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RIFLESSIONI SUL VANGELO DELLA DOMENICA – Dio abita dove lo si lascia entrare
BORGO SAN LORENZO – I sacerdoti del Vicariato del Mugello, a turno, propongono una riflessione tratta dalle letture della Messa domenicale. Oggi è la volta del pievano di Borgo San Lorenzo Don Luciano Marchetti.
III DOMENICA DI QUARESIMA (B) 2024. Volevo parlarvi a lungo del Vangelo di oggi. Era un’occasione per ribadire la certezza della presenza del Signore nelle nostre chiese secondo la parola di Gesù che parla del tempio come della “casa del Padre mio”. Si va in chiesa per questo, perché si cerca una presenza particolare, quella di Gesù risorto, per ascoltare una parola che diciamo che è Parola di Dio, per mangiare un pane, il Pane santo dell’Eucaristia. Per vivere, insomma, la chiesa come luogo del rifugio ma anche come fonte, come forza per il nostro cammino cristiano. Ma, poi, ho detto: “Lo farò un’altra volta”.
Volevo parlarvi a lungo del Vangelo di oggi dove Gesù, cacciando i mercanti dal tempio, dice: “non fate della casa del Padre mio un mercato”. E volevo invitarvi ad un esame di coscienza su come noi entriamo in chiesa, su come stiamo in chiesa. Tante volte capita un po’ di tutto: si chiacchiera, i telefonini che vanno. Un esame di coscienza su come viviamo i momenti più importanti della celebrazione dell’Eucaristia. Magari siamo clienti, siamo spettatori; non siamo tutti celebranti, concelebranti. Ma, poi, ho detto: “Sarà per un’altra volta”.
Invece ha stravinto dentro di me la voglia di fermarmi a ragionare con voi non sul tempio di pietre ma su quello di carne perché noi siamo il tempio di Dio vivente. Ciascuno di noi è il tempio di Dio vivente. E, quindi, voglio fare un percorso telegrafico ma, secondo me, molto interessante e profondo: lasciare entrare Dio, coltivare questa presenza di Dio e, poi, vivere nel quotidiano a partire da questa presenza. Primo: lasciare entrare Dio. Un giorno in cui riceveva degli ospiti molto eruditi, Rabbi Mendel di Kozk li stupì chiedendo loro a bruciapelo: “Dove abita Dio?”. Quelli risero di lui: “Ma che ti prende, Rabbi? Il mondo non è forse pieno della sua gloria?”. Ma il Rabbi diede loro la risposta: “Dio abita dove lo si lascia entrare”. Dio abita dove lo si lascia entrare. E la domanda è: “Noi lasciamo entrare Dio nella nostra vita?”. Sant’Antonio abate ha detto che pregare è respirare Dio. Durante la giornata, abbiamo dei tempi nei quali ci fermiamo a respirare Dio? Coscienti, appunto, che il tempio più importante per Dio è il nostro cuore.
Secondo passaggio: coltivare questa presenza sempre, nella gioia e nel dolore. E vorrei parlarvi, in maniera molto veloce, di una testimone meravigliosa di questa presenza di Dio: Etty Hillesum, una giovane ebrea olandese, deportata ad Auschwitz. In questi giorni ho riletto alcune pagine del suo Diario che è un capolavoro, scritto fino alle soglie della sua morte nelle camere a gas di quel lager. Dapprima fiera della sua vita libera e sregolata, ha poi un rapporto con Dio così forte che ha inventato un modo nuovo di vedere Dio. Tutto ruota in lei intorno alla scoperta di un centro interiore, di una misteriosa presenza che la abita, che Etty chiamerà Dio. Il contatto costante con questo centro le permetterà di leggere anche l’orrore in corso – lo sterminio degli Ebrei – sotto una nuova angolatura e mantenere viva la speranza di una prospettiva luminosa nonostante il buio. Cioè è stata una donna di speranza.
Vediamo con due sue battute cosa vuol dire: “Dentro di me c’è un pozzo molto profondo e laggiù c’è Dio. A volte riesco a raggiungerlo, più spesso, nel pozzo, si accumulano pietre e detriti. Allora Dio è sepolto”. Questa cosa è bellissima! Dio non è in cielo. Dio è dentro di noi. Ma quante volte seppelliamo Dio dentro di noi. Gli diamo lo sfratto oppure nelle tante cose che facciamo – i nostri affetti, gli affari, le cose che facciamo – Dio non entra, non c’è, rimane come lo sfondo di uno scenario di un teatro ma non cammina con noi. E, poi, l’idea rivoluzionaria di questa donna che nel dolore, pensando che tra poco morirà ad Auschwitz, inventa questa nuova prospettiva, affascinante secondo me: “Sono tempi terrificanti, mio Dio. Ti aiuterò mio Dio a non spegnerti dentro di me… Di certo una cosa mi diventa sempre più chiara: tu non puoi aiutarci, noi piuttosto dobbiamo aiutare te e così facendo che in fondo aiutiamo noi stessi”.
