Condòmini e condomìni. Responsabilità del costruttore per rovina o gravi difetti degli edifici
MUGELLO – Di seguito, l’amministratore mugellano Tommaso Pratella, autore di una serie di articoli su Il Filo sulle problematiche condominiali, affronta la questione delle responsabilità del costruttore per la rovina o i gravi difetti degli edifici
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La materia civilistica inerente la responsabilità del costruttore e dell’appaltatore per la rovina o i gravi difetti degli edifici dagli stessi realizzata ha subito nel corso del tempo una evoluzione giurisprudenziale che ha interessato in maniera più ampia le opere oggetto della fattispecie normativa trattata dall’art. 1669 c.c. Questo dispone espressamente che: “Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per la loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l’opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia”.
Il concetto di gravi difetti amplia quindi la fattispecie applicativa del disposto normativo non limitandolo alla rovina o al pericolo di rovina ma prevede l’errata realizzazione di accessori dell’edificio o elementi secondari destinati a perdurare nel tempo rispetto alla loro funzione. Ma quali sono gli elementi secondari ed accessori cui la norma si riferisce e soprattutto quali possono essere considerati difetti “gravi” tali da legittimare l’azione di responsabilità nei confronti dell’appaltatore?
La risposta a questo quesito è frutto di una raccolta giurisprudenziale che nel corso del tempo ha individuato una serie di casi per i quali oggi è possibile parlare di grave difetto di un elemento secondario o accessorio del palazzo: la pavimentazione interna ed esterna di una rampa di scala e di un muro di recinzione, opere di pavimentazione e di impiantistica, infiltrazioni d’acqua, umidità nelle murature e in generale problemi rilevanti d’impermeabilizzazione, un ascensore panoramico esterno ad un edificio, l’inefficienza di un impianto idrico, l’inadeguatezza recettiva di una fossa biologica, l’impianto centralizzato di riscaldamento, il crollo o il disfacimento degli intonaci esterni dell’edificio, il collegamento diretto degli scarichi di acque bianche e dei pluviali discendenti con la condotta fognaria, infiltrazioni di acque luride.
A questo punto è opportuno chiedersi se l’appaltatore risponde solo se il pericolo per l’edificio deriva da lavori di nuova costruzione o anche da opere di ristrutturazione?
Le Sezioni Unite, con Sentenza 7756 del 27/03/2017 giungono alla conclusione secondo la quale anche opere più limitate, aventi ad oggetto riparazioni straordinarie, ristrutturazioni, restauri o altri interventi di natura immobiliare, possono rovinare o presentare evidente pericolo di rovina del manufatto, tanto nella porzione riparata o modificata, quanto in quella diversa e preesistente che ne risulti altrimenti coinvolta per ragioni di statica. Quindi l’art. 1669 c.c. è applicabile, ricorrendone tutte le altre condizioni, anche alle opere di ristrutturazione edilizia e non solo in fase di costruzione dell’immobile.
Tommaso Pratella
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 9 ottobre 2018