renitenti alla leva della Repubblica di Salò e partigiani, mentre di notte attraversano la Bolognese, a mezzo il Miglio, vengono catturati e portati alla Fattoria del Capacci.
Un portaordini tedesco in moto viene falciato da una raffica all’Indicatore: gli autori dell’agguato si dileguano. I tedeschi non sapendo con chi rifarsela, prendono i cinque prigionieri, li portano sotto le case, dietro un boschetto, fanno loro scavare la fossa e poi sparano con i fucil. Un giovane è ferito, riesce a buttarsi nel letto del fosso alle sue spalle e scappa in direzione delle Badesse. Dalla terrazza della Fattoria una mitragliatrice ben piazzata lo fredda sulla viottola.
“Saranno passati tutti?!” Un uomo è accovacciato in prossimità della strada che porta a Molin del Piano, all’Alberaccio. Alza la testa per vedere meglio. Ed invece vedono lui, il soldato con la divisa grigio verde spara e l’uccide.
Le avanguardia delle truppe inglesi, sudafricani ed irlandesi, salgono da San Jacopo. E’ l’otto settembre. Non ci sono che due soli episodi di ingaggio tra i due eserciti. In uno di questi contatti le retroguardie tedesche riescono a catturare un inglese, lo legano ad un pagliaio a cui danno fuoco e lo bruciano vivo.
Nella ritirata i tedeschi lasciano sotto la Fattoria Vecchia, a lato della strada, le granate del pezzo di artiglieria antiaerea. Quando arriveranno gli artificieri alleati per disinnescarle, non riconoscendone il tipo, non si azzarderanno a toccarle e le interreranno. Dicono che sono ancora là sotto.
Questo ed altro si è ricordato oggi percorrendo i sentieri e le vicinali intorno all’Olmo. Andando a trovare la stele di pietra che ricorda il luogo dove furono fucilati i cinque giovani. Di loro si conoscono solo i nomi di tre. Degli altri due si sa che erano carabinieri della caserma di Sesto, che avevano gettato la divisa. Niente di più.
Dove allora erano campi coltivati, ora è tutto un bosco fitto di olmi, di cascie e carpini.
Andando per viottole si apre un paesaggio ameno. In lontananza si vedono i tetti rossi di Firenze, con il Cupolone che si staglia su tutti. L’aria è mite, le case coloniche sono state trasformate in ville, che hanno mantenuto le antiche linee. Alle finestre spenzolano i fiori.
Immersi in questa bellezza creata dall’uomo sulla tavolozza offerta dalla natura, in questo scenario gradevole e di armonia… chissà se questi tre o quattro ragazzi e ragazze, che si attardano dietro di noi, riescano ad afferrare il dolore, la paura, la tragedia che ha accompagnato la guerra!
Leonardo Borchi
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 20 Settembre 2015
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