Che cambio radicale! Uno viene in chiesa per essere aiutato, per noi la preghiera, appunto, è aiuto e forza, rifugio. Noi dobbiamo fare in modo di aiutare Dio. Etty tiene vivo Dio in sé come relazione da alimentare e parla con Lui come ad una persona diventata importante, qualcuno che non si vuole più lasciare andare. Bisogna, con impegno, anche a mani nude, scavare per dissotterrare Dio, liberare dal fango le sue labbra perché ci parlino di nuovo, aiutare le sue mani ad accarezzarci. Questo è il nostro compito: tenere vivo Dio dentro di noi. Perdo tutto ma non perdo Dio.
E, allora, diventa chiaro come deve essere il terzo punto: occorre coltivare questa presenza di Dio, viverla in tutti gli ambienti. Ed è proprio il cambio radicale del Cristianesimo: si passa da una religione legata a dei luoghi sacri, che ha a che fare con lo spazio, a una religione che ha a che fare con il tempo, con la storia. “Offrite i vostri corpi”, dirà San Paolo, “come culto al Signore”. Il culto che il Signore vuole è la nostra vita, che la nostra vita canti questa presenza. E, quindi, la cosa da capire, specialmente in questo mondo dell’immagine, è che questo coltivare la presenza di Dio nel quotidiano è la vera scommessa. La riscoperta di Nazareth, della vita di Gesù, di quei trent’anni a Nazareth. Mi diceva una signora: “Ma Gesù ha spolverato qualche volta i mobili? Ma cos’ha fatto Gesù, la vita che faccio io?”. “Sì!”. Questa è la questione scioccante. Gesù per trent’anni ha fatto la vita monotona di molti di noi, quella vita lì, delle cose piccole, continue, però l’ha fatta avendo dentro questo segreto che ora dico attraverso due immagini di due autori: una si chiama Teresa d’Avila e uno si chiama Rilke.
Santa Teresa d’Avila diceva alle sue monache: “Sorelle, ricordatevi, Dio va fra le pentole in cucina”. Ma come, il Signore dell’universo che si muove nella cucina del monastero fra brocche, pentole, stoviglie e tegami? Dio in cucina? Sì, significa portare Dio in un territorio di prossimità. Se non lo senti tuo familiare, cioè dentro le cose più semplici, quotidiane, non hai ancora trovato il Dio di Gesù. Dio è presente anche lì, nella vita quotidiana, in quello che devi fare in quel momento lì.
E il poeta Rilke. “Se la tua giornata ti sembra povera, non l’accusare, accusa te stesso”. Se un tempo della nostra vita di Nazareth, della vita quotidiana, ci sembra povero, forse abbiamo dimenticato la fantasia, abbiamo dimenticato la gratitudine, la meraviglia dei doni che abbiamo. Quindi oggi, in questa giornata, non accusiamo questa giornata di essere povera, tocca a ciascuno di noi renderla una giornata significativa, illuminandola con la presenza di Dio. E, allora, la cosa bella che auguro a me e a ciascuno di voi è che occorre passare in fretta dalla grazia dei muri – abbiamo delle chiese meravigliose – alla grazia della vita dei cristiani. Che la nostra vita canti questa presenza grazie alla quale siamo resi capaci di attraversare anche i momenti bui della vita, le notti che ci possono capitare, già ci sono capitate e ancora ci capiteranno; questa presenza di Dio dia luce ai nostri passi.
Dal treno che la portava dal campo di smistamento in Olanda ad Auschwitz, Etty lanciò una cartolina postale, indirizzata ad un’amica; qualcuno la raccolse dalla strada ferrata e la spedì. Vi si legge: Christien, apro a caso la Bibbia e trovo questo: “Il Signore è il mio estremo rifugio”. Sono seduta sul mio zaino nel mezzo di un affollato vagone merci. Papà, mamma e Mischa sono alcuni vagoni più avanti. Abbiamo lasciato il campo cantando. Ecco sentiamo questa presenza del Signore dentro di noi come una benedizione per poter dire, come Etty Hillesum in quel momento difficile: “La vita è bella. E’ splendida. E io credo in Dio”.
Don Luciano Marchetti
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 3 Marzo 2024
